
Tu del loro nulla che ne sai.
Baustelle
Il vuoto è in noi. Non è necessario produrlo. Basta trovarlo.
Roger Munier, Il meno del mondo, 1982
Regole dell’Attrazione [trasposizione cinematografica avaryata del romanzo di Bret Easton Ellis] Roger Avary frulla l’immagine come se il vortice dei frame producesse emozioni, come se lo split screen succhia-plasma facesse eco tradotto in immagine a ciò che pronuncia Sean Bateman: “sono un vampiro emotivo”.
Il pre-confezionamento del Vuoto allora viene ritratto con una coralità pop intersecata che maneggia gli immaginari in subappalto al Nulla in questo mercato di Peso umano a rendere.
Le rappresentazioni individuali e bestiali di questo inganno sono celate dalla messa in mostra della sola superficie dell’identità, sudata, gocciolante sangue. Non c’è scampo né bisogno di un perdono, non c’è rito se non il vagare caotico della pallina nel flipper urticante e festaiolo del panorama socializzato di alcool munito. Lo schermo in alcune sequenze si divide temporalmente per poi ritrovarsi spazialmente, il dado corre, lo spazio soccombe, il cinema si esalta, la patina crolla sotto le martellate di una sequenza dopo l’altra dove la materia scorticata del corpo-contenitore si materializza in party e gran dispiegamento di droghe e fluidi corporei o semplicemente rantolii in un alveare universitario [quella pre-vita che precede una vita che non sarà] di anticamere solitarie.
Ci si trova a sorridere beffardamente davanti a questo circo degli orrori, suite funeraria di chi-pensa di amare-chi e chi-chiava-chi raccordandosi con sbronze in status-on a figure genitoriali allo sfascio. E allora a Camden come a Los Angeles in questo tour in-rewind nessuno ha bisogno di nessuno. Anche il suicidio per-amore nella vasca post-scriptum è un atto solitario, un inno nel silenzio, un manuale perfetto di fraintendimento.
E poi. Solo alla fine di un tunnel senza fine scende il vero silenzio, e la neve.
Quella vera stavolta.
Rock’n roll.
William Dollace [email protected]