Racconto scritto e proposto da Marco Barizza
Mah.
Olmo era un uomo tranquillo. Aveva passato la quarantina da un paio d’anni, lavorava in banca, aveva una bella famiglia e una nuova tagliaerba a motore. Tutti credevano fosse un uomo intelligente, pacato, diligente. Molti dicevano di lui che era acuto, un po’ burbero forse, altri dicevano essere un grande pensatore. La verità è che Olmo praticamente non parlava, se non quando fosse strettamente necessario e, anche in quei casi, bofonchiava monosillabi come un treno a vapore. Era successo sempre, sempre così. Quando dovette chiedere alla moglie, Alba, di sposarlo, si limitò a dire: “sposmi”. Quando fu invece Alba a comunicare ad Olmo la sua gravidanza lui disse qualcosa come: “beh”, annuendo copiosamente per sottolineare la grandezza della notizia che gli era appena pervenuta. Per contro, la moglie era una mitraglia di parolette e paroline, quando parlava sembrava squittire, come un topolino di campagna. A ogni cosa lei dava un nomignolo, e soprattutto un vezzeggiativo. La storia clinica di Olmo comincia un giorno qualsiasi, mentre stava seduto sulla sua tagliaerba fiammante, e un ragazzo nero con un borsone a tracolla andò a suonargli al campanello.
– Signore, vorrebbe per caso comprare qualcosa?
– No.
– Davvero dico, ho cose belle, guardi pure.
Il ragazzo posò il pesante borsone a terra e lo aprì: dentro di esso non vi era altro che calzini, asciugamani, accendini. Le solite cose.
– Le interessa qualcosa?
– No.
– Potrebbe darmi qualcosa da bere per cortesia, non mi sento molto bene.
– Bffff – sbuffò Olmo alzando le sopracciglia. Quindi con la mano fece cenno al giovane venditore di andarsene. Questi per tutta risposta stramazzò a terra.
– Bffff.
Olmo accolse l’evento sbuffando di nuovo da sotto i baffi. Una volta interpellata la moglie, assieme decisero di chiamare l’ambulanza, che arrivò ottantacinque minuti dopo. Il ragazzo non s’era più smosso. Gli infermieri guardarono la coppia dall’altra parte del cancello di ferro battuto e chiesero cosa fosse successo.
– Vede, è successo che mio marito ha parlato con questo signore senza arte ne parte e che poi è morto.
– Suo marito?
– No, l’extracomunitario là mica è mio marito.
– È morto?
– Eh me lo deve dire lei…
– È mort, è mort – sentenziava Olmo.
Caricarono i resti del povero ragazzo sull’autombulanza e, prima di partire, uno degli infermieri si avvicinò al cancelletto.
– Senta, lei, signore, s’è fatto male?
– Ma no, quello è cascato da solo…
– Ho capito, signora, ma suo marito mi sembra scosso, non ha detto una parola, sarà di certo scioccato per quanto avvenuto.
– No, no – scosse il capo Olmo.
– Meglio che salga anche lei, le facciamo giusto una visita veloce. Sua moglie ci può seguire con l’auto.
L’infermiere fu così irremovibile che Olmo si ritrovò nel retro dell’ambulanza seduto di fianco al portantino. Davanti a sé, chiuso in un sacco, il ragazzo che poche ore prima gli aveva chiesto da bere.
All’ospedale civile, il dottore di turno alle visite lo sottopose subito a una serie di domande e visite generiche, utili per stabilire l’anamnesi del paziente e per capirne l’effettivo stato di salute. Nel controllare gli occhi del paziente, il dottor Canewsky notò immediatamente un’impercettibile fessura tra l’occhio e l’orecchio sul lato destro del volto.
– Molto interessante.
Nell’osservare al meglio quella fessura notò, con estremo stupore, come fosse profonda.
– Da quanto tempo ha questa ferita?
Il paziente di tutta risposta alzò le spalle. Avrebbero potuto essere giorni o anni.
– La trovo molto interessante. Torno subito, chiedo un consulto ad un collega.
– Va beh.
Quindici minuti dopo erano in nove a osservare quella spaccatura. Era davvero strana, nulla che nessuno di loro avesse mai visto. Una spaccatura netta, profonda, dalla quale non si riusciva a scorgere la fine. Un taglio così, senza sversamento di sangue, senza infezioni o altre problematiche di questo genere alimentò la curiosità dei medici, tanto che ognuno di essi sviluppò delle teorie. Olmo fu portato di gran fretta dal primario per fugare tutti i dubbi e per sedare il tumulto nato tra le varie fazioni di pensiero dei medici. Il primario sbalordito decise immantinente di inserire una piccola sonda all’interno della spaccatura della carne, per vedere che razza di tessuto ci fosse e dove si fermasse quella fenditura.
– Domanda…
Si sforzò di proferire il bancario.
– Poss avvisare moglie?
– Ma signor Del Colle, è un esame di routine, glielo posso assicurare.
Nel frattempo i medici attorno a lui erano aumentati, così furono chiamati anche gli specializzandi e i novellini dell’università, tutti attorno al tavolo operatorio. Una sonda con una piccolissima luce fu fatta passare nella fessura. Più la sonda penetrava e più cresceva la sorpresa dei medici. Tutti sudati e paonazzi attaccati allo schermo. Poi d’un tratto le pareti carnose che circondavano la sonda scomparvero, e oltre a quelle, il nulla.
– Ma com’è possibile?
Il primario trasalì.
Un novellino nell’angolo svenne, e l’unico che sembrava ancora non aver capito cosa stesse succedendo era proprio il povero Olmo, che manteneva sul volto un’espressione perplessa.
