Racconto breve di Andrea Corona
1
Neanche un libro.
Hanjin è depresso. E la testa gli scoppia.
Vendere libri è diventato impossibile.
Da quando non esistono più le librerie, Hanjin fa il libraio porta a porta. Un modo di vivere che oltrepassa la soglia della legalità, specie quando propone l’acquisto di libri antecedenti l’instaurazione del Regime. Quale che sia l’argomento dei libri, infatti, quelli sprovvisti di bollo sono considerati dei prodotti potenzialmente sovversivi perché, in un modo o nell’altro, possono descrivere il passato. Come per i cibi o per gli indumenti, anche su libri e riviste è necessario che vi sia apposto il bollo del Regime.
Con questa miseria non li compra più nessuno.
In tempi di guerra nessuno ha interesse a spendere soldi per dei vecchi libri. Hanjin lo sa. Nei primi anni del nuovo regime riceveva molte richieste, ma da allora tante cose sono cambiate. Eppure venderne ancora qualcuno significherebbe molto per lui. Gli ricorderebbe i suoi clienti e i giorni felici trascorsi in libreria, ma soprattutto gli porterebbe alla mente il tempo in cui i libri non venivano distribuiti dai funzionari del Regime, ma acquistati per libera scelta dei lettori.
Mi sono perso.
Oggi ha fatto un giro più lungo del solito. È il sesto giorno che non vende neanche un libro e il terzo di digiuno quasi totale. E così, nella speranza di guadagnare qualche soldo, Hanjin ha iniziato a spingersi oltre il Distretto Verde e attraversare dei distretti sinora inesplorati. Ma il risultato è che adesso non sa più dove si trova.
E qui dentro è un forno.
Nell’abitacolo dell’auto la temperatura continua a salire. Ciò nonostante, quella vecchia Hangar color ambra è diventata tutto per Hanjn. Non solo mezzo di locomozione, ma anche casa e deposito libri.
Devo fermarmi. Non posso continuare così per un altro giorno. Devo trovare un posto per riposare…
Il libraio estrae una torcia e una mappa dal cruscotto. Il suo sospetto è di essere finito nel Distretto Giallo o, peggio ancora, di aver varcato i confini del Distretto Blu.
… ma dormire in macchina in un distretto che non conosco è troppo pericoloso.
Hanjin percorre ancora un tratto di strada, ma un manto di densa nebbia cala prepotentemente a minacciare la visibilità del guidatore. All’improvviso, dalla strada emergono due fari provenienti dalla direzione opposta. Hanjin li scorge quando sono ormai a pochi metri. Per evitare lo schianto, sterza di colpo ed esce di strada. La vecchia Hangar sbanda e scivola in un fossato. Il motore si spegne e il libraio batte la fronte contro il parabrezza.
Santo cielo…
Col cuore in gola, Hanjin si passa il dorso della mano sulla fronte ammaccata e imperlata di sudore. Si inumidisce le labbra secche. Con entrambe le mani, poi, si massaggia le tempie. I mal di testa sono sempre più forti e frequenti. Passato lo shock per il pericolo appena scampato, fa un respiro profondo e decide di rimettersi in marcia. La nebbia diventa ancora più fitta quando la Hangar si immette in un viottolo che sbocca in una strada sterrata. Inaspettatamente, però, dalla nube emerge un’insegna:
Benvenuti a
NOVANTA
2
Piange, la donna, mentre guarda la fotografia ormai usurata. Nonostante sia abituata a quella prigionia, oggi per Nikel è un giorno più triste del solito. Con le guance rigate dalle lacrime, ripensa al tempo che fu. E alla notte in cui ha smesso di sperare.
Già tre anni…
3
Che razza di nome per un paese…
Il libraio controlla nuovamente la mappa, ma di Novanta nessuna traccia. Il precedente sospetto di essere finito in un distretto lontano si tramuta nella paura di ritrovarsi solo in un paese completamente ignoto. La nebbia costringe Hanjin a rallentare ancora. La maggiore attenzione gli fa dimenticare il sonno, mentre sulla strada non incrocia nessun altro veicolo.
Dove diavolo…
La nebbia gli fa compagnia sino alle prime case del paese. Case buie, come buie sono le strade. Buie e deserte.
