Ho conosciuto George Saunders per caso, navigando nella sezione Tascabili del sito Minimum Fax. Ho atteso l’arrivo del libro con una certa trepidazione: la biografia dell’autore, le sue collaborazioni con roboanti testate americane (New York Times, The New Yorker, ecc…), la copertina stessa del testo, erano segnali di annunciata eccellenza.
L’opera è composta da sei racconti. Non leggevo con tale stupore e piacere dai tempi de “La scopa del sistema” e “Rumore Bianco” (tanto per non esagerare).
Le novelle di Saunders non hanno tempo e non hanno luogo; sono piuttosto un contenitore plastico della nostra epoca, in cui gli uomini devono fare i conti con l’assurdità di un sistema di produzione, che ha dimenticato sì l’etica, ma anche cosa sia un prodotto. Dai parchi della preistoria ove gli impiegati sono obbligati a vivere come cavernicoli in cambio di pochi tozzi di pane, alle scuole guida con alunni sollecitati dal terrore di irrealistici e spettacolari incidenti.
Negli assurdi contesti appena descritti, sono i personaggi creati da Saunders a illuminare la scena. Uomini immersi nel non senso; deboli e perdenti, costretti a fare i conti con la loro vacillante umanità, con la loro banale ma santissima speranza di miglioramento, con una coscienza che cerca un compromesso, più che una resa.
Pastoralia, a differenza di altri testi di taglio distopico, ci racconta un mondo che è sì remoto, ma terribilmente simile al nostro. Un parallelismo mai esplicitato, ma sempre presente, che fa riferimento ai meccanismi, alle isterie, e alla soverchiante superficialità della nostra contemporaneità, ma anche al decadente disorientamento delle nostre esistenze individuali.
I deboli di Saunders non combattono contro un dittatore; combattono contro loro stessi, in una strano agone alla sopravvivenza, le cui regole non sono comprensibili, o decifrabili.
Pastoralia è un piccolo capolavoro. Una raccolta di racconti dallo stile eccellente che da valore al genere. L’autore dimostra una capacità di scrittura disinvolta e originale, che riesce a driblare con facilità dal registro alto al gergo più abietto e volgare con ammirevole nonchalance, regalando al lettore momenti di stupore, di ilarità, di riflessione e soprattutto di toccante emozione.
30 marzo 2015
Ho già pronto sul comodino: “Dieci Dicembre”.
Grazie Giorgio!
I.