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Friedlander Land

di William Dollace

Incorniciare lo scatto all’interno di quattro pareti plastificate di una TV, in un salotto degli anni Sessanta, nascondersi e nello stesso tempo illuminarsi dietro una lampadina gigante, abbracciare il bianco e nero come la madre di tutte le madri, questo è l’americano Lee Friedlander, classe 1934 ​.​

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Gli scatti immortalano scorci di vita periferica, sudore rappreso dei volti, insegne pubblicitarie posizionate all’interno dello scatto per collocare le frattaglie del sogno americano, i freak rubati all’occhio e restituiti in scene di vita quotidiana, e soprattutto le superfici usate come specchi riflettenti, dove Friedlander utilizza continuamente la propria figura come geolocalizzatrice di un contesto storico annullato perché frutto di un’alienazione interiore in de-selfie continui di “paranoia controllata”.

I media vengono continuamente saccheggiati e spogliati dalla loro accezione, la pubblicità diventa solo l’ornamento verbale di una fotografia, perde il suo significato e si fa soltanto simbolo di un contesto storico e sociale penetrando nello sky-line delle superfici urbane cronometrate.

Ritratti inanimati che fra altri oggetti inanimati vanno a comporre nature decedute nel momento stesso in cui vengono racchiuse nello stesso scatto.

Gli apparecchi televisivi che riflettono il mondo interiore di chi li guarda, grandi specchi confinati, volti rappresi dal dolore o dall’estraneità, particolari alla rinfusa colti in un caos che Friedlander rende granitico e dove supera l’etica del posizionamento dei corpi per stralciarne l’anima in un caos definitivo.

 

Author: William Dollace

William Dollace nasce nel 1979. Collabora quale redattore con la corrente degli “Alieni Metropolitani” e UZAK, rivista trimestrale di cinematografia. Collabora quale Business Writer per BalenaLab e ha collaborato con Archivio Kubrick. Nel 2010 ha pubblicato "Delirio Cinefilo" (358 pag.) per Casini Editore - Roma, recensito da Tommaso Pincio su Rolling Stone. La rivista Carmilla On Line ha pubblicato alcuni suoi pezzi con un'introduzione di Giuseppe Genna.

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