Non mi piace… E fa anche un caldo infernale… Meglio andar via… E al più presto…
Hanjin fa inversione di marcia per tornare da dove è venuto. Non sa esattamente da dove sia venuto, in realtà, ma l’importante, al momento, è andar via di lì.
Devo uscire da questo mortorio… Mi innervosisce…
Giusto il tempo di pigiare sul pedale dell’acceleratore. E alle spalle si accendono quelle luci intermittenti.
Maledizione!
Sbucata da non si sa dove, una pattuglia della polizia affianca la vettura del libraio. Una mano fa segno ad Hanjin di accostare.
Ci mancava solo questo…
Hanjin inizia a tremare. Conosce i poliziotti di campagna e sa che detestano i forestieri che passano per le loro strade, soprattutto quando lo fanno senza rispettare i segnali e i regolamenti locali.
-Scenda dalla vettura, signore.
Non ha la divisa da rendőr… Com’è possibile?
Il primo particolare notato da Hanjin è che quella indossata dall’energumeno che gli sta dinanzi non è la solita casacca dei funzionari armati del Regime.
-Mi ascolti… Mi sono perso…
-Scenda subito dalla vettura!
Il secondo particolare notato da Hanjin è che l’energumeno ha un fucile di vecchia generazione, e non un moderno Gehrung.
-Mi ascolti, rendőr, è evidente che ho perso la strada… Non so dove mi trovo e non conosco le leggi locali, per cui se ho fatto qualcosa di sbagliato…
Hanjin non fa in tempo a completare la frase, che il calcio del fucile lo raggiunge con violenza al volto. Grida, Hanjin, per lo stupore oltre che per il dolore, mentre stramazza al suolo. Riverso sul terreno, si accorge che l’energumeno sta parlando. È troppo intontito per capire tutto, ma riesce a tratti a captare qualcosa.
-Qui l’agente Tolma… servono rinforzi… Un forestiero… ha parlato di un rendőr… Probabilmente un fuggitivo…
Erano secoli che Hanjin non sentiva questa parola: “agente”.
-Tirati su! Alzati!
L’agente perquisisce il libraio.
-Hai superato il limite di velocità.
-Le giuro che non ho visto il cartello…
-Certo, i forestieri dicono tutti così. E lo ripetono in cella.
Hanjin stenta a credere a quell’ultima frase.
-In… cella?
-Scommetto che il giudice Basilias ti giudicherà colpevole.
E, nel dire ciò, l’agente Tolma requisisce la patente di Hanjin.
-Ma… cosa fa?
-Prendo la tua patente. Così sono sicuro che non tenterai di scappare.
-Ma questa è una pazzia!
Stavolta il fucile raggiunge le costole.
-L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato grave.
Mio Dio…
Hanjin è piegato in due dal dolore. Respira a fatica e gli lacrimano gli occhi.
Dove sono finito…
A un tratto si sente furioso. Non ha venduto neppur un libro. Non ha mangiato, non ha dormito e si è quasi ucciso uscendo di strada. Si è perso e non sa dove si trova. Ha la testa ammaccata e il volto tumefatto. E il respiro corto per il colpo alle costole. E per giunta è incappato in un pazzo che minaccia di rinchiuderlo in una cella. Non gli resta altra soluzione che raccogliere le ultime forze e avventarsi sull’agente Tolma.
-Lurido mudak!
Hanjin si fionda sull’energumeno che, visibilmente sorpreso, viene atterrato. E in un attimo il libraio è cavalcioni sul suo avversario. Afferra un sasso e lo solleva in alto per poi farlo cadere contro la testa pelata dell’agente. Aspetta solo di sentire il rumore dell’impatto.
-Non ci provare.
Insieme alla voce, Hanjin sente il contatto di una geweer puntata alla nuca.
-Lort!…
Il forestiero impreca mentre, arrendendosi, lascia cadere il sasso.
Insieme a Tolma c’era un secondo agente. Più basso e tarchiato del collega, se n’era rimasto in disparte. Al punto da non venire neanche notato, complice la fitta nebbia, dal forestiero.
Sempre con la pistola puntata addosso, Hanjin viene ammanettato e scaraventato nell’autopattuglia.
Mentre lampeggiano le sirene e i tre si dirigono verso il centro del paese, il forestiero rivede l’insegna di quel luogo misterioso. Un luogo non segnato sulla mappa.
