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L’Intervista: Mariacristina Grande

11194414_10206879833497368_5452732339611853679_oMariacristina Grande, traduttrice e docente di lingua e letteratura inglese, laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e in Studi Letterari e Linguistici Euroamericani, e dottoressa di ricerca in Letterature di Lingua Inglese, ha svolto ricerche accademiche nell’ambito degli studi di genere e critica cinematografica, in riferimento a Virginia Woolf e James Joyce, specializzandosi poi sul postmodernismo, su Philip K. Dick e James G. Ballard. Oltre a varie collaborazioni, ha pubblicato il manuale universitario Dal Romanticismo alla Seconda metà del Novecento (Esselibri Simone) e la monografia Psicopatologia e Narrazione: un’analisi dell’opera di Philip K. Dick (Aracne Editrice, collana RIVERRUN).

Si è resa disponibile a collaborare con gli Alieni, rilasciandoci un’intervista.

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Come sei arrivata a scandagliare le scure profondità dell’opera postmoderna di James G. Ballard Philip K. Dick?

Era il 2009 e la morte di James Graham Ballard attrasse e solleticò le mie fantasie narrative, imponendosi nella mia realtà psichica di continua ricerca ed incessabili sperimentazioni come una contingenza gratuita e al tempo stesso necessaria. Decisi di immergermi nei suoi romanzi e di perdermi nei meandri di scritture contorte e distorte che, simili a quadri di uno dei miei artisti preferiti – Salvador Dalì –, trasudavano di tutte quelle malattie della psiche – voyeurismo, disgusto per se stessi, orrore biomorfo, l’infantilismo delle nostre brame – e suscitavano in me un fortissimo interesse. La mia sensibilità molto “viva”, a tratti disturbata dalle logiche esistenziali di una contemporaneità asfissiante e aggressiva, si è sempre ribellata a quella che appare essere la cifra della (post) modernità, vale a dire la perdita più atroce del secolo, la morte dell’affetto, il decesso del sentimento e dell’emozione autentica, ed ha trovato, negli scritti di Ballard prima ed in quelli di Dick poi, angoli in cui poter riflettere parti della propria problematicità e ricchezza. La fusione tra biografia e narrazione è stata anche per me decisiva! Attraverso lo studio e la scrittura sulle espressioni letterarie di James G. Ballard e di Philip K. Dick, pervase da mitologie e simboli di un futuro in cui il disperato tentativo di acquisire un’identità originale e libera – laddove il significato di libertà in un mondo ossessionato dal controllo e dalla subordinazione al passato sfugge a semplicistiche definizione – si impone come sommo atto folle e criminale che scuote questo schizofrenico mondo della cultura di massa, anche io ho voluto urlare di me, del mio sentire, del mio esserci in questa realtà anestetizzata ed anestetizzante in cui è l’immaginazione (connessa alla creatività e dunque anche alla scrittura) il vero ed unico simbolo di libertà.


Quali credi siano i punti di contatto tematici che li accomunano e quali invece le divergenze stilistiche che li caratterizzano?

Il punto di contatto tematico forse più forte è rappresentato dalla complessa resa della malattia mentale. Un tema, questo, non scindibile dalle loro biografie. Entrambi i loro profili autobiografici, infatti, rendono ancor più nitida la complessità del gioco di realtà e finzione che lega opere e vita. Le esistenze dei loro personaggi (spesso rappresentazioni di parti di sé) ruotano infatti attorno a questioni ossessivamente reiterate: la spietata lotta alla sopravvivenza emotiva – che corrisponde spesso alla sopravvivenza fisica agli eventi narrati – e la creazione di scenari apocalittici non tanto del futuro in sé, quanto della rappresentazione psicologica del futuro. Si tratta di un’idea di futuro drammaticamente incubata nelle coscienze degli individui contemporanei: una percezione acuta delle conseguenze della tarda società capitalistica, in cui il progresso e le tecnologie estreme o la stratificazione sociale che innalza esponenzialmente le barriere culturali ed economiche tra i cittadini divisi in caste si risolvono fatalmente in catastrofe. Per quanto riguarda le divergenze, Ballard ha indubbiamente un approccio più letterato e meno filosofo, il che sembra avergli garantito, per l’eleganza e la raffinatezza delle sue forme stilistiche oltre che per l’originalità delle sue idee, di conquistare una fama alla quale Dick, il “romanziere folle” californiano, giunse forse tardivamente.

Cosa ne pensi della propellente creatività di William Burroughs?

L’eccezionale forza narrativa unita ad un’attenta analisi del sociale nella cultura underground contraddistinguono la scrittura di William Burroughs. Similmente a Philip K. Dick, in un testo determinante quale Nova Express, William Burroughs ha rivolto l’attenzione all’utilizzo delle droghe come mezzo di controllo sociale. Diffusa e centrale nelle sue opere è la figura dell’eroe consumato precocemente da uno stile di vita dissipatore, volto a sfidare con forza le regole dell’establishment e a liquidare definitivamente il tradizionale American dream. Burroughs rappresenta il portavoce di una generazione che, stanca del secondo dopoguerra americano (guerra fredda, minacce di un olocausto nucleare) e pervasa da movimenti di protesta radicale, si identifica spesso con le tormentate figure romantiche della musica rock (Bob Marley, Brian Jones, Janis Joplin e Jimi Hendrix), incarnazioni di uno stile intenzionalmente votato alla sconfitta e alla morte prematura e che si forma su romanzi come On the road di Jack Kerouac, sin troppo celebrata epopea semi-autobiografica sul vagabondaggio dei beatniks, i “cercatori di senso” in fuga lungo le sconfinate strade americane che nel consumo estremo di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche trasponevano l’ansia di una fine anticipata.

Potresti segnalare ai nostri lettori alcuni autori contemporanei che definiresti alternativi?

Amélie Nothomb, Irvine Welsh e Chuck Palahniuk. Per chi vuole rimanere senza parole, poi, c’è Xu Bing!

Author: Stefano Tesk Rosa

“Adoro il Cinema, i Libri e l’Arte Contemporanea, soprattutto quando riescono a comunicare l’inesplicabile. Attratto dalla zona d’intersezione tra l’Arte ed il Crimine ed i processi mentali che l’alimentano, mi occupo di Graffiti-Writing e Street Art sia come artista che come critico, curando in maniera indipendente mostre a tema.“Adoro il Cinema, i Libri e l’Arte Contemporanea, soprattutto quando riescono a comunicare l’inesplicabile. Attratto dalla zona d’intersezione tra l’Arte ed il Crimine ed i processi mentali che l’alimentano, mi occupo di Graffiti-Writing e Street Art sia come artista che come critico, curando in maniera indipendente mostre a tema".

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