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American Horror Story

Dalla nostra inviata Aliena, Carlotta Susca

Parliamo di una serie televisiva, di cui in Italia stanno trasmettendo la seconda stagione su Fox. Il titolo sembrerebbe suggerire già tematiche, tono, aspettative: siamo tornati a La casa, mettendola in serie? E invece American Horror Story è un piccolo capolavoro di genere.

Già sigla e lettering dei titoli di testa, curatissimi, attraggono: solo la sigla di True blood regge il confronto. E se il cast può annoverare Jessica Lange, è altrove il maggior pregio della serie: nella scelta delle tematiche, nella successione delle stagioni, nella qualità di sceneggiatura, montaggio e fotografia.

La prima serie, andata in onda fra 2011 e 2012, era incentrata sul tema della maternità, fra figli illegittimi, gravidanze gemellari omozigote miste umane-spettrali e un passato con medici abortisti clandestini e una cantina piena di feti in formaldeide.

Così anche la seconda serie, le cui prime puntate sono andate in onda a partire dal 2013, indica chiaramente una polarizzazione tematica, questa volta sull’asse scienza-religione: un manicomio degli anni Sessanta è l’ambientazione scelta per i nuovi episodi. La direzione della struttura è affidata a una suora e supervisionata da un Cardinale, ma la mano operativa (letteralmente!) è quella di un ex nazista sadico e animato da interessi scientifici estremi.

La presenza di alcuni degli stessi protagonisti della prima serie crea, nella seconda, un senso di predestinazione al male, come se i personaggi fossero costretti a reincarnarsi sempre in persone senza speranza, esseri umani involontariamente abbietti, incastrati in situazioni senza via d’uscita.
Capovolto fra le due serie il rapporto passato-presente: per la casa stregata delle prime puntate era più logico che la rievocazione degli avvenimenti si innestasse su una storia ambientata ai nostri giorni, mentre la stagione ‘Asylum’ – ancora non conclusa – compie sporadiche incursioni contemporanee su una base temporalmente dislocata, come si è detto, negli anni Sessanta.

L’aspetto più postmoderno, se vogliamo – e comunque quello più interessante – di American Horror Story è la messa in discussione di ogni certezza o appiglio morale. Nessuna «grande narrazione» viene in soccorso dei personaggi, né tantomeno dello spettatore: ogni versione dei fatti è equivalente, parimenti possibile, ogni azione, per quanto abbietta, trova giustificazione. Non esiste alcun sistema di riferimenti in cui inquadrare la bontà delle motivazioni dei personaggi. Ciascuno agisce in conformità a un personalissimo sistema di valori, non c’è condanna definitiva. Il mondo è fuor di sesto.
Io l’ho sempre pensato che la verità si nasconda nelle narrazioni distorte.

Carlotta Susca

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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2 Comments

  1. sono d’accordo quasi su tutto, io ho seguito entrambe le serie in lingua originale. Per temi ho favorito la prima e per tecnica la seconda.
    Però devo farvi un appunto, vi siete scordati la sigla di Walking dead, la serie e di Se7en, stesso montatore. Poi di titoli di testa ben fatti ne ho visti diversi, anche Dexter, la serie se la cava! :)
    Se volete saperne di più su cosa ho scritto delle due serie, fate un salto sul mio blog!

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  2. Non conoscevo questa serie, mi avete incuriosito, andrò subito a cercarne qualche traccia sul tubo.
    Bel pezzo, il finale poi…completamente d’accordo.

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