invia il tuo racconto inedito

Bangkok – Lawrence Osbourne

Recensione di Mauro Tomelli

 

«Ci sono posti dove manca il concetto del recupero del passato. A Parigi tra tutti quei restauri impeccabili, mi ero sempre sentito in colpa, convinto che tutti mi vedessero per quello che ero: un essere non abbastanza perfetto. A Bangkok ciascuno è libero di andare in pezzi come crede».

 

Per capire e raccontare di certi luoghi non solo bisogna esserci stati, ma bisogna esserne stati anche ossessionati. Un’ esperienza di vita alquanto estrema, di questo tratta Bangkok di Lawrence Osbourne. Una vita trascorsa nel ventre di una città tanto bella quanto putrida come solo una città orietale sa essere. Osbourne, inglese, laurea in lingue moderne a Cambridge e in seguito studi ad Harvard, ha pubblicato i suoi scritti per il New York Times, il New Yorker e per riviste glamour come Men’s Vogue. Leggendo questa sorta di curriculum, è facile persare ad un giornalista/scrittore ligio al lavoro, metodico e discipinato nella stesura dei suoi testi, se non fosse che Bangkok, edito alcuni anni fa da Adelphi a cui va il merito di averci fatto conoscere l’opera di Osbourne, risulta essere non solo un reportage ma anche uno sguardo nell’anima inquieta e malconcia del protagonista e dei suoi amici occidentali, sulla loro caduta in un abisso dove la solitudine è la tua vera compagna di tutti i giorno. Nel corso dell’opera si delineano gli indizi che hanno portato lo scrittore alla frequentazione di questo magnifico delirio esplorativo;  questa esperienza risulta e viene giustificata dallo scrittore come un esilio volontario, e, quasi costretto dalla necessità di rimediare a quattordici carie dentali (in Occidente necessitavano di una assicurazione sanitaria improponibile da affrontare per le tasche vuote di Osbourne) il farang Lawrence affronta così la sua fuga verso quella che diventa una sorta di interzona burroghsiana in Thailandia descritta con uno stile impeccabile.

Oltre lo scrittore inglese, gli altri suoi compagni d’avventura sono: Farlo, lo scozzese che va a Bangkok in cerca perenne di clienti per il suo “resort” in Cambogia; McGinnis, inglese, bigamo ed ex venditore di condizionatori d’aria e esperitissimo della città; Brian, l’australiano di Perth che a Bangkok “ha ritrovato la giovinezza”. Tutti e tre vivono nel quartiere di Wang Lang, uno dei quartieri più malfamati della città, dove i nostri ne fanno il loro Greenwich d’Oriente.

Da qui parte il loro vagabondare, le loro esperienze, la loro ricerca di vivere Bangkok nella maniera meno occidentale possibile, facendola diventare parte delle loro esistenze. Ogni capitolo è uno spasso, una short story dietro l’altra che racconta la capitale tailandese come una sorta di girone dantesco dove il meglio che si può fare è frequentare bettole per disperati e quartieri dove il lerciume diviene bellezza. In sostanza perdersi e farsi abbracciare da essa.

Ad Osbourne va il merito di non argomentare troppo da vicino il tema che spontaneamente viene da accostare a Bangkok: il sesso. Lo scrittore sceglie di affrontare il discorso in maniera distaccata, parlandone un pò ovunque ma senza farne descrizioni troppo morbose; sarebbe stato troppo facile. Lo scrittore decide di concentrarsi squisitamente sulla città… e se c’e un libro che può essere paragonato a quest’opera questo è secondo me Marcovaldo. Come nel romanzo di Calvino, dove per mezzo di una scrittura magica si potevano sentire gli odori della fabbrica dove il protagonista andava a lavorare tutte le mattine in una Milano nebbiosa, cosi leggendo Bangkok si sente la puzza delle strade piene di spazzatura, delle bancarelle dei mercati che vendono insetti essicati e gamberetti andati a male e infine l’olezzo dei locali carichi di fumo di sigaretta e sigaro dei clienti occidentali mischiato al profumo dolciastro delle puttane che vi bazzicano. Da leggere assolutamente.

Mauro Tomelli

 

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

Share This Post On
  • Google

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *