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Il Seggio Vacante – J.K. Rowling

Recensione proposta da Lucia Abate

 

Nuovo inizio per la penna che da più di dieci anni ci incanta con le storie di Harry Potter, e questa volta niente realtà magiche, solo magiche realtà.

E’ con i suoi occhi di attentissima osservatrice del mondo che J.K. Rowling ha fotografato la sua nuova storia, dal titolo “Il seggio vacante” (originale: “The Casual Vacancy”). Un romanzo che in cinquecento pagine e nelle ribollenti vicende di una piccola e ideale cittadina inglese non molto distante da Londra, Pagford, vuole racchiudere le più classiche e allo stesso tempo pittoresche dinamiche del comportamento umano. Centro grazioso e apparentemente sereno, Pagford si rivela presto un coacervo di passioni, segreti e deformi visioni personali che s’intrecciano e si scontrano tra loro con mille collegamenti interni.

L’intera trama si snoda da un unico e drammatico evento principale: la morte del presidente del Consiglio locale Barry Fairbrother. Personaggio policromatico e brillantemente popolare, Barry rimarrà nella memoria di molti degli altri abitanti in diverse vesti e numerose sfumature. Lo scioccante avvenimento ha le più varie ripercussioni sugli altri “pagfordiani”: chi non vedeva in lui che uno scomodo avversario politico farà di tutto per prendere il suo posto nell’amministrazione locale, chi dovrà fare i conti con la morte dell’uomo che amava in tutta segretezza da anni, chi avrà perso improvvisamente il proprio migliore amico e il proprio saldo punto di riferimento e cercherà d’imitarlo portandone avanti le idee, e anche chi avrà lasciato l’unica figura familiare e amica, l’unico spiraglio di speranza e felicità nella propria difficile e giovane vita. Le questioni politiche si mescolano con le problematiche sociali, visualizzate innanzitutto dagli occhi stessi di una delle famiglie maggiormente coinvolte in esse, con crudo e apprezzabile realismo. Le striscianti vicende s’intersecano in complicatissime forme astratte fino a creare legami inizialmente insospettabili per il lettore. E in questo contesto, la grande capacità descrittiva dell’autrice esplode nei diversi tipi umani: c’è il mellifluo borghese Howard Mollison, grasso sessantacinquenne appassionato d’intrighi politici e pettegolezzi cittadini, e agli antipodi sua nuora Samantha, che esasperata dal provincialismo dell’ambiente, si rifugia nell’inseguimento di un’adolescenza ormai abbandonata da tempo; c’è lo strano crocevia in cui stravaganza e voglia di normalità si mescolano nella coloratissima Tessa Wall, psicologa della scuola di paese, e d’altro canto le patologie mentali di suo marito e le ribellioni idealistiche di loro figlio Ciccio, uno dei personaggi più eccentrici e variopinti del romanzo.

Lo sviluppo della storia segue un ritmo narrativo implicitamente scandito e regolare, ben presente al lettore in quanto interiorizzato e vissuto dai diversi personaggi secondo le più varie prospettive, in un puntuale scambio di visioni che tuttavia non risulta mai pedantemente meccanico. Il disagio sociale di Kristal Weedon, adolescente dal fosco passato e dal nero presente, si colloca all’interno di un’attualissima e verisimile narrazione incentrata sulla problematica del degrado sociale, tra droga, prostituzione, negligenza e incapacità di gestione delle propria misera vita: è così che i Fields, il malfamato quartiere causa di dissidi ideologici riguardo alla sua appartenenza a Pagford o al paese limitrofo, si configurano come emblema letterario di uno dei tanti casi di emarginazione delle più povere zone periferiche nelle nostre stesse città. Per questo e per il realismo con cui la Rowling dipinge molte altre sfaccettature della vita quotidiana, l’opera si fa apprezzare per la sua seria ironia: poco indulgente con la voglia di mondi fantastici cui ci aveva abituati, e anzi decisamente attenta a non risparmiarsi neanche il più trascurabile ma concreto dei dettagli, allo stesso tempo ci regala righe d’arguto e saporito umorismo, sempre perfettamente calibrato, di volta in volta, con la psicologia del personaggio ‘in esame’.

Lucia Abate

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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