Ma la mappa ha il bollo del Regime…
E, mentre sopraggiungono altre pattuglie, per la seconda volta, quella notte, Hanjin rivede la scritta:
Benvenuti a
NOVANTA
4
Nikel si è addormentata con la vecchia fotografia ancora tra le mani e le guance rigate dalle lacrime. Ha un incubo, per sua fortuna interrotto di colpo dal trambusto proveniente dalla strada. Apre le tende e vede delle pattuglie della polizia. Da una di esse scende una figura ammanettata.
Un altro forestiero inghiottito da quest’incubo di paese… Da questa prigione a vita…
Poi, ad un tratto, un faro illumina l’uomo in pieno viso. E Nikel non crede ai suoi occhi. L’uomo ha il volto tumefatto e sporco di terra, la barba ispida e un’incipiente canizie, ma è senza dubbio lui.
Mio Dio! Ma allora è vivo!
5
Il giorno del processo, Nikel siede su una panca fuori l’aula di tribunale. Conosce già il destino di Hanjin e non se la sente di assistere all’ennesima messinscena.
Intanto, all’interno dell’aula, il vecchio giudice si è schiarito la voce.
-Imputato Hanjin… è accusato di non aver rispettato i limiti di velocità, di oltraggio a pubblico ufficiale, di aggressione e di resistenza all’arresto.
-Ma sono stati loro che…
-Silenzio! Cosa vorrebbe fare? Intende forse denunciarli? Lei?! Lei che ha dichiarato di non avere famiglia, né lavoro fisso, né fissa dimora, né assicurazioni sociali! Vuole forse sfidare questa corte?
-Io… no… Certo che no…
Balbetta Hanjin mentre si avvicina al banco del giudice e, con un gesto maldestramente amichevole e certamente avventato, poggia le mani sul suo banco.
-Ma non capisco come il fatto di non aver famiglia possa costituire un’aggravante…
-Basta! Questo tribunale la dichiara colpevole di tutti i reati di cui è accusato!
Basilias batte energicamente il martello sulle mani dell’imputato, rompendogli quasi le dita. Hanjin, furioso e incredulo, lancia grida di dolore.
-E la condanno a cinque anni di lavori forzati!
Hanjn è furente. Sta per urlare qualcosa, ma il giudice non ha finito di emettere la sua condanna:
-… O, a sua scelta, a vivere in questa comunità per essere utile per almeno dieci anni!
-Ma siete tutti pazzi?! Non può dire sul serio! Questo incubo non può essere vero!
-Silenzio!
-Vostro onore, ha almeno fissato una cauzione?
-Naturalmente. La cauzione è fissata per la somma di trentamila euro. Possiede questa somma?
-Ha detto trentamila… euro? No, certo che no! Come potrei?! Gli euro non sono più in vigore da…
-A lei la scelta, dunque: cinque anni nella nostra prigione; o dieci nel nostro paese.
-Scelgo i dieci anni…
-Lo immaginavo. Imputato Hanjin, in tal caso, le verrà assegnato un impiego. La sua vettura conteneva dei libri, quindi, se lo vorrà, potrà essere impiegato nella nostra biblioteca. La corte decide inoltre che in questi dieci anni dovrà formarsi una famiglia e avere almeno due figli.
Basilias si rivolge allora a un agente, che Hanjin riconosce come quello tarchiato.
-Agente Cosco, faccia entrare la cittadina Nikel.
6
Nikel…?
Hanjin non può credere ai suoi occhi.
La ragazza si avvicina al banco. Suda. Ma, del resto, tutti sudano in questo inferno di paese. Poi, si volta verso Hanjin. E lo guarda con occhi acquosi.
Ha i capelli più corti…
Nikel è più alta, ora. E porta un caschetto rosso. Non ha più l’acconciatura di – quanto tempo è passato? – tre anni, sì, tre anni prima. Quando Hanjin portò in salvo una ragazzina durante una guerriglia scoppiata nel Distretto Blu.
Il giudice Basilias riprende a parlare, riportando Hanjin al presente:
-Cittadina Nikel, ha ormai raggiunto la maggiore età e pertanto le spetta un marito. Hanjin… Nikel… Vi dichiaro marito e moglie.
E, così dicendo, si rivolge al nuovo cittadino di Novanta:
-Può baciare la sposa. L’udienza è tolta!
