Non gli era mai piaciuto festeggiare il suo compleanno, nemmeno quando era piccolo, quando la grande maggioranza dei bambini non vede l’ora che arrivi quella data tanto agognata: i regali, gli auguri, la torta e, soprattutto, la festa.
Sua mamma lo aveva sempre definito come un “ragazzino responsabile”, a lui invece si era palesata da subito l’evidenza di quanto fosse più che altro triste, poco divertente, uno di quei bambini che ti dimentichi di invitare al parco il sabato pomeriggio.
Ne era passato di tempo, da quegli anni in cui i suoi genitori gli organizzavano una festicciola nel giardino della palazzina; qualche compagno di classe e i marmocchi del vicinato, come li definiva scherzosamente suo padre. Nonostante l’impegno di mamma e papà, la giornata non era mai indimenticabile e, dopo il taglio della torta, i suoi amici tornavano a casa senza la minima voglia di restare fino a sera.
Il suo non era mai stato uno di quei “Compleanni”, quelli dove i genitori devono trascinare via i figli in lacrime, per intenderci. Quelle feste in cui gli invitati arrivano con pacchi regali gigenteschi e colorati, piene di corse e risate, con palloncini, giochi organizzati, torte a cinque piani strabordanti di panna e patatine dai mille sapori diversi.
Ora di anni ne aveva trentotto, più tre figli all’attivo e un lavoro che gli occupava gran parte delle giornate. Giornate lunghe, senza troppe emozioni, che si concludevano nella stessa medesima maniera da anni: una pastasciutta, un bicchiere di vino e una canna davanti alla tv.
Per essere precisi, dei tre figli all’attivo, uno non lo vedeva mai causa cambio di vita della madre trasferitasi sulle coste australiane, e gli altri due se li godeva qualche week end, quando non toccava a lui l’indimenticabile esperienza delle domeniche lavorative nei centri commerciali e quando, ovviamente, non c’erano scampagnate familiari, o compleanni o vattelapesca di eventi ai quali i bambini non potevano non esserci.
– Thomas, hai ragione era il tuo fine settimana ma i ragazzi non possono mancare questa volta, ci tengono davvero. –
A dirla tutta, le cose non erano cambiate poi così tanto rispetto al passato: era diventato semplicemente un adulto triste, di quelli che fatichi ad invitare al pub dopo una giornata lavorativa.
E dire che un tempo era stato tutta gloria e aperitivi. “La scoperta dell’anno”, “lo scrittore che ha fermato il mondo”. Record di vendite, interviste in televisione, tour in giro per l’Europa e gli Stati Uniti per promuovere il suo libro.
Quegli anni gli sembravano talmente lontani, immagini sfuocate di un’epoca che lui stesso faceva difficoltà a ricordare, tanto che, in quelle giornate di nebbia, così terribili da offuscare ogni pensiero, capitava si ritrovasse a credere di non averli mai vissuti.
Eppure i ritagli di giornale a casa dei suoi, i premi impolverati sulla libreria, tutto testimoniava quegli anni, quelli in cui quel bambino responsabile era diventato il ragazzo d’oro della letteratura, senza nessuna raccomandazione o telefonata ma solo grazie al suo incredibile talento.
Le giornate cominciavano tardi e si concludevano la mattina, nell’illusione che le ore passate chino su un computer potessero trovare paga in una vita di eccessi e festeggiamenti.
Lui, che da sempre odiava tutto questo; poco avvezzo alle notti brave nei locali più “in” delle varie metropoli, lontane anni luce dalla cittadina emiliana dove aveva trascorso la sua infanzia.
Lui, che aveva così paura del mondo ma che al contempo coltivava dentro di sé il sogno di un universo parallelo, intenso quanto scuro, dalle forme macabre definite da una penna a sfera che non aveva mai smesso di fargli compagnia.
Si era sposato giovanissimo, nell’euforia del successo e della passione, con una donna conosciuta solo in superficie, entrambi accecati dall’idea che si erano fatti l’uno dell’altra, non erano durati che un anno scarso.
Un figlio, tante recriminazioni e quella penna a sfera capace di uccidere le ore di sonno e di rendere i risvegli silenziosi.
– Parlami, Thomas, dimmi qualcosa, dimmi come stai.-
Dopo di lei altre donne, tante parole spese al vento, tante altre fissate su un foglio word.
La storia della sua vita amorosa seguiva una trama ben definita, una dopo l’altra le sue donne lo avevano amato tantissimo, cercando di salvarlo da quella cupa malinconia che gli impediva di alzarsi la mattina e che lo teneva sveglio nelle notti di piena solitudine. Lui, coccolato dal loro amore, ometteva di dir loro quanto quelle tenebre lo tenessero in vita, quanto la scrittura fosse dolore lancinante al quale non poteva e non doveva rinunciare. Loro, ossessionate dal volerlo salvare e dal volerlo completamente, sprecavano ogni energia per distoglierlo dalla sua linfa vitale, fino a quando, sfiancate, crollavano sussurrando a voce rotta dalle lacrime, l’addio e il perdono nello stesso momento.
Lui se ne stava lì, fintamente disperato nel guardarle andare via, pronto a colmare quel vuoto con un’altra donna, pieno di buoni propositi e di voglia di essere amato, di nuovo.
Nuovamente e nel medesimo modo totalizzante.
Trentotto anni e questa volta la sua camera d’albergo, totalmente asettica, non faceva altro che ampliare il vuoto che lo fagocitava. Era riuscito a comprare il biglietto per Sidney, per festeggiare finalmente il suo compleanno con quel figlio che non aveva visto crescere se non grazie a Skype, convinto che per la prima volta nella sua vita potesse passare un bel compleanno. Uno di quelli che si sarebbe ricordato per tutta la vita sorridendo.
Invece quella mattina si era svegliato credendo che niente e nessuno sarebbe riuscito a farlo alzare da quel letto, nel quale giaceva soffocato dal peso del fallimento.
In testa i visi di quelle donne che lo avevano amato così tanto, e che lui nemmeno per un attimo si era fermato ad ascoltare. Quelle donne che adorava guardare la notte, mentre dormivano in un letto che condividevano con lui poco o niente; un letto che sapeva più di loro che di lui, impegnato a scegliere il sinonimo giusto, la parola più dolorosa per un nuovo racconto.
Le loro vite ora erano colme di sorrisi e soddisfazioni, di progetti e letti condivisi, mentre la sua, di vita, non era altro che un fiume di insoddisfazione. La consapevolezza delle sue colpe gli impediva di raggiungere suo figlio, di guardarlo in faccia senza vergogna.
Che ne era del ragazzo che aveva scalato le classifiche e ricevuto critiche inaspettate, sbaragliando i colossi della letteratura con una sbalorditiva facilità?
Che ne era dell’amante passionale che osservava le sue amanti pieno di desiderio, facendole sentire uniche e senza confronto?
Il telefono squillava senza dargli tregua e la suoneria impostata mesi fa gli sembrava la cosa più fastidiosa sulla faccia della terra. Avrebbe voluto alzarsi, rispondere alla sua ex moglie, dirle che stava per uscire e che di lì a poco sarebbe arrivato.
Un’ora dopo si alzò per pisciare.
Spostando le tende si ricordò di essere ad un piano alto, molto alto.