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Perché i bambini non si suicidano

Racconto scritto e proposto da Livia Sambrotta

Va si alza alle 09.00 di mattina senza che la sveglia suoni, scopre le sue gambe calde fuori dal piumone e appoggia i piedi nudi sul pavimento, sono conchiglie sulla spiaggia fredda (gliel’ha detto suo marito la prima volta che l’ha vista scalza, i tuoi piedi hanno le linee tonde portate dal mare).

Pier sta dormendo accanto a lei senza far rumore, questo le piace di suo marito. Un uomo che le dorme al fianco da tre anni in silenzio, nonostante quella sua bocca invogliante come un vulcano. Su questo Va quattro anni prima ha letteralmente perso la testa. L’idea che sotto quella bocca fosse proprio il suo corpo a cadere in trappola, l’ha resa la vittima sacrificale più orgogliosa della terra. Per questo quando Pier le ha chiesto di sposarla e ha sorriso ancora prima che lei dicesse qualcosa, lei non ci ha pensato un attimo ad accettare.

Accende la lampada sul comodino e si fa strada nella camera. Non vuole disturbare Pier, ieri notte hanno fatto tardi, ai piedi del letto ci sono ancora le bottiglie vuote di birra e i loro vestiti per aver fatto in fretta l’amore.

Cammina nella penombra e decide di fermarsi in piedi con il sesso nudo davanti alla faccia di suo marito. Lui dorme con la bocca schiusa e, nonostante il suo viso rimanga immobile, una mano si allunga di riflesso verso di lei. Sfiora la sua pelle morbida per poi ricadere sulle lenzuola. La seconda cosa per cui non sa resistere a suo marito è che è in grado di captarla ovunque lei sia. Si volta, infila solo una maglietta e si dirige in cucina.

Va, questo il suo nome dal momento che l’ abbreviativo Vale le da il voltastomaco e Valeria lo ha sempre trovato altezzoso, mette su il caffè e taglia le arance per la spremuta. Va le si addice, è secco e non fa rumore, come il sonno di Pier (quando le si è presentato la prima volta le ha detto io sono Pier, solo dopo tre settimane ha scoperto che Pierpaolo era il suo vero nome). Una questione di spazi ridotti il rapporto con suo marito, terzo motivo per cui non sa resistergli.

Affonda il dito nella metà del frutto, annusa l’odore acre. Un raggio di sole le si posa addosso, Va lo lascia fare, è il tipo di donna i cui fianchi stretti riescono a stare dentro una porzione di luce di 40 centimetri. Preme la metà dell’arancia sullo spremi agrumi, dalla moca esala l’odore del caffè. Si versa la spremuta d’arancia e inizia a bere rimanendo in piedi mentre il sole l’accarezza. È Domenica e lei e Pier la trascorreranno insieme. Va pensa a quello che accadrà nelle prossime ore.

Dopo aver finito di bere la spremuta, verserà il caffè nella tazza grande. Pier la chiamerà dalla stanza, con la voce roca dal sonno ma sensuale, Ehi Va! e allora lei sorriderà pensando a quant’è bravo suo marito a trovare sempre i tempi giusti. Entrerà nella stanza preceduta da quell’aroma segreto. Pier le passerà la mano sulle natiche nude e tonde e la ringrazierà per essere sempre così bella e pronta, questo le dirà di prima mattina, grazie per essere sempre così pronta. Va sorriderà, appoggerà la tazza sul comodino, muoverà le gambe magre strategicamente, prima una e poi l’altra dando il tempo a suo marito di ammirarla. Posizionerà a pochi centimetri dalla bocca di Pier il suo sesso umido e lui con le labbra l’agguanterà.

Verrà in pochi minuti rimanendo in piedi, Pier grazie alla sua presa maschile la tratterrà per i fianchi senza darle la possibilità di muoversi e il piacere le salirà fino a i capelli.

Rientrerà nel letto accanto a lui, con la mano giocherà a sentirlo eccitato, lui berrà il suo caffè elegantemente e con calma, facendo finta che non stia accadendo nulla. Poi con quel sapore misto tra le labbra si avvicinerà a Va, entrerà dentro di lei e farà meravigliosamente tutto quello che deve fare.

Si staccherà da Va solo quando saranno trascorsi alcuni minuti in cui i loro corpi saranno rimasti immobili uno sopra l’altro, saranno un mollusco chiuso, due conchiglie tonde appiccicate (da quando Pier ha descritto i suoi piedi come due gusci marini, per lei è diventata l’unica immagine che li possa rappresentare).

