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Resistere non serve a niente – Walter Siti

Recensione di Andrea Corona

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«S’è appena comprata un attico e superattico in zona Fleming perché non ne poteva più dei residence, adesso poi che sfoggia un nuovo fidanzato molto più giovane di lei. Il suo potere sulla Gabry, ex modella ed esperta di tendenze, è assoluto. Discutono di “essenze ambient”…»

Quella che segue è la trama di Resistere non serve a niente: Walter Siti scrive un articolo sul «Foglio» dedicato alle escort. Viene allora invitato (ma non è ben chiaro in realtà se la cosa sia consequenziale) ad alcuni festini e “wedding party” con Barbara D’Urso, i tronisti della De Filippi, Pato e Barbara Berlusconi, Geronimo La Russa, la Toffanin e Pier Silvio e starlette varie. A una di queste feste conosce Tommy Aricò, un “bankster” che gestisce un “hedge fund”, che cena al ristorante di Armani e che ha uno stuolo di “yesmen”, fra cui l’architetto di Ligresti (un «fallito», secondo il metro di Aricò, ma un fallito che guadagna quanto dieci professori).

Inizialmente, Walter Siti prova disprezzo per questo losco figuro, ma è anche affascinato dal danaro e dall’alta finanza («Caduto il sesso per ragioni d’età, ora è il denaro quello che mi ossessiona»), e così inizia ad accettare con sempre maggior frequenza gli inviti di questi, sino a diventarne amico (ma il motivo dell’assillante interesse di Aricò nei confronti di Siti, va sottolineato, è anch’esso poco chiaro). In breve, l’intellettuale Siti, a mo’ di psicanalista-confessore, ascolterà le confidenze e i sogni (a dir poco grotteschi) di Tommy: «Non mi piaccio per niente, uno dei miei incubi ricorrenti è re Giorgio che mi demolisce… urla che i miei capelli non stanno a posto, che le mie braccia sono orrende… Giorgio Armani, voglio dire».

A questo punto il romanzo diventa quasi biografico (e avvincente quanto l’elenco del telefono): il disinibito bankster riempirà pagine e pagine con la sua favella, ma i tentativi da parte di Siti di rendere interessanti le turbe psichiche di Tommy Aricò non si dimostrano granché efficaci. Turbe che vanno dalla morbosa ossessione per le rosse al sofferto rapporto col proprio corpo (Tommy è un ex ragazzino obeso), fino all’Edipo irrisolto col padre Santino (residente per alcuni anni al carcere di Rebibbia).

E, come in ogni trattamento psicanalitico che si rispetti, ecco i capitoli sui fallimenti con le donne: dopo aver provato a piazzare, ma senza fortuna, la rossa Gabry a Mediaset prima e alla Rai poi, lo sconsolato Tommy cercherà di riscattarsi dal due di picche correndo fra le braccia (ma sarebbe il caso di dire fra le gambe…) della biondissima escort argentina Inés. Dopo quest’avventura (e dopo un capitolo che rasenta la pornografia), Tommy opera una svolta e corteggia la cerebrale Edith, una scrittrice impegnata che tenta di pubblicare con minimum fax e Mondadori, ma senza successo. Sulle prime, Tommy penserà di aprire una casa editrice per conquistare la sua nuova fiamma, salvo però scaricarla poco dopo (la poverina è una delle sfortunate vittime di “premature ovulation failure”, la cosiddetta menopausa anticipata).

Che dire? Con questo romanzo, Walter Siti vorrebbe dare a intendere di essere autore di un’inchiesta sulla “zona grigia” tra alta finanza, lusso e criminalità, ma non è davvero d questo che si parla. Già dopo poche pagine, infatti, il Nostro eroe decide di smettere i panni del giornalista, che non gli si addicono («Cosa m’illudo di investigare i segreti della società?») e di fare invece quel che più sa fare (almeno secondo lui), e cioè lo scrittore. Ecco allora che inizia a raccontare proprio quel mondo lì, quello dei festini e delle crociere: «La conversazione s’è spostata sul matrimonio, a Cortina, del ras delle navi da crociera con la figlia della catena di ristorazione Rossopomodoro: in quattrocento invitati facevano il reddito di tutto il Molise».

A proposito: espressioni barbare come quella appena citata («la figlia della catena di ristorazione Rossopomodoro») non sono – ahimè – affatto isolate nel testo. Resistere non serve a niente è scritto in maniera sciatta, scialba, frettolosa. Per non parlare dei dialoghi, che pullulano di dozzinali «Hihihi» e «Hahaha» (senza parole). O dei tentati (e mai riusciti) meccanismi meta-letterari, che non vanno oltre degli elementari «Pronto? Qui parla l’autore… Lo so, avevo promesso che non mi sarei più ripresentato sul proscenio, che non avrei più ostentato la mia persona».

