“Quante volte sono rimasto disteso, con la pioggia sopra un tetto sconosciuto, a pensare a casa.” William Faulkner
Avevo passato la notte in Motel a sbronzarmi di Mignon, la mattina avevo pagato e me n’ero andato con la mia Chevrolet scassata, blu come un cielo stinto, proprio quello sopra la mia testa arresa.
La raffineria si stagliava in questo utero stantio di orizzonte, mi fermai a pisciare e la guardai atterrito e affascinato, per cinque minuti che mi parvero un istante. Avrei voluto morire lì, metallico e inquinato come un catorcio umano di sogni e speranze scadute.
Casa mia era stata invasa dagli uomini dello sceriffo, quel bastardo puttaniere, e non mi restava altro che me stesso, un paio di buoni libri, un grilletto da premere e settecento dollari di buoni propositi.
Mi stavano aspettando a Nashville, non vedevo l’ora di scaricar loro in mezzo alla pancia tutto il caricatore del mio fucile.
Ero nato in una palude di famiglia, mia madre si era suicidata, mio padre morto di cirrosi. Per l’intero arco di tempo della mia infanzia ero stato travestito da bambino buono, dalla faccia d’angelo, la stessa faccia che loro vedranno prima di crepare con una voragine nello stomaco.
Qualcuno, pagherà per tutti.
Avevo fregato una decina di Mignon di Gin dal freezer malandato del Motel. Volevo sbronzarmi e uccidere. Dormire in un cesso in mezzo al nulla per quindici dollari ripartire sbronzo e uccidere ancora.
Volevo far fuori l’intero mondo cazzo.
immagine di copertina: Fotografia di Richard Misrach