La sonda venne fatta avanzare, ancora e ancora.
– Altro cavo perdio! – urlò il luminare.
Ma fu tutto inutile. Dietro ai bulbi oculari, alle froge del naso, oltre la laringe, non c’era niente. Olmo era vuoto dalla testa ai piedi. Non vi erano ossa, cervello, terminazioni nervose, muscoli, grasso, muco, niente. Quando la lucina della sonda si avvicinava al naso, dalle narici usciva la luce. Così accadeva anche con gli occhi. Il primario crollò a terra, sorretto dai suoi medici.
– È impossibile! Questo non può essere!
– Ma se è vuoto davvero, come respira? Come vive? Come pensa?
Disse uno tra i dottori strofinandosi la barba.
– È forse immortale? – fece qualcuno dal fondo della sala.
L’urologo: “Avrà disfunzioni erettili!”
Il pneumologo: “Soffrirà quantomeno di apnea…”
Il neurologo: “Ma come cazzo è possibile?”
Eppure nessuna delle imprecazioni o delle domande dei medici ebbe una risposta.
– Pos andare a cas?
I medici si osservarono l’un con l’altro e decisero di fare la cosa più semplice, dimenticare. Semplicemente dimenticare. Una cosa così bizzarra e contro natura non poteva esistere, punto e basta.
– Oh, caro, ma quanto ti hanno trattenuto? Ma com’è possibile nel 2014, dobbiamo scrivere una lettera al primario. All’autorità giudiziaria, è un trattamento disumano. Che t’hanno detto?
– Bah.
Nei mesi seguenti al fattaccio Olmo condusse la sua solita vita: la banca, la scopata del sabato sera, i quiz in tv, la nuova tagliaerba e tutte quelle cose, insomma, che rendono piena la vita delle persone. Un giorno, però, bussò alla porta dei Del Colle uno stimatissimo luminare svizzero. Disse di aver sentito parlare del suo caso e di avere una soluzione.
– A cosa? – chiese Olmo giustamente.
– Ma è chiaro, al suo problema…
– Quale?
– Il buco…
Il famosissimo professor Vilianich aveva una teoria: se il nostro corpo, disse, è fatto di acqua, allora l’acqua è la soluzione. Avrebbe provato a riempire il corpo di Olmo con acqua di fonte. Ma il colpo di genio era che, non la doveva bere, le sarebbe stata direttamente iniettata dentro alla spaccatura.
– Va beh – fu il commento di Olmo, che nei giorni seguenti fu pompato di acqua a svariate atmosfere di pressione. Dopo cinque giorni il suo corpo, interno ed esterno, non era cambiato di una virgola, né aveva avuto variazioni degne di nota nella sua attività urinaria. Il medico, dopo aver controllato nuovamente la spaccatura, se ne andò senza salutare.
Giorni dopo, un importantissimo psicologo bussò alla sua porta, affermando di avere chiaramente trovato la risposta all’enigma.
– Quali?
– Non importa…
Willer credeva che, dopo aver riempito la mente del paziente di nozioni e conoscenze, il suo sé intellettuale avrebbe comandato al corpo di autocostruirsi. Nei due mesi seguenti Olmo studiò filosofia, economia, psicologia, semiologia e tutto quello che poteva finire con il suffisso –gia.
– Che cosa ne pensi, Olmo? Ti senti accresciuto?
– Mah.
Il corpo di Olmo continuava a rimanere solamente un guscio contenente il più scabroso di tutti i segreti, la regina delle stranezze. Willer fece una scenata e a sua volta lasciò casa Del Colle per non farvi più ritorno. Dopo di lui, però, si presentarono in molti, convinti di saper riempire quel vuoto così grande e senza spiegazioni. Un sessuologo disse che doveva avere una grande e variopinta vita sessuale, che avrebbe dovuto fare sesso di continuo, anche fuori dall’unione coniugale. Almeno cinque volte al giorno. Naturalmente non funzionò. Quindi un saggio orientale disse che avrebbe dovuto meditare; gli insegnò a farlo, ma Olmo dormiva ad ogni seduta. Sconsolato, anche il vate asiatico se ne andò.
Col tempo, specialisti e santoni arrivarono sempre più di rado all’uscio di casa sua, fino a terminare col passare degli anni. Ma al contrario, la sua fessura principiò ad allargarsi, arrivando quasi fino all’occhio, e dall’altra parte minacciava l’orecchio. La gente al supermercato lo fotografava, i bambini ci mettevano dentro le dita o gli lanciavano palline di carta. I colleghi di lavoro vi riponevano le pratiche, e un passero vi costruì il suo nido. Olmo prese tutto questo con estrema naturalezza e tranquillità, tanto che di quando in quando dava molliche di pane al suo passero. Lo proteggeva sotto il cappello quando pioveva o quando faceva freddo. Ci si affezionò. L’uccello prese compagna ed ebbero dei piccoli. Così, depositando di quando in quando piccoli rami, pezzi di sterpi, fanghiglia o cibo, il corpo di Olmo cominciò a riempirsi, riempirsi sempre di più, e altri fori si aprivano, altri passaggi. Sulle braccia, l’addome, la gola. Olmo si stava trasformando in una groviera: quanto più invecchiava, tanto più si aprivano spiragli nel suo corpo.
Un giorno, ormai molto vecchio, scomparì anche l’ultimo pezzetto del suo corpo, la bocca, con un:
– Mah.
Il passero suo amico, nipote del passero che per primo costruì il nido nella testa di Olmo, pianse a lungo per la sua dipartita. Poi defecò sul tappeto uscendo dalla finestra.
Marco Barizza
Immagine di testata: Ron Mueck – Big Man