7
Hanjin bacia sua moglie. Le labbra di Nikel sanno un po’ di ciliegia. Poi, quando sono finalmente soli, Hanjin chiede spiegazioni.
-Ti prego, dimmi che è tutto un brutto sogno.
-Sono tre anni che spero di svegliarmi, Hanjin. No, non è un sogno.
-E allora spiegami!
-No, Hanjin! Spiegami tu! Quella notte, la notte della guerriglia, quando i rivoluzionari tentarono di far cadere il Regime e tu mi salvasti da quel palazzo in fiamme, perché all’improvviso mi abbandonasti e corresti via? Perché non mi portasti con te fuori dal Distretto Blu?
-Perché fra i rivoluzionari c’era mia moglie. La mia vera moglie, che non ho mai più rivisto. Mi sembrò di scorgerla in lontananza, e così corsi da lei. Ma non riuscii a raggiungerla. Perdonami, Nikel. Ma forse è stato meglio così. Non sai cosa ho sofferto in questi anni. Ma dimmi di te, invece. Cos’è questo posto lontano dallo spazio e dal tempo? Perché non è segnato su nessuna mappa? Perché qui parlano la paleolingua?
-Quando sei corso via ti è caduto il portafogli. Ho visto allora i tuoi documenti, il tuo nome e la tua foto. E così sulle prime ho pensato di trovare un riparo, o un alloggio provvisorio coi tuoi soldi, ma intorno a me era l’inferno. Allora sono scappata via, mi sono nascosta, ho dormito un po’ e al risveglio ho ripreso la mia fuga. All’improvviso non ho visto più niente, ero completamente avvolta dalla nebbia. Mi si è poi avvicinato un uomo, mi ha presa per mano e mi ha condotta qui. Quell’uomo era Basilias.
-Cosa? Il giudice? Ma… allora…
-Sì, Hanjin, il giudice. È lui che ha fondato questo paese. Molti anni fa arrivò qui e vi si stabilì. Altri lo seguirono e crearono una comunità armonica e, devo ammetterlo, benestante. Alcuni, fuggiaschi come me, ritornarono ai loro Distretti, ma da allora le misure di sicurezza sono aumentate. Basilias non può permettere che si parli di questo posto altrove, o vedrebbe crollare tutto il suo paradiso. I dissidenti sono costretti a rimanere, o mandati ai lavori forzati. E, a volte, nei casi più estremi, vengono… eliminati.
-Non capisco. Possibile che non ci sia una via di fuga? Come potete sopportare di vivere in questo paese di plastica, fatto di persone di plastica coi loro sorrisi di plastica? Un paese dove i matrimoni si celebrano in tribunale?!
-Hanjin, cerca di capire! Questo posto è una prigione, è vero; ma la vita là fuori è forse migliore? Non c’è lavoro, non c’è istruzione, io stessa crebbi senza libri. Si può anzi dire che è qui che ho imparato a leggere e scrivere davvero. Anch’io vorrei un mondo migliore, un mondo vero… Lo sogno tutte le notti… Ma adesso ho te, e tu hai il tuo lavoro in biblioteca, hai una casa, una famiglia…
Nikel osserva il volto accigliato di Hanjin e tira un lungo sospiro.
-Ma tu vuoi ritrovare tua moglie, e lo capisco. Così come capisco che non mi ami. Ma devi sapere che questo paese è nato come una cellula di micro-resistenza nei confronti del Regime. Poi, un giorno, Basilias si disse che se lo scopo di combattere il Regime era quello di stabilire una comunità felice, allora tanto valeva farlo qui, e cercare di vivere in armonia in questo fazzoletto di terra.
-La pace non si può imporre col terrore. E la democrazia non si può importare, non la si può infliggere.
Hanjin si fa ancora più cupo. È triste. E arrabbiato.
-E poi non sopporto di vedere quel maledetto cartello “Benvenuti a Novanta”! Per quanto dovrò sopportarne ancora la vista?
-Oh, per questo non devi preoccuparti…
Nikel indica l’insegna. È stata riverniciata di fresco.
-Perché ora che ci sei tu, il paese ha un nuovo abitante…
Hanjin alza lo sguardo. E non crede ai suoi occhi. Quel che vede è una nuova scritta:
Benvenuti a
NOVANTUNO
Andrea Corona