Pier si alzerà, andrà a farsi una doccia e le dirà di aspettarlo a letto. Lei si domanderà in quale modo il sole starà stendendo i suoi raggi al di fuori dei muri di casa e con questo pensiero deciderà cosa fare. Avrà venti minuti, il tempo che impiegherà Pier prima di uscire dal bagno.

Si alzerà dal letto, questa volta indosserà un paio di pantaloni della tuta e metterà i piedi dentro i calzini e quasi correrà per andare verso il ripostiglio in fondo al corridoio.

Infilerà la testa nello stanzino buio e immediatamente l’aggredirà quell’odore di chiuso, niente a che vedere con il sole di fuori e la bocca che alita di caffè di Pier.

Scanserà le valigie, aprirà una vecchia borsa della spesa, inizierà a sudare perché si sarà dimenticata dove l’ha nascosta. Poi improvvisamente se ne ricorderà. Aprirà la scarpiera ed estrarrà una borsa da donne grigia. Con la borsa in mano tornerà verso la camera da letto e si rincuorerà sentendo l’acqua nella doccia scrosciare dal bagno.

Si sdraierà con la borsa tra le mani, ripensando a quale fortuna abbia avuto, sa che le cose non vanno mai in quel modo.

Ogni volta che decide di farlo è una specie di lotta. Come se bussasse alla porta di una casa sconosciuta, standosene in piedi ad aspettare che qualcuno le apra con il cuore in gola. Ogni volta Va deve entrare in un negozio, guardarsi intorno e scegliere qualcuno a cui rubare le proprie cose.

Ma Venerdì scorso a pochi minuti dalla fine del turno è entrata nel bagno dell’ufficio e ha trovato la borsa lì, sul lavabo. Aveva appena incontrato Barbara nel corridoio, la sua collega, e aveva pensato che appartenesse a lei. Ha preso la borsa e l’ha portata con sé dentro al bagno. Senza aprirla l’ha tenuta con una mano mentre con l’altra si è calata le mutandine per fare pipì. È rimasta immobile per metà in piedi (Va odia appoggiarsi sui sanitari), i muscoli delle gambe tesi, una mano a stringere la borsa, l’altra appoggiata al muro e solo il suo fluido a ricordarle di essere viva. Poi si è asciugata, se l’è nascosta sotto la giacca ed è tornata alla sua postazione.

Aveva augurato a Barbara di trascorrere un buon week-end, lei le aveva fatto un cenno di saluto senza accorgersi che non aveva più le sue cose.

Va si ritroverà sopra il letto disfatto con la borsa di Barbara fra le mani. Si domanda cosa starà facendo Barbara in quel momento. Rovescerà il suo contenuto sulle lenzuola, proverà a disporre gli effetti personali, dimenticandosi a chi appartengano. Il caldo sarà aumentato, il sole da fuori avrà circondato la loro piccola casa e tra le sue braccia Va suderà sempre di più. Ci saranno sulle lenzuola oggetti di poca importanza, un portafoglio, un cellulare (che Va ha spento appena prima di uscire dal bagno), uno specchietto, un pacco di fazzoletti, uno stick protettivo per le labbra, un catalogo del supermercato per gli sconti settimanali e tre mazzi di chiavi. Nient’altro. Va rimarrà interdetta, osservandoli per qualche minuto in silenzio.

Saprà di avere ancora pochi minuti prima che Pier tornerà a letto dove si aspetterà di trovarla con la testa distesa sul cuscino morbido. Guarderà ancora quegli oggetti personali per decidere da quale iniziare, ognuno di loro sarà una stazione da cui partire, un palo su cui arrampicarsi, un trampolino da cui saltare.

Afferrerà il cellulare di Barbara, lo accenderà e accederà alla rubrica. Selezionerà a caso il nome di qualcuno e invierà la chiamata, rimarrà in silenzio, e senza accorgersene inizierà a giocherellare con uno dei tre mazzi di chiavi. Qualcuno risponderà dall’altra parte del telefono, una voce di ragazzo, ventotto anni non di più, avrà una voce amichevole e dal tono incoraggiante. Lei rimarrà in silenzio, sentirà la porta del bagno aprirsi, i passi di suo marito che senza fretta si avvicineranno, le gocce di sudore aumenteranno. Poi senza più pensarci, mentre il ragazzo rimarrà interdetto in silenzio, lei dirà: Barbara è morta.

Il sole in cucina ha spaziato il suo raggio. Va se ne sta completamente immersa nella luce, mentre finisce di bere la spremuta, dalla stanza la voce roca dal sonno ma sensuale di suo marito grida: Ehi Va!

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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