Recensione di Raffaella Foresti
L’impresa non è facile, perché evidentemente Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è un’opera talmente classica da subire un po’ quello che accade per I promessi sposi: tutti lo conoscono, tutti l’hanno “studiato”, ma pochi l’hanno veramente letto.
Ebbene, fidatevi di me. Cercatelo nella vostra libreria. Tornate al Libraccio e ricompratevi la vostra copia, probabilmente ancora invenduta. Per una volta, vi concedo anche l’audiolibro.
Siamo a Roma in epoca di dittatura fascista. La storia è intricata. E’ un giallo, come probabilmente già saprete. Nel “Palazzo degli Ori”, al 129 di Via Merulana, avvengono un furto di gioielli e dopo pochi giorni un brutale omicidio. Ad indagare c’è il dott. Francesco Ingravallo di cui all’incipit:
Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi. Di statura media, piuttosto rotondo della persona, o forse un po’ tozzo, di capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafisici dal bel sole d’Italia, aveva un’aria un po’ assonnata, un’andatura greve e dinoccolata, un fare un po’ tonto come di persona che combatte con una laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline d’olio sul bavero, quasi impercettibili però, quasi un ricordo della collina molisana…
L’indagine di don Ciccio e lo sviluppo della trama sono funzionali all’autore per esprimere la complessità del mondo, ben rappresentata nella teoria della “molteplicità di causali” attribuita al ragionare del suo protagonista: “Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuoi dire gomitolo”.
Ma più elementi consideri, lo sappiamo bene, e più è difficile sbrogliare la matassa. L’incoerenza del reale, elemento qualificante della postmodernità, è stato anticipato da Gadda in questo romanzo in forme ricche (guarda caso) di ironia e comicità.
Che cosa vi posso dire di questo libro – mi chiedevo all’inizio – che non abbiate già letto nella vostra antologia scolastica o che non abbiate già sentito dalla voce del vostro professore di letteratura italiana?
Beh, provate a non considerarlo un mostro sacro della letteratura italiana del Novecento. Provate a vederlo come un precursore. Diffidenti? Leggete questo:“Attraverso Gadda succede che una parte del nostro mondo (il periodo storico tra le due guerre) si esprima quasi da sé, allo stato puro – fascismo e antifascismo, reazione e democrazia – nella sua contraddizione oggettiva che si fa angoscia e nevrosi nel soggetto testimone. Sicché, se per caso questo libro fosse rimasto nel cassetto dell’autore e fosse uscito fra trenta o quarant’anni, la sua attualità sarebbe stata identica, proprio perché in questo momento esso è un po’ inattuale, ma si presenta già come un valore assoluto – prodotto di un grandissimo cervello e di un cuore grandissimo – oggetto non già, idealmente, di critica militante, ma ormai di esame storiografico o di venerazione”. (Pier Paolo Pasolini in Passione e ideologia).
28 novembre 2012
Perché non passate ad altro? vi siete fissati con Gadda!
28 novembre 2012
Una volta la mese c’è uno speciale monografico. Quello di Gadda finirà venerdì.
28 novembre 2012
No, no, bravi così. Rimanete a Gadda! Un mese, un anno, anche un triennio. Anzi, vivissimi complimenti per la citazione pasoliniana. Anch’io, ragazzino, conobbi l’ingegnere grazie agli scritti di P.P.P. E, se posso aggiungerne una, il ‘Pasticciaccio’, oltre al resto, è anche il più bel giallo della storia della letteratura, almeno dopo il primo di tutti che fu l”Edipo re’ di Sofocle: la forza dello scardinamento di un genere popolare e fin troppo semplice risiede nel fatto che l’autore qui crea un perfetto whodunit, ma privandolo di finale e di colpevole, così da frustrare ulteriormente il lettore, soprattutto quello meno coltivato. Il Gaddus non è uno scrittore, è un universo!
28 novembre 2012
Finalmente, cominciavo a dubitare anche dime stesso…
28 novembre 2012
però spero concordiate che non è un autore alla portata di tutti… se leggere deve essere un divertimento, uno svago, forse non è adattissimo.
29 novembre 2012
Personalmente, nessun autore mi ha mai fatto ridere tanto quanto Gadda. Provate a leggere le parti della ‘Cognizione del dolore’ sulla ghiottoneria del protagonista, specie per il croconsuelo/gorgonzola, o tutto il racconto lungo ‘Un fulmine sul 220’, o ancora le parti del ‘Pasticciaccio’ dedicate al regime, il racconto ‘Strane storie contristano i Bertoloni’, etc. Gadda, questo è certo, non è facile come altri, ma una volta superate le prime asperità – autoeducandosi ad essere prima di tutto dei buoni lettori – il godimento che ci concede (come sempre accade per i più grandi) è senz’altro impareggiabile
3 dicembre 2012
Author here: ringrazio tutti per il dibattito ed in particolare Pee Gee Daniel per l’ultimo commento lasciato. E’ proprio vero, per rendere tutto il genio che c’è in Gadda bisognerebbe trascrivere brano per brano tutto ciò che ha prodotto!
3 dicembre 2012
Un semplicissimo accenno al ‘Pasticciaccio’, che mi ha dato, quando non pochi anni fa l’ho letto,uno dei più intensi piaceri offerti dalla letteratura.
Apprezzabile quanto giustamente sintetica la recensione di Raffaella Foresti. Non sono d’accordo con lei quando afferma che coloro che amano la narrativa, pur sostenendo di apprezzarlo, non hanno mai letto (terminato?) ‘I Promessi Sposi’). Sebbene abbia anch’io sentito dire amenità del tipo “Sai che mazzo ci hanno fatto a scuola con ‘sto ramanzo!)
Io di sicuro non faccio testo, ma il grande romanzo del Manzoni, che – da non dimenticare – ha inaugurato il “moderno” qui da noi, l’ho letto 3 (tre) volte, e oggi (strano forse?) al centro della mia passione letteraria c’è un certo David Foster Wallace.)Misteri delle lettere, che dire.
4 dicembre 2012
@anto: prendo spunto dall’ultimo commento di Enrico Brega, che ringrazio, per provare a tracciare una distinzione: una cosa è lo “svago” (che può essere più o meno intelligente a seconda dei casi, ma che comunque va benissimo, ci mancherebbe! non c’è nulla di male a leggere un libro per distrarsi e divertirsi!) altra cosa, invece, è il “diletto”. Quest’ultimo richiede un po’ più di impegno e spesso non restituisce un piacere immediatamente godibile. Ma certo, quando arriva, si presenta con maggiore intensità, persiste nel tempo e, anzichè portarci fuori da noi stessi, ci entra dentro per diventare parte di ciò che siamo. Gadda per me è questo. Non troverai mai su questo sito parole di pseudo-intellettuali che chinano il capo ad una “bibbia” già scritta. A presto
4 dicembre 2012
Ok Raffaella. Come diceva DfW nella famosa intervista rilasciata a Larry McCaffery nell’estate 1993 “…’serious’ art (…) is more apt to make you uncomfortable,or to force you to work hard to access its pleasures, the same way that in real life the pleasure is usually a by-product of hard work and discomfort.” Buon lavoro.