Recensione, a cura di Giulia Costi, del Romanzo REBUS, dell’autore alieno Andrea Corona.
Rebus è tante cose: un romanzo a molteplici piani d’interpretazione, un’incognita che trascende le pagine, una prosa fluida e trascinante, ma è anche l’opera che costituisce l’esordio narrativo di Andrea Corona, già filosofo e saggista. Che sia un romanzo d’esordio non lo si intuisce, tanto è abile l’autore nel destreggiarsi tra parole e trame. Se ne intuisce, invece, lo spessore culturale. Infatti, una delle peculiarità che emergono mentre si è intenti a sciogliere il Rebus di Andrea Corona è l’antitesi tra il piano narrativo, caratterizzato dalla sovrapposizione e dall’intreccio tra sogno e realtà, che fa perdere la bussola al lettore, facendolo sprofondare ancor di più in questa (ir)realtà, e l’accuratezza con cui sono stati scelti i nomi dei personaggi che compaiono nell’opera. Conosciamo Giona, che nel corso della vicenda assumerà nomi diversi (Amos, Abacuc ed altri eteronomi), ma pur sempre di una certa rilevanza biblica e religiosa. Giona, assicuratore dalla vita monotona e amante della routine, si trova gettato in un mondo sconosciuto, in cui le regole sono stravolte e in cui la normalità si sgretola davanti ai suoi occhi. Attraverso di lui, il lettore esperisce in prima persona un viaggio incalzante nel surreale, vede impallidire il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è e assiste all’azzeramento dei limiti dell’onirico.
Corona, con il suo Rebus, ci mette alla prova e noi siamo pronti a rispondere alla chiamata.

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