Tutt’altro che di denuncia, inoltre, si tratta: Walter Siti sembra in più punti ammiccare al mondo del jet-set («Ti lamenti sempre di Mediaset, ma ti lasciano anche il tempo per il turismo di lusso») quanto, persino, alla macchina regolatrice dei “soldi sporchi” (fra parentesi, anche nel brano che segue c’è materiale sufficiente a far piangere lacrime amare chi di lavoro fa l’editor): «prima eravamo dei vincenti figli di mignotta, era carino mostrare il lato fragile… adesso sembriamo dei malfattori del genere umano che si ingrassano sulle disgrazie della povera gente. Ragione di più per spiegare che non è vero… il capitalismo finanziario funziona così, non è che ci si sveglia adesso e lo si impara come una novità… bisogna bere il calice fino in fondo, seguendo la legge che tutto è in vendita dovunque e in qualunque momento… La violenza è un asset come gli altri, un’extrema ratio, a parte che ormai la si delega quasi sempre ai disperati… diciamo che serve a rendere più attraente e funzionale il prodotto, eliminando le lungaggini… Sicché il nuovo core business non sono più l’intimidazione, la paura, la sparatoria…».

Considerazioni finali: in questo romanzo non si fa altro che parlare di Barbara D’Urso, di Carlo Rossella, di Massimo Giletti e soprattutto della fregna, dei lifting della Edwige Fenech e del suo grado di “trombability”. Che Tommy sia esperto nel calcolo delle probabilità, inoltre, sembra nient’altro che un espediente per introdurre un po’ di matematica nel libro, così come fu per La solitudine dei numeri primi (che in realtà di “scientifico” non aveva nulla). Insomma, Resistere non serve a niente ha ricevuto 66 voti dalla giuria del Premio Strega, ma il sospetto è che sia stato particolarmente “spinto” dagli stessi esponenti degli ambienti radical-chic (per cui non stupitevi se il libro è quello che è). Mentre lo leggevo, non mi è venuto in mente alcun paragone letterario, se non quello con Lo desidero. Lo voglio. Lo faccio, il romanzo best-seller di Brian Griffin; il quale, accantonato il più ambizioso Più veloce della velocità dell’amore, ha ben capito cosa occorre scrivere se si vuole avere successo. E dire che un cambio di rotta non sembra neanche fattibile, dato che… Resistere non serve a niente. Sì, perché le logiche di mercato sono sempre esistite. Ne parlava già Schopenhauer, in un capitolo di Parerga e paralipomena intitolato Sulla lettura e sui libri, allorquando asseriva che «Nove decimi della nostra attuale letteratura non ha altro scopo che spillare qualche tallero dalle tasche: autore, editore e recensore hanno per questo fermamente complottato»; aggiungendo che la letteratura effimera, che vende solo perché è ancora umida per la pressa, è destinata a scomparire nel giro di pochi anni e poi per sempre con tutto il suo chiasso e clamore iniziali.Ma non mi dilungo su questo punto, anche perché illustri pensatori come Adorno, Benjamin e Horkheimer hanno già detto abbastanza sulla “industria culturale”, sull’imperativo categorico del “devi adattarti (alle logiche di mercato)”, sulla “cultura di massa” e sulla denominazione impropria di quest’ultima; dato che, in realtà, non si tratta di una cultura della massa, che scaturisce o viene prodotta da questa, ma che viene, semmai, imposta ad essa.

Andrea Corona

Author: Andrea Corona

Andrea Corona (Napoli 1982) lavora in campo editoriale. Saggista, è autore di scritti filosofici e letterari pubblicati in volume e su rivista. Per gli Alieni scrive racconti, recensioni e saggi brevi.

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7 Comments

  1. Il nulla ha vinto. Vince il Gossip politico sulla letteratura. Le case editrici italiane possono essere date alle fiamme. Falliscano gli editori di tutto il paese. Amen.

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  2. Caro amico, in effetti sono in molti a desiderarlo, ormai…
    Seriamente, la cosa che mi turba maggiormente non sta nel fatto che abbia vinto un libro mediocre, quanto il fatto che lo stesso web stia producendo (salvo rare eccezioni) una serie di recensioni-fotocopia. Ovvero: si prendono gli stessi (pochi) estratti, si dice qualcosa sulla tematica del libro, e si conclude con un encomio al coraggioso autore, per aver affrontato un tema scomodo.
    Ma siffatti articoli, detto con molta semplicità, non possono considerarsi recensioni.
    Innanzitutto perché il romanzo (e con esso il suo autore) non è coraggioso come la critica vuol far credere (sarò scemo, ma io questa indagine sulla faccia nascosta di un sistema malato non l’ho per nulla ravvisata: cosa c’è di nuovo – e di coraggioso – nel dire che i giochetti in borsa decidono il destino delle persone?); in secondo luogo, perché, tema a parte, la recensione di un’opera di narrativa dovrebbe quantomeno esprimere un giudizio sullo stile, sui dialoghi, sui personaggi, e aggiungere pure qualcosa in più sulla (vera) trama…

