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Norwegian Wood – Murakami Haruki

Recensione di Marco La Terra

norwegian wood murakami haruki

I once had a girl or should I say she once had me.

She showed me her room isn’t it good Norwegian wood.

She asked me to stay and she told me to sit anywhere.

But I looked around and I noticed there wasn’t a chair.

I sat on a rug biding my time drinking her wine.

We talked until two and then she said it’s time for bed.

She told me she worked in the morning and started to laugh.

I told her I didn’t and crawled off to sleep in the bath.

Sulle note di questa canzone dei Beatles, il trentasettenne Toru, passeggero del Boeing 747 in arrivo ad Amburgo, si trova di colpo proiettato nella Tokyo degli Anni Settanta dove, poco più che adolescente, cerca di diventare uomo.

Immerso nella solitudine più completa (strana condizione, all’interno di una Tokyo caotica quale già si presentava la città in quegli anni), Toru conduce le sue giornate combattuto fra il desiderio di integrarsi con il contesto circostante e quello di rimanere fedele alla propria indole, schiva e poco avvezza al confronto con il prossimo. Questo non è l’unico dubbio che affligge Toru: al pari del giovane Holden, il protagonista si interroga su se stesso e sul significato della propria esistenza, sentendosi nel complesso inadatto a qualsiasi tipo di situazione e di persona. In effetti, ogni individuo conosciuto dal protagonista, sia esso il bizzarro Watanabe o il cinico Nagasawa, si pone in radicale discordanza di fase rispetto ai pensieri e alle emozioni del protagonista: quei pochi co – protagonisti che sembrano condividere con Toru questa sensazione di alienità rispetto alla società nella quale sono inseriti, non ne reggono il peso.

Il destino, crudele e glaciale verso chi presenta un’emotività diversa da ciò che può essere comunemente essere definito “normale”, non fa sconti: sotto questo profilo, Norwegian Wood è sicuramente fra i libri più tragici e disillusi che mi sia mai capitato di leggere ma, a differenza di romanzi autenticamente negativi, quali ad esempio Jude l’oscuro di Thomas Hardy, questo presenta ulteriori elementi, di matrice costruttiva che, pur non rendendolo un inno alla gioia, giungono a comporre, nell’insieme, un’idea piuttosto precisa e realistica dell’indefinibile rapporto intercorrente fra l’Individuo e l’Altro (persone e situazioni al di fuori dell’Io).

La ricerca di un punto di equilibrio stabile porta Toru a confrontarsi con due ragazze, Naoko e Midori, che incarnano realtà distinte ed eterogenee. A mio modo di vedere, la prima incarna una visione dell’esistenza radicalmente introspettiva e, per questo, permeata da connotati onirici poiché scissa in modo indelebile dal contesto circostante. Nessuno dei pensieri di Naoko presenta un minimo aggancio con il mondo reale e Toru, proprio per questo, ne risulta fatalmente attratto, pur nella precisa consapevolezza che una simile concezione dell’esistenza non potrà mai produrre frutti positivi, né duraturi.

Al contempo, l’animo di Toru non riesce a resistere al fascino di Midori che, parimenti aliena dal contesto circostante, lo accetta e, a seconda delle situazioni, vi si immerge il tempo necessario per assimilare ciò che le serve per rimanere coerente con se stessa, e progredire.

In buona sostanza siamo di fronte a due tipologie di comportamenti che, pur nel comune rifiuto degli aspetti più superficiali dell’ordinario vivere civile, attuano due logiche differenti per conservare l’essenza della propria persona. In maniera semi – consapevole, Naoko abbraccia un metodo di autoalimentazione esistenziale, immergendosi (e impantanandosi) in una dimensione onirica nella quale un cuore innamorato come quello di Toru può facilmente smarrirsi. Al contrario, Midori si relaziona con il contesto circostante senza pregiudizi, attraverso una forza di volontà sconosciuta sia a Naoko che allo stesso Toru: la personalità di Midori, consapevole del fatto che nessuno può salvarsi da solo, conserva intatta una luce di ottimismo che la spinge ad abbracciare la logica del compromesso, entro un processo di crescita lineare e positivo.

Ecco dunque che Toru, personaggio incapace di compiere scelte radicali, si troverà a vivere giorni, settimane e poi mesi in questo limbo, fino a quando la vita stessa lo porrà di fronte all’unico epilogo possibile:

“And when I awoke I was alone this bird had flown.

So I lit a fire isn’t it good, Norwegian wood”.

Il sogno fine a se stesso è destinato a dissolversi, lasciando nel cuore di Toru (ma, a ben guardare, non solo in quello) la sensazione di un rimpianto, amaro e inevitabile: è impossibile diventare adulti senza smarrire, lungo il cammino, petali di emozioni strozzate, incompiute o troncate di netto dalle regole che la vita impone.

Romanzo intenso e delicato, Norwegian Wood: un Murakami Haruki imperdibile. Fidatevi.

Marco La Terra

Author: Marco La Terra

Marco La Terra, classe 1977, vive il senso di alienità dell’epoca infausta in cui è recluso in modo viscerale e sofferente, cercando di rintracciare in tutto ciò che è “altro da sé” una forma spuria di logica superiore.

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