Abbandono al paesaggio ipertecnologico, innesto di automatismi, illuminazione artificiale, solitudine, luce astronomica che bastarda calcia il cielo, tutto questo è l’universo polimorfico di Xiao Yang.
La notte è la dimensione prediletta, un groviglio di anime come finestre illuminate che forano i palazzi, come occhi a LED che pattugliano la superficie urbana, immobili, anodizzati.
La città è una tomba verticale di molteplicità dove il divaricarsi del cielo dentro il quale si innestano metallo e cemento è un remix di impotenza nell’occhio dello spettatore.
Fotografo di Pechino, Xiao Yang manipola l’immagine con l’esposizione multipla, e attraverso l’uso del mezzo e del suo linguaggio sfonda la parete per esibirne l’abbandono.
Il suo gergo visionario possiede una profondità silenziosa, sulla quale si colloca uno strappo di paesaggio meccanizzato truccato in poesia.
Non c’è aderenza alla realtà bensì un caos piegato al racconto interiore di un isolamento livido.
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