Lontana oramai é la stella di Doris Lessing. Eppure la sua luce brucia centinaia di letture che chiamiamo di Fantascienza. Grazie alla sua penna il “genere” cede il passo alla letteratura. Una scusa stilistica per testimoniare la propria weltanschauung. Addio orridi alieni in combutta contro la terra, addio colonie terrestri ribelli, addio drogati di realtà virtuale con la pistola bum bum e il cavo nel cervello.
La fantascienza di Doris Lessing tocca in punta di penna l’epica, la politica, il folklore… giunge al centro delle differenze di genere e di civiltà.
La fantascienza nella penna della Lessing smette di essere la ragione sufficiente e necessaria alla scrittura, per divenire un’ambientazione adatta allo scopo; il non luogo dove il pensiero è libero e non scende a patti con la forza d’inerzia della storia e della realtà.
Un Pacifico Matrimonio, come bene evoca il titolo originale The Marriages Between Zones Three, Four and Five: As Narrated by the Chroniclers of Zone Three, è infatti un romanzo del non-luogo. L’autrice immagina un pianeta le cui nazioni sono meramente identificate da un numero. All’assenza topografica però non corrisponde un vuoto ontologico… tutt’altro. Ogni nazione (ogni zona) è archetipo di un tratto storico o antropologico; potremmo dire di un volksgeist finalizzato a rappresentare tanto gli opposti assoluti (il mascolino e il femminino) quanto, forse, le fasi dell’evoluzione storica dell’umanità.
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Un giorno, senza alcun preavviso, la regina della Zona Tre (Al-Ith) viene obbligata ad unirsi in matrimonio al Re della zona quattro (Ben Ata). La decisione è stata presa dai Tutori, gli dei immortali (?) che decidono le regole ed il destino di tutte le zone. Perché mai la regina di una società matriarcale, interclassista, pacifista, animalista, vegetariana, in cui le emozioni più forti sono state anestetizzate dalla perfezione della società, dalla costante tensione all’armonia con il Creato, è stata promessa in sposa al monarca di una zona barbara, dedita alla guerra, maschilista e violenta?
Incredula, Al-Ith decide di obbedire.
Inizia così un viaggio di ascesi che la porterà a modificare l’esistenza propria e di coloro con i quali entrerà in contatto. La regina della zona tre, tra mille incomprensioni e sofferenze, scoprirà l’amore, l’odio, la nostalgia; cambierà l’animo di suo marito ed infine lo abbandonerà per obbedire all’ennesimo editto dei Tutori.
Abbandonata la zona quattro, in favore della regina della zona cinque (simbolo del nomadismo e dell’anarchia), tornerà sui suoi passi, straniera in patria, per poi tendere alla zona due: dove gli spiriti convivono con le menti illuminate, premessa di un olimpo etereo (la zona uno) dove forse riposano gli Dei.
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Il “Pacifico Matrimono” di Doris Lessing è un’epica ricomposizione degli opposti. Un manifesto di colta tolleranza, in cui il rispetto del pensiero altrui nasce in primo luogo dalla conoscenza diretta, e in secondo luogo dalla contaminazione.
Vi è sempre una porzione di verità e di bellezza in ognuna delle zone. Un pensiero questo che non scade nel relativismo assoluto, né tanto meno nel moralismo. L’accettazione dell’altro e la consapevolezza della propria incompletezza nascono infatti da un terrificante travaglio interiore (non é forse vero?), magistralmente reso con decine e decine di pagine di prosa volte alla narrazione del pensiero, della sensazione, della fugace impressione restituita dall’altro.
Nel testo vi sono anche molte sorprese stilistiche. Il narratore, esterno alle vicende ma protagonista dell’epoca descritta, è rappresentato da una cronista della zona tre (As Narrated by the Chroniclers of Zone Three)… una Doris Lessing che decide di vivere il proprio testo sino in fondo. Nel romanzo, con chiaro richiamo Tolkeniano (almeno, per quel che vale, secondo il parere di chi vi scrive), sono costantemente presenti balli e filastrocche, ma anche toccanti descrizioni degli affreschi che, alla fine degli eventi narrati, furono dipinti per immortalare la storia di Al-Ith tra i mortali.
Un Pacifico Matrimonio è un libro difficile, profondamente femminile nello stile, ricco di simbologie e di una complessa visione del mondo. E’ un libro che non pretende di fornire risposte assolute ma che riesce efficacemente a tracciare un percorso di riflessione su molte questioni fondamentali. E’ un libro – per quanto possa contare – che riesce a dimostrare che la fantascienza, nelle mani giuste, può e deve essere, letteratura.
GMF
PS: Un ringraziamento alla Fanucci Editore che ha deciso di ristampare gran parte dell’opere di Space Fiction dell’autrice britannica. Speriamo che presto veda la luce il primo testo del ciclo Canapus in Argos.