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L’Adalgisa

Recensione di Giorgio Michelangelo Fabbrucci

Leggere Gadda, senza essere un laureato in letteratura che abbia avuto l’obbligo, o la possibilità, di approfondirne le alchimie, è stato un sforzo titanico e spiacevole.

Definire scrittore un cesellatore, un collezionista insaziabile di rarità lessicali, un sardonico cronista di eventi cittadini, compiaciuto forse di non farsi comprendere dai più, è cosa che mi riesce assai difficile.

Impattare con l’Adalgisa (perché vi assicuro ci si sente come presi per il capo da una forza invisibile che ti schiaccia la testa contro il muro) mi ha fatto vivere il disagio provato durante le fiere, milanesi, di design.

Questi “disegni milanesi” sono come sedie di architetti sedicenti artisti; mobili sbalzati, decorati, arabescati, tanto belli all’occhio quanto scomodi ai glutei; da parte mia le sedie son fatte per sedersi ed i libri per essere letti, emozionare, far sognare o riflettere. Da questo punto di vista l’autore è stato sincero, perché la definizione di “disegni” e non di “racconti” milanesi, è assai appropriata.

Il materiale (termine che non uso a caso) archiviato in questo testo è una raccolta di scarto, nel senso buono, di romanzi mai nati. Non vi è continuità logica o temporale tra l’uno e l’altro affresco (eccezion fatta per gli ultimi due). Piuttosto una nota comune: un livoroso (almeno a parer mio) quanto ironico attacco alla borghesia meneghina, ai suoi tic, alle sue ossessioni, alle sue superstizioni e alle sue commedie quotidiane.

Il “disegno” finale, che conferisce il titolo all’opera, si concentra sulla vedova del ragionier Carlo Biandronni: l’Adalgisa.

La signora, oramai segnata dal tempo, ricorda, in una lunga confidenza (flashback) con la cognata Elsa, il suo passato. Lasciata la carriera di cantante lirica dei teatri popolari, Adalgisa riesce nella conquista del Carlo, raggiungendo così lo status di “borghese milanese”. L’intreccio di parentele, le invidie delle contendenti, le male lingue delle anziane ed i commenti miserrimi sulle vicende cittadine, sono il mondo nel quale la “cantantucola” entra a testa alta. Ricordando la sua ascesa, sprona la cognata, con mal celata invidia, a cogliere, finché possibile, le opportunità legate all’età. Un invito che nasce dall’esperienza, dato che, la nostra “canta storie”, non ha avuto modo di sfruttare il tempo. Il ragionier Biandronni infatti, reduce dalla guerra di Libia, aveva sviluppato nel corso degli anni passioni particolari: dalla cartografia, alla mineralogia, sino all’orgasmo per coleotteri e scarabei. Passioni positiviste, nobili all’epoca, che trasformarono la casa in un archivio di scartoffie e castità.

Adalgisa rappresenta la voce dell’autore, che sbeffeggia, con umorismo inglese e una narrazione barocca, il ceto dal quale egli stesso proviene: la borghesia.

Gadda, figlio di un industriale tessile e di una docente di lettere, poi preside in varie scuole lombarde, sfotte se stesso, la società che ha vissuto sulla pelle, che gli ha dato i natali.

A differenza di Pasolini, che si è tuffato negli abissi della sua capitale d’adozione per attaccare “dal basso” la borghesia, sporcandosi le mani ed il linguaggio, Gadda attacca “dall’alto”, svuotando un pitale dalla finestra sulla testa dei passanti, rimanendo in doppio petto. È l’attacco, pare a chi sta scrivendo, di un borghese che si sente più affine all’aristocrazia che non a quel mondo confuso di uomini arricchiti che, prendendo le pose di un nobile passato per acquisirne la dignità, risultarono grotteschi, se non addirittura cretini.

