Charly, te lo assicuro: mai come in questo treno affollato ho compreso quanto tu avessi ragione.
Genova Milano. Quaranta minuti di ritardo. Un treno soppresso verso la stessa destinazione; ne ospitiamo i passeggeri; siamo accalcati. L’uno di fianco all’altro. La corsia centrale, tra le poltrone: un bivacco.
Sudo. Sto per addormentarmi in piedi.
La calca, il lezzo delle scarpe e dei commisti umori, l’odore acre dei cibi allevati, ammazzati, congelati, fritti, incartati.
Il treno va, scomparirà, con il suo carico morto e morituro.
Oh Charly! Tu si che avevi capito tutto.
Proprio ora, un giovane grasso e odoroso e abbronzato sta masticando il suo kebab-burgher. Lo scivoloso panino angloarabo (incredibile come il cibo inspiri aneliti diplomatici impossibili alla politica) sta rilasciando i suoi umori purulenti su di un fazzoletto di carta ingiallito, eppure brillante: curry. Lo sguardo biglia del divoratore contrasta con la pajmina tortora.
Contrasti. Un corpo sgualcito pigrizia, che tiene compagnia a vestiti inadatti.
Charly… chissà cosa mi spiegheresti di quell’uomo di mezza età che sta leggendo un libricino; sta cercando di adattarsi all’ambiente? Forse è un intellettuale (o si crede tale?). Indossa una camicia a righe lilla e bianche aperta fino al terzo bottone. Peli in vista. Incuria.
Perché mai la cultura vuole sempre mostrarsi in una cornice discarica?
Forse è il contrasto. Il contrasto funziona sempre.
La camiciola si rigonfia più in basso. Già, esattamente lì, sopra la cinta. Ventre flaccido e umido che pare polenta versata male su di un tagliere troppo piccolo – ancora ribolle, gonfia d’aria.
Fortunatamente il silenzio. Ma non è la stanchezza. Solo in piccola parte.
Quanti capi chini, come in preghiera orientale, davanti al cellulare.
Dio benedica lo smartphone che ha riconsegnato il silenzio al luogo pubblico. Morte al dialogo inutile, foriero di noiosi sofismi aerei. Viva l’evoluzione tecnologica che tutto ingolla!
Cosa avresti pensato Charly del “Mobile”?
Praise and Glory to Candy Crash and Angry Birds?
Amen.
§§§
Arturo Scoppio tornò a casa dopo un faticoso viaggio in treno. La sfortuna, oppure un’incomprensibile matassa di manchevolezze, volle che in quell’assolata domenica genovese, i treni per Milano arrivassero in ritardo o venissero soppressi.
Non era la prima volta che Arturo subiva la negligenza del servizio ferroviario. Ciò nonostante, a differenza di coloro che in anni di pendolarismo avevano sviluppato una specie di paziente rassegnazione, il Signor Scoppio aveva mantenuto inalterata la propria naturale indignazione per i disservizi. Un fastidio che si trasformava spesso in profonda e intima riflessione sulla teoretica della disorganizzazione e sull’involuzione umana.
Non mancavano, in questo suo cogitare denso, immagini plastiche ed evocative di ferrovieri grassocci intenti a parlar di donne, a fumare disattenti a lato della locomotiva, a mangiarsi un pasticcino o a descrivere al collega le grandi bocce della bigliettaia.
Tali raffigurazioni mentali lo trasformavano da rispettabile cittadino borghese in un darwinista sociale inferocito e ribelle.
Fu in una di queste sue esplosioni interne che prese la dissennata scelta di rappresentare dinamicamente il suo disagio.
Qualche giorno più tardi, mosso dai suoi ultimi intendimenti, si diresse in Lambrate.
Per raggiungere la piazza della stazione, come suo solito, decise di prendere un vecchio tram (di quelli belli e classici e lucenti delle cartoline). Vi salì in tarda mattinata, in modo che fosse pressoché solo e avesse modo di sedersi in disparte, guardando scorrere i viali e le facciate dei vecchi palazzi come in un carosello a colori.
Giunto che fu ai banchetti abusivi che incoronano la piazza Enrico Bottini, comprò una pistola ad acqua. Più che di pistola dobbiamo qui parlare di idrante portatile, o fucile d’assalto. La gittata del fucile di plastica cinese era infatti impressionante, per non parlare del diametro del getto e della portata del serbatoio (imbellito con fluorescenti guerrieri volanti DragonBall).
Per senso del pudore Arturo Scoppio non avrebbe mai camminato per la città con quel “coso” in mano: si sarebbe sentito profondamente a disagio! Fu così che in una bancarella non troppo lontana, acquistò una valigia “sunset”, sottomarca cinese dal colore blu scuro e dalle forme anonime.
Essendo particolarmente esaltato dalla sua decisione, il giorno stesso, allontanandosi di qualche chilometro dalla città, in direzione sud est, raggiunse le sopravvissute campagne in cerca di letame. Lo trovò tra San Bovio e Peschiera Borromeo, nei pressi di un allevamento equino.
All’imbrunire, ritornò nel suo appartamento e preparò l’impasto attendendo desto l’alba.
§§§
Repubblica. La scalinata della metro la scendo lentamente. Guardo incurante le vetrine del primo piano interrato: stupidi, piccoli, sé dicenti, sé credenti artisti liceali marchiati Brera: che porcate Charly! Dovresti vederle! Astraggano, astraggono, astraggono. Nascono Fontana senza passare da Giotto. Tele imbrattate in bella mostra, tanto per gettare una pennellata di colore nel grigio buio di questa entrata cavernosa. Politiche pubbliche da oratorio.
