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Lo sky-line come linea di demarcazione spazio temporale

Dal nostro inviato alieno, William Dollace

architettura-corbusier-postmoderno

«La tecnica ha ampliato i confini della poesia; non ha ostruito gli orizzonti, né ucciso, né ucciso lo spazio, né imprigionato i poeti. Con la precisazione dei suoi strumenti d’indagine, essa ha dischiuso dinanzi a noi spazi fantastici, ha aperto al sogno i mondi stellari e la vertiginosa profondità della vita sulla Terra; in ogni istante, dall’avanzata della tecnica scaturiscono sogno e poesia». Le Corbusier, Maniera di pensare l’urbanistica.

“La forma segua la funzione”, Louis Sullivan vs “La forma segue il fiasco”, Peter Blake

La forma come manifesto, il manifesto come disprezzo. Se la funzione architettonica è stato l’unico elemento in grado di perdurare e contribuire alla stessa definizione di archi texture, il postmoderno irrompe in questa forma d’arte e ne fa esplodere rette spigoli e diagrammi sociologici inchinati alla funzione e allo scopo. Il disgusto dei razionalisti per il decostruttivismo ne è, banalmente una, prova. Il “gesto” come atto senza padrone né memoria irrompe allora per accartocciare e piegare la forma allo slancio, senza precedente manifesta iperstatica programmazione. Il consenso si fa popolare, muto, puramente soggiogato dall’occhio, servile come un colpo d’occhio. La scultura del gesto irrompe nello spazio e si eleva con distacco dagli allineamenti e dai posizionamenti a sud delle zone giorno dell’intelletto. La trasparenza della pelle degli edifici funzionali dove ogni funzione e spazio ad esso correlato è quasi immediatamente visibile ad uno sguardo accorto esterno è abbandonata e ricoperta di densi strati di metallo e discariche di sogni a cuneo. Archiviati i triangoli nascono monodosi di dissesti di archi a tutto sesto. La riflessione sul progetto da anteriore si catapulta a posteriore a servizio dello “spettatore-fruitore” in queste opere architettoniche come sculture a cielo aperto, cinema degli spazi, lesione delle infrastrutture della Modernità. La funzione e lo scopo allora divengono completamente asservite alla forma, all’istante, cassando ogni moto critico che non sia una critica verso tutto il modus operandi dell’intera architettura assassina di modernità.

“Fanculo il contesto!” Rem Koolhaas

Le evoluzioni volgono dal classico all’espressionismo con incursioni subitanee nello sky-line dei cieli metropolitani. Orientamento del lotto, bisogni primari e alliena-menti delle facciate esplodono in faccia alla coerenza di forme e cortine edilizie. Spaccio e Dispaccio di gesti coesistono fra le rovine storiche della tradizione. Lo scontro fra funzione e forma avviene senza mediazioni lasciando macerie sull’asfalto delle speculazioni e schiacciando il pedale dell’acceleratore sulla decontestualizzazione. Ogni manifesto di concetto è unico e univoco. Cade la padronanza di ogni impianto di pianta e il prospetto dell’edificio si scaglia come una sassata sugli edifici circostanti adombrati di rigore. L’architettura estrema piega i prospetti ne fa mostri di grazia e metallo rompendo ogni tessuto urbano circostante. E allora veramente Tutto diventa teorizzabile consacrando il caos come un’insulsaggine o come una meraviglia dell’occhio dalle prospettive antropiche. Il tessuto frammentato diventa un esploso che si conficca nel cielo estremizzando un espressionismo magico delle strutture, delle lamiere pressopiegate come passaporti per il cielo, sconfinando dogane e frontiere, guardando avanti e nel vuoto senza paracadute nell’annientamento del significato secondo i canoni precedentemente teorizzati.

Non v’è ordine o disordine.

Si tratta soltanto di assecondare il futuro.

 

William Dollace
 

 

 

Author: William Dollace

William Dollace nasce nel 1979. Collabora quale redattore con la corrente degli “Alieni Metropolitani” e UZAK, rivista trimestrale di cinematografia. Collabora quale Business Writer per BalenaLab e ha collaborato con Archivio Kubrick. Nel 2010 ha pubblicato "Delirio Cinefilo" (358 pag.) per Casini Editore - Roma, recensito da Tommaso Pincio su Rolling Stone. La rivista Carmilla On Line ha pubblicato alcuni suoi pezzi con un'introduzione di Giuseppe Genna.

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2 Comments

  1. Dalla lettura di questi brani appare una convincente idea di post-moderno. Vengono evitati tutti i concetti di estetica precedenti per condurre una battaglia in nome della frammentazione e del de-costruttivismo. Tutto ciò può far pensare ad un modello contrassegnato dal disgusto e dallo squallore, ma in realtà si dovrebbe parlare di una nuova estetica. Anche se i nuovi parametri in quanto globali sono indeterminati.

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    • Una nuova estetica per concetto sarebbe già di per sé raccapricciante, in virtù dei principi di dismissione, eppure è così, sta nascendo, senza macerie a giustificarne un senso. La frammentazione è molto più affascinante. Grazie del commento Edoardo

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