L’Adalgisa è stata una delle letture più sgradevoli degli ultimi mesi. Difficile, mai immediata, velata di un umorismo sacerdotale e di casta, quest’opera mi pare destinata agli archivi polverosi delle Università, più che alla gloria dei posteri.

[email protected]

Author: Giorgio Michelangelo

Giorgio Michelangelo Fabbrucci (Treviglio, 1980). Professionista del marketing e della comunicazione dal 2005. Resosi conto dell'epoca misera e balorda in cui vive, non riconoscendosi simile ai suoi simili, ha fondato gli Alieni Metropolitani... e ha iniziato a scrivere.

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17 Comments

  1. Ma, dice sul serio ?
    Mi scusi…devo ancora essere in fare rem, non ho ancora una buona cognizione di quello che mi circonda, dolori ovunque, forse una flebo di caffè… mi guardo intorno…l’indirizzo, www, gli speciali, la parola postmoderno, che mi allieta, i nomi degli autori che amo, sì, tutto mi sembra uguale, lo stesso sito che seguo da mesi…ho capito: un virus, pirati maledetti. Ancora tante scuse.

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  2. Caro “O”. Un’opinione fuori dal coro ogni tanto è anche accettabile, non crede?
    O in letteratura esistono degli assoluti incontrovertibili a cui tutti dobbiamo inginocchiarci…

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    • Caro GMF, si figuri, certo che credo. Mi aspettavo che lei rispondesse in questi termini,così come lei si aspettava di ricevere messaggi come il mio. Non sono certo uno che ‘commenta’ (quasi mai, l’ultimo risale al 2010) tutto le volte che non è d’accordo su un contenuto web, ci mancherebbe altro. Con voi (con lei) è diverso, vi conosco da pochi mesi, ma da allora siete tra i miei primi approdi mattutini, mi è sembrato naturale, quindi, interloquire/commentare con gli Alieni; e per confermarle la buona opinione che ho di voi (lei) le dirò che, a dirla tutta, non ho pensato di essere in disaccordo con
      le cose che ha scritto, anzi, ritengo che la sua sia proprio una buona recensione, quello che riesce a focalizzare in poche righe è tutto vero (non un’opinione fuori dal coro), non credo però che quegli aegomenti servano a dimostrare che L’Adalgisa sia un brutto racconto
      …eppure, ne sono quasi convinto, ho l’impressione che tutto ciò le sia noto, mentre è a me che, abboccando (piacevolmente) all’amo, mi è oscura la sua meta…mi sbaglio ?…andiamo, non se ne vorrà uscire con : ‘questione di gusti’, oppure : ‘è solo la mia opinione’ …
      Cordialmente, Giovanni.
      P.S. Non penso che esistano degli assoluti incontrovertibili…penso che esistano dei Giganti Inamovibili.

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      • Molto bella la figura del Gigante Inamovibile. In quanto tale infatti, viene difeso a priori da chiunque, soprattutto da coloro che non l’hanno letto e non l’hanno capito. Come spesso accade con le becere sculture di paese, dove la gente umile, sottostimando la propria capacità di analisi dice: “questa scultura non la capisco… ma lo saprà di certo l’artista”.

        Io l’Adalgisa penso d’averla capita. Ne ho ammirato le scelte lessicali preziose. Pur tuttavia, per come è costruita e per come si racconta al lettore, mi sembra un esercizio di pura matematica applicata alle parole. Un’alchimia da maestro artigiano, un’equazione da scienziato, più che una reale e vibrante interpretazione del mondo.
        Non vi trovo un’anima. Forse sono insensibile.

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  3. Gadda è così, prendere o lasciare. c’è chi lo ama, c’è chi lo odia. “La cognizione del dolore”, opera incompiuta dell’autore che ho da poco letto, non è da meno in quanto a rarità lessicali e assenza di immediatezza. concordo con il fatto che Gadda, a differenza di altri, attacchi la società del suo tempo dall’alto, sbeffeggiandola, seppur all’interno di una cornice stilistica ben costruita. la linea narrativa può invece apparire ostica, anche se definirla sgradevole è forse un eccesso. ad ogni modo, de gustibus non est disputandum.

