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She – Lei

Rapporto patetico di un cinico innamorato

a W., hai snocciolato consigli preziosi

a M., per aver messo troppo cielo negli occhi

La Santa Olografica, la Donna-divinità che ha eletto se stessa a Impero, che dirige i miei umori verso tetraggini che mi sono per nulla congeniali, che fa suoi i miei impulsi ribolliti come mosto ematico che si inalvea nelle vene.

Il silenzio, irremovibile, sospende nella sfera del dubbio le quattro pareti della mia camera e richiama la pomposità del finissimo intreccio di frange di interferenza, impiego di laser coerente, rosa-giallo su sfondo blu, opportunamente proiettata in un’illusione di tridimensionalità.  

Lei, la Santa Deflorata, Regina dei Sensi, icona universale come un panorama suggestivo, onnisciente come la consapevolezza dei prodotti divini, come un sogno solidificato in uno microuniverso eccessivamente angusto, mi chiede di diffondere il Nuovo Verbo. 

Un agglomerato di carne, di sangue, di lacrime digitalizzate che violenta l’intero spazio visivo, che implora con tono da automa, vestendo i panni di una improbabile sagoma pubblicitaria di un fanta-minimarket 24 ore no-stop, veloci incesti (pseudo)divini con in bocca il sapore acre della NeoModernità.  

La Bella Signora-digitalizzata, Principessa dorata e sensuale, l’Icona che scende nell’umana condizione, incoronata di una complicata aureola di carta, crespo e carta stagnola, comunica dondolando come una scia di fumo decantata dal futuro più prossimo.

Quale consumata attrice nel mezzo del proscenio, recitando a soggetto, la Sirena Gaultierana, sospendendo l’attimo in un telecomandato brancicare, enuncia: “Io appartengo a una stirpe di morti immolati in una dimensione trascendente; Voi, al contrario, vi ostinate a deambulare sull’orlo del baratro di argomentazioni masticate sino al midollo.”

E, allora, Io, mescolando i rottami arrugginiti dei Miei ostentati mutismi, eleggendo Cattedrali Ciclopiche sino all’ultimo deserto possibile, e indossando argomenti pungenti come cani lordati di spine, marionetta passiva in uno spettacolo tout-court, combatto fantasmi di luce e carta argentata, che mai avrei immaginato di dover affrontare. Disarmato, sostengo: “Io, in questa vita, ero già morto. Nondimeno, Tu, sei l’umana Visione più Sublime che i miei occhi potranno mai indossare. Privami di peso, liberami dalle oppressioni, eleggimi nella Tua Architettura Egemonica . Perché, senza di Te, non posso più vivere!”

(A.P. fuit hic)

Author: Alfredo Perna

Alfredo Perna (Napoli, 1976) si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università Federico II. Tra i suoi interessi: la letteratura, il cinema e l’arte. Dal 2012 collabora con gli Alieni Metropolitani, pubblicando racconti e recensioni.

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