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  3. Mi sono imposto di terminare il libro sperando in un barlume di decenza letteraria che non e’ mai pervenuta.
    Adesso il suo commento mi consola anche se non mi ripaga del tempo perduto.
    Un saluto cordiale, Andre

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  4. Caro omonimo, grazie di essere intervenuto. A me consola aver sentito, in libreria, che una persona definiva questo romanzo come “Un insieme di fogli sporchi”. Se non altro, sono contento che i lettori non si lascino gabbare. Naturalmente un libro può piacere come può non piacere, e non contesterò mai nulla al lettore che l’abbia eventualmente gradito; ma sono tante le cose poco chiare di quest’opera: ad esempio non si capisce perché, all’interno dell’opera stessa, Siti parli di sé come di un novello Saviano, come di qualcuno che, attraverso il suo libro, sta mettendo a rischio la propria incolumità (!?)

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  5. CONDIVIDO LA SUA CRITICA. LA MIA IMPRESSIONE E’CHE IL SUCCESSO DEL LIBRO, AL DI LA’DELLE SCONTATE VICENDE DI BORSA E FINANZA, STIA TUTTO NELLE 50 SFUMATURE DI SESSO CHE IL FURBASTRO AUTORE SCIORINA QUASI PER DISCHIUDERE UN MONDO DI DISINVOLTURE SESSUALI, LO STESSO CHE HA FATTO LA FORTUNA DELLE 50 SFUMATURE DIB GRIGIO E COLORI CONNESSI.QUINDI UN PREMIO R4GALATO ALLA CASA EDITRICE E UNA LTTURA NOIOSA E SCONTATA.

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  6. Caro Andrea (Corona)
    Appartengo a due delle categorie notoriamente più ignoranti di questo sciagurato paese: medico e pensionato! (Born in 1950).

    La lettura della tua pregevole recensione ha avuto su di me due effetti immediati:
    1- indurmi ad inserire immediatamente A.M. fra i miei siti (con la minuscola…) preferiti
    2- fare sentire meno isolato me e il mio commentino su anobii, perduto in un mare di panegirici.
    Mi permetto di copincollare il suddetto commentino (scritto in aprile da parte, lo ribadisco, di un modesto dilettante) perché presenta qualche analogia con la tua ben più articolata recensione.
    Grazie comunque
    Ubik (nickname su anobii e goodreads)

    “Resistere non serve a niente…elucubrarci sopra serve ancor meno.

    Mi ha sfinito questo pseudoromanzo dall’esile trama, i cui buchi narrativi sono rimpiazzati, soprattutto nella seconda parte, da interminabili dissertazioni e sentenze categoriche in merito ai guasti della new economy, ai suoi legami con le mafie ed ai suoi effetti tossici sulla vita delle nazioni e delle persone, ivi compresi i protagonisti (della new economy e del libro stesso) che vivono il proprio trionfo finanziario senza gioia ma attraverso un grumo di rivalsa, risentimento, insoddisfazione e autodistruzione.

    Il protagonista Tommaso è un personaggio inizialmente sgradevole che alla fine vira sullo spregevole, l’ambiente circostante a sua volta detestabile ma lucidato dall’autore con l’effetto speciale dei lustrini rappresentati dalla citazione seriale di locations esotiche (o comunque inedite alle orecchie di noi poveri mortali) oppure di personaggi reali presi dal mondo della tv, della politica, della finanza.

    Cercavo un bel romanzo ma ho trovato un pamphlet che non si può certo definire privo di interesse, ma non soddisfa neanche un po’ la mia sete di letteratura (alta o di genere, poco importa): che sia in predicato di vincere un importante premio italiano di narrativa, mi pare un paradosso estremo, come assegnare l’Oscar per la miglior fotografia a uno dei filmati amatoriali giapponesi che riprendono l’azione dello tsunami.”

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  7. @Alberto: recentemente ho ricevuto un’e-mail da parte di una lettrice che ha ricavato le tue (nostre) stesse impressioni; ma in effetti è innegabile che il sesso giochi un ruolo fondamentale per le sorti di questo romanzo (basti pensare all’inutile descrizione anatomica dei genitali della donna-relitto, ovvero di quella squallida ragazza che chiede a Tommy “Che ciài in quel sacchetto?” per poi mostrargli la vagina in cambio di un tramezzino).
    ***
    @Ubik: sono molto contento del suo commento, per il quale la ringrazio, e del suo contatto su Goodreads. Le comunico allora con piacere che gli Alieni Metropolitani sono su Goodreads e che può seguirci anche lì.

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