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    • Ciao Antonio. L’ho definita sgradevole nel senso più fedele al termine: non l’ho gradita, non mi ha dato alcun piacere, non mi ha fatto vibrare neppure un ciglio… sinceramente, mi ha annoiato.
      Differente invece il lato “tecnico”, se così lo si vuol chiamare; la metodologia sopraffina con la quale viene articolato il concerto dell’altissimo italiano utilizzato dall’autore.
      Banalizzando in maniera brutale: un conto è avere un’ottima voce, un altro è far emozionare chi ti ascolta.

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  4. Ciao GMF,il mio nome l’hai forse conosciuto in qualche commento su altri autori e/o opere letterarie da voi trattati (comunque poco importa). Da semplice lettore quale sono dico che L’Adalgisa non sarà una pietra miliare, ma se la confrontiamo con tanta piatta produzione letteraria paesana dei nostri tempi…beh non se la cava proprio male. Anzi. C’è in quel romanzo qualcosa che ha anticipato i tempi: ha infranto certe regole del narrare ormai ossificate e in particolare rende partecipe il lettore, magari in modo frammentario,con uno svolgimento originale. Se poi può sembrare una sorta di “esercizio di pura matematica”, è ipotizzabile che l’Autore abbia portato nella scrittura un po’ della sua non trascurabile esperienza di ingegnere (non è una battuta).
    A proposito di recensioni, io sono convinto che in fondo i buoni romanzi non ne abbiano tanto bisogno. Si recensiscono semplicemente da soli, facendosi leggere. Me ne sto accorgendo in questi giorni tentando di recensire per puro svago (magari sottoporrò a voi il risultato del mio dilettantistico lavoro) il capolavoro di Cortàzar Il gioco del mondo.
    A ogno modo, la tua recensione e onesta, e ciò non è poco.
    Quanto ai commenti di O qui sopra riportati, devo dire che mi confermano ancora una volta l’esistenza di una pervicace quanto inutile attitudine di puntare in questi casi più sulla polemica che sul pacato confronto.
    Diamine, siamo o no appassionati disinteressati di letteratura? Se sì,
    scambiamoci pure le nostre opinioni, farà solo bene all’oggetto dei nostri interessi culturali/umani. Altrimenti, è meglio lasciar perdere.
    Concludo citando Jonathan Franzen : “Resistere al vuoto, leggere, scrivere”. Buon lavoro.

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    • Ciao Enrico, in effetti hai ragione… più che recensioni, dovremmo chiamarle Commenti. Ma tant’è, sono sicuro che i nostri lettori sappiano quanto in questo gruppo non sia presente alcun vanaglorioso tentativo di riscrivere la storia. Piuttosto di partecipare da protagonisti, condividendo i propri pareri. Anche se nudi, o deboli. Ritrovare tramite questi il filo di Arianna perso chissà dove, in quest’epoca frammentata.
      La meravigliosa citazione di Franzen è da scolpire nella memoria. Grazie.

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  5. Ok GMF,grazie per l’attenzione.
    Come ho già avuto occasione di dirvi, vi ho scoperto per caso. Penso proprio che continuerò a seguire te e gli altri del gruppo con interesse, e leggerò i vostri racconnti brevi/recensione confrontandoli sempre con la mia (limitata) conoscenza dello scrivere per resistere.
    Keep in touch.

