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Italo Svevo – Una vita

«Avrebbe ora potuto andarsene, ma una grande stanchezza lo fece rimanere. Si propose di fare ordine sul suo tavolo ma rimase là inerte, seduto a sognare»

Lo stanco sognatore di cui sopra è Alfonso Nitti, un giovane giunto a Trieste dalla campagna, dove ha lasciato sola l’anziana madre, per lavorare come impiegato presso la banca Maller. Ma la vita cittadina risulta subito sgradita e monotona ad Alfonso, che si sente rinchiuso in un carcere composto di quattro ambienti: la pensione di casa Lanucci, dove soggiorna; il suo ufficio alla banca, dove svolge l’incarico di corrispondente; la biblioteca civica, dove trascorre abitualmente qualche ora dopo il lavoro; e il salotto di casa Maller, dove, per rito, almeno una volta tutti gli impiegati sono invitati a entrare. E in questo carcere è soprattutto il lavoro ad opprimerlo. L’incarico non è per niente congeniale alla sua natura e non lo soddisfa intellettualmente, mentre il suo temperamento di sognatore gli sottrae quella attenzione costante che un impiego del genere invece richiederebbe. In breve, gli errori diventano frequenti, le correzioni insopportabili, i colleghi ostili.

«Dacché era impiegato, il suo ricco organismo, che non aveva più lo sfogo della fatica di braccia e di gambe da campagnolo, e che non ne trovava sufficiente nel misero lavorio intellettuale dell’impiegato, si contentava facendo fabbricare dal cervello dei mondi interi»

Su tutti, è il signor Sanneo, un vero automa in carne e ossa, ad irritare Alfonso. Stacanovista come pochi, in certe giornate Sanneo passa dieci ore di fila in ufficio. «Perché si sacrifica in tale modo? – si chiedeva Alfonso che non comprendeva la passione per quel lavoro». E la convivenza forzata coi colleghi non è certo lenita da quella con gli altri pensionanti dopo il lavoro. A disagio in ufficio, infatti, Alfonso non si sente certo meglio nello squallore piccolo-borghese di casa Lanucci.

A questo punto, però, il genio di Svevo regala due colpi di scena al lettore: Alfonso diventa un assiduo frequentatore del salotto dei Maller, accetta tutte le buone regole della società borghese e seduce persino con successo la reginetta del salotto, Annetta, la figlia di Maller. Eppure – secondo colpo di scena – proprio quando la scalata al successo è a un passo, si manifesta tutta “l’inettitudine” di Alfonso, che riconosce che quel ruolo non gli è proprio e che decide di ritornare dalla madre in campagna. Non di un semplice “disadattato”, dunque, si tratta, ma di una mera scelta all’inettitudine. E la narrazione, in verità, non si conclude così semplicemente…

Senza svelare l’esito della vicenda, quel che mi preme evidenziare è l’estraneità, il senso di alienazione di fondo che separa Alfonso Nitti dall’integrazione sociale e che in generale lo tiene lontano dalla vita professionale, sentimentale, intellettuale e creativa. Quando Annetta gli propone di scrivere un romanzo insieme, il giovane, dapprincipio lusingato dalle attenzioni e attratto dal mondo dei ricchi, se ne innamora. O meglio, essendo troppo impegnato ad analizzarsi per provare sentimenti autentici, finge a se stesso di amarla. Seguendo il ruolo che si è imposto, riesce inoltre, come visto, anche a conquistarla; ma quando si profila l’ipotesi del matrimonio, anziché compiere la sua arrampicata, Alfonso si rende conto di non saper far fronte alla realtà e dunque se ne allontana.

Si distacca pertanto da Annetta come da tutte le altre persone «normali», ovvero da coloro che nella Coscienza di Zeno vengono chiamati «lottatori», mentre lui, compiuta la sua scelta, privilegia una vita dedita all’introspezione più che all’azione. Ma la sua disaffezione alla produttività lavorativa e la sua diversità da inetto (e si ricordi che L’inetto era il titolo originario dell’opera) lo pongono anche, per così dire, in un’ottica privilegiata: il suo sguardo obliquo, non integrato, lo pone costantemente fuori posto, ma da questa posizione impossibile egli può scorgere con più acume e precisione la superficialità del senso comune, il dilagante egoismo, il perbenismo e l’inconsistenza morale su cui poggiano i principi del successo che muovono gli ingranaggi della metropoli contemporanea.

Alfonso Nitti, ovvero un alieno metropolitano.

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immagine di copertina: “Scultura” di Alberto Giacometti

Author: Andrea Corona

Andrea Corona (Napoli 1982) lavora in campo editoriale. Saggista, è autore di scritti filosofici e letterari pubblicati in volume e su rivista. Per gli Alieni scrive racconti, recensioni e saggi brevi.

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