Ma ora tutti capiranno Charly, capiranno. Farò loro capire che si stanno involvendo, che sono delle caccole. La smettano di darsi delle arie. Di correre come locuste tra una via e l’altra per lavorare e consumare, lavorare e divorare senza un minimo di selezione.
Ah, la selezione Charly! La selezione.
Oggi li coprirò della stessa materia che rappresentano… e forse capiranno. Forse si desteranno da questo sonno tombale.
“Tutti molto uguali molto piccoli molto tolleranti molto noiosi”.
Un milione di cacche. Sessanta milioni di cacche. Sette miliardi di cacche.
Oh cavoli, mi sono scordato il biglietto!
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Preso com’era dalla sua imminente rappresentazione, Arturo Scoppio aveva dimenticato di acquistare i biglietti.
Alla stazione di Milano Repubblica vi erano tre grandi macchinette arancioni, promesse tecnologiche di efficienza e velocità.
Di fronte ad esse sostavano quasi immobili altrettante file di turisti stranieri, i quali, quasi venissero dal pianeta delle scimmie, chiedevano consulenza ad un ferroviere delle TreNord in merito alle giuste pressioni da digitare sullo schermo lucido e grasso di umano sebo. Arturo Scoppio non ci tentò nemmeno. Si diresse verso il piccolo “sgabbiotto” di novecentesca memoria al cui interno un ometto paffutello dall’aria serafica e dai baffetti alla Clark Gable stava in naturale immobilità, con un berretto da ferroviere in testa.
“Salve. Un biglietto. Grazie”.
L’ometto, fissandolo dal basso verso l’alto con un imparziale sguardo alla spongebob, prese con la mano destra un carnet di biglietti ATM avvicinando l’alluce sinistro alle labbra umide. Sollevato con il polpastrello il singolo ticket lo pose davanti ad Arturo con fare solenne.
“Solo un euro e”… la frase si interruppe; lo sguardo rimase sferico e innocuo ma all’ometto cadde il cappellino.
Le gialli luci di Repubblica si spensero; le file di turisti si trasformarono in farfalle; le tele degli studenti di Brera in carta igienica trascinata da labrador alati e sulla pelata del bigliettaio, illuminata da un fascio di luce perlacea, apparve lui: il bianco coniglietto di burro.
§§§
Chi sei?
Io sono ButterBunny, il bianco coniglietto di burro e ciò che stai vivendo non è un sogno!
Bello scherzo! Bravi! Bello scherzo davvero. Vi avverto però: non amo i reality e non vi darò il diritto di utilizzare la mia immagine all’interno di trasmissioni televisive. Quindi smettiamola e lasciatemi andare in metro’.
Io sono ButterBunny, il bianco coniglietto di burro che da secoli segue con benevola attenzione l’evoluzione della tua specie e sono qui per salvarti. Percepisci l’inebriante fragranza zuccherosa che invade le tue narici? Fuggano da te le malevole intenzioni di sterco e vendetta!
Come puoi saperlo? Non è possibile. Io.
In cuor tuo già lo sai. Non puoi nulla contro l’involuzione della tua specie. Chi te lo dice è ButterBunny, il bianco coniglietto che tutto inzucchera e tollera. Charly aveva ragione, ma non su di voi. La tua specie è ora mai sfuggita alle regole universali che tutto ordinano. Ora camminate desti secondo le leggi del vostro stesso stomaco ed io sono la vostra divinità tutelare. Non vi è più selezione. Mai più merito. Solo moltiplicazione, sudore e smodato consumo di latticini.
Li stavo per coprire di cacca, di sterco, di letame. Avrebbero aperto gli occhi! Avrebbero capito, o per lo meno intuito, che continuando nella loro quotidianità priva di senso.
No, non avrebbero capito un bel niente. Il Vostro numero impone una frammentazione indefinita di valori e stili di vita. Ognuno deve trovare il suo senso, ed essendo i valori più alti comprensibili raggiungibili solo da una minoranza, è necessario che i più si appellino ai più bassi istinti digestivi per sentirsi vivi e legittimati alla vita. Modeste ambizioni storte.
No, non posso credere che.
Così pensavi di fare? Saresti stato considerato un povero scemo. I viaggiatori ti avrebbero denunciato e tu saresti finito su tutti i giornali rovinando la tua reputazione e la tua esistenza, coperto dai debiti che ti sarebbero stati imputati per risarcire i danni della tua rappresentazione. Nella peggiore delle ipotesi poi, altri ti avrebbero potuto emulare, caricando però la pistola ad acqua con acidi o veleni. Sei davvero un ispiratore di assassini e terroristi Arturo?
No. Io.
Esatto. Tu non lo sei. Te lo dice ButterBunny, il bianco coniglietto di burro.
Dunque. Cosa posso.
Non puoi fare nulla. Devi tollerare. Dolcemente, con la medesima intensità del cioccolato bianco, tollerare. Trasforma la tua anima in saccarosio. Tollera gli sguardi vacui, le grasse pance sudate in bella vista di piercing guarnite, i dialoghi stolti e volgari dei ragazzi a vita bassa; tollera la zingara lamentosa, il poliziotto piacione, il ritardo, la disfunzione, tollera i miliardi di bocche che divorano il mondo per sfamare la propria inutile vacuità. Tollera Arturo, ti prego, ti ordino, tollera.
Non posso. ButterBunny io te lo assicuro. Non posso proprio. Ti prego. Io devo.
Questo è il destino del Homosaurus Rex che ha conquistato il mondo. Fattene una ragione. Puoi solo testimoniare, testimoniare e testimoniare ancora. Chi lo sa, forse un giorno.
Come?
Torna a casa e scrivi un racconto. Questo ti ordina ButterBunny, il bianco coniglietto di burro.