Non puoi sfuggire. Puoi nutrire e accarezzare l’idea di vivere in isolamento. Una solitaria corroborante ascetica solitudine, ma ti sbagli. Tutto ciò che hai vissuto, le persone che hai incontrato, i discorsi che hai pronunciato, sono parte di te come una cicatrice. Un segno tangibile che non si è limitato a marchiare la tua esistenza… ha fatto di più: ha tessuto intorno ad essa una rete invisibile e fittissima di informazioni, rapporti, tensioni, al cui paragone l’appiccicosa tela di un ragno è poco più che un merletto ben cucito.
Prendiamo ad esempio la storia dell’icona dell rock Bucky Wunderlink. Molti di voi penseranno che è una rock star come tante altre, dedita agli eccessi, sul baratro della depressione… Eppure, vi assicuro, lui ha qualcosa di differente: ha scelto di fuggire, di sparire; quantomeno ci ha provato!
Perché? Forse aveva capito che “la celebrità si nutre di oltraggi, di quello che i consiglieri di uomini di statura ben minore definirebbero pessime relazioni pubbliche: scene isteriche dentro limousine, fan che si accoltellano, roccambolesche cause legali, tradimenti, pandemonio, droghe“. Perché aveva intuito che “forse l’unica legge naturale connessa alla celebrità vera consiste nella sicurezza che il celebre, prima o poi, è costretto a suicidarsi“.
Trascurando il suo epilogo, Bucky se ne è andato via, in punta di piedi, durante la turné. Ha abbandonato il gruppo, la sua etichetta discografica, “la Transparanoia”, per nascondersi (o almeno così sperava) in un angolo lurido di Great Jones Street.
Encomiabile tentativo; nulla più. Non si può sfuggire. Forse Bucky si è illuso. Cosa ha trovato infatti, in quella sua nuova tana, se non un vicinato sofferente, disorientato, annoiato, dedito alle più vacue attività? Cosa pensare di Eddie Fenig, lo scrittore di letteratura pornografica per ragazzi; e della vedova del piano di sotto, badante incatenata al figlio macrocefalo? Le loro esistenze erano forse più sensate della follia cannibale e divoratrice della massa, che voleva far di lui un martire del palcoscenico, e per ciò stesso, un idolo immortale?
Nulla sfugge al non senso dell’epoca. Nulla. Anzi (Bucky ne è un esempio eloquente) più cerchi di fuggire e più la realtà cercherà di inglobarti, di assorbirti, di annullarti. Opel, l’Happy Valley, il Dottor. Pepper… forse non li avrebbe mai incontrati. La canzoni della montagna, quell’ultimo nastro, e la lotta che ne è nata per la resurrezione dell’artista fantasma. Anche quest’ultima follia, forse, non l’avrebbe mai conosciuta. Ma ha scelto di cambiare strada; di uscire di strada.
Potrebbe sembrare una storia dedicata alle deviazioni del rock’n’roll. Forse, per certi aspetti, lo è. L’opera è stata scritta nel 1971 e pubblicata nel 1973. Lo spirito di whisky di Jim Morrison era ancora lontano dall’evaporare.
Nondimeno, sia stata o meno volontà dell’autore, dietro la storia di Bucky, c’è una profetica parabola della realtà contemporanea.
Laddove la privacy muore, l’esistenza perde la sua ragione più importante.
Giorgio Michelangelo Fabbrucci [email protected]