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  6. Salve signor Brega, vorrei congratularmi con lei per il suo commento, benchè io faccia però fatica a comprendere in che modo, il mio, sia stato un intervento polemico. In ogni caso, vorrei, se avessi involontariamente, offeso qualcuno, fare le mie scuse.
    S’intende, qualche sbaglio (oltre a quello colposo di prima, ammesso che vi sia stato) l’avrò pure commesso(viste le reazioni), un errore di troppo, sicuro. Sarà che dò per scontate troppe cose, e il ‘mezzo telematico’ in questi casi non aiuta per niente; o, forse, sarò troppo vecchio io (e a volte prendo link per lanterne), non so; oppure, molto semplicemente, avrò sbagliato sito…mi accorgo che quì gli ‘internauti’ riescono a carpire la matematica nascosta in un racconto di un vecchio e triste (e grasso) ingegnere, ma non si accorgono di un innocuo tentativo di ironia (seppur di bassa lega) fatta da un vecchio e triste (e grasso, quasi) utente che credeva di poter riconoscere le persone dal tipo di libri che leggono… mi sbagliavo,come al solito. Saluti e ancora tante scuse.

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  7. Egregio Signor O, a scusarmi devo essere io e non Lei. Purtroppo la cibernetica viaggia più veloce del mio pensiero. Usando (forse incautamente) nei Suoi confronti il termine “polemica” avrei dovuto aggiungere “sebbene garbata e anche gradevolmente spiritosa”. Sta di fatto che malauguratamente tali parole mi sono rimaste in canna. Da qui l’equivoco di cui mi scuso ancora.
    Parlando di età, pensi un po’ che io ho due figli che più o meno da vent’anni, terminati gli studi e gli esami professionali del caso, fanno i giornalisti. Dal che Lei può dedurre che tra noi due con ogni probabilità il più vecchio sono io.
    Continuiamo dunque a goderci le nostre letture e a commentarle liberamente quando ci va di farlo. Questo sito a me piace.
    Buona serata.

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  8. Tutto bene signor Brega.
    Spero di ritrovarla presto da queste parti, magari per leggere di Cortàzar, un autore che non conosco.
    A presto.

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  9. Buon giorno signor O, mi ha fatto piacere la sua risposta. Pablo Neruda ha scritto che “Chi non ha letto Cortàza è perduto.” Da parte mia sto tentando di buttare giù una breve recensione de ‘Il gioco del mondo’, per poi sottoporla ai curatori del sito. Con quale risultato non posso saperlo.
    Spero che avremo modo di ritrovarci da queste parti.

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  10. @GMF Solo oggi sono capitata sul vostro sito per caso e l’ho trovato molto interessante. Non sono un critico letterario né un accademico, pertanto non sono in grado di fare una recensione de L’Adalgisa. Posso solo dire del mio rapporto con il libro. L’Adalgisa mi ha trasmesso un senso di aridità e di voglia di épater (certo non i borghesi 😉 ma i semplici lettori, gli amanti della letteratura.
    Non mi piace la parola “emozionare” ormai applicata alle più insignificanti performance televisiva, quindi dirò solo che il libro non ha toccato in me nessuna corda; l’ho terminato per senso del dovere e intimidita dal nome e dalla gloria dell’autore (di cui avevo letto solo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana).Ne L’Adalgisa ho trovato una costruzione intellettualistica aristocratica che sembrava dirmi “non leggermi, tanto non ho scritto per te”.
    La mia età, sicuramente la più avanzata tra di voi, mi consente di dirvi un semplice e non formale ciao, marina
    P.S. Non ho ancora letto Cortàzar ma provvederò presto.

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  11. Grazie Marina per il tuo commento. Nel tuo “non leggermi, tanto non ho scritto per te” hai riassunto un’intricata complessità di sensazioni. Spero di ritrovarti su queste pagine.

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  12. Punto di vista interessante: mi (ci?) costringe a un po’ di autocritica. Sono fra quelli che si emozionano fin quasi alle lacrime leggendo la parte finale della Cognizione: sarà supponente ammirazione del valore tecnico della lingua di Gadda? Non solo, credo; ma anche, forse.

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  13. È proprio lei, sig. Steno, che ha colto il punto, altro che supponenza.
    …deve sapere che fino a qualche anno fa, leggevo, anzi, quasi ‘recitavo’ L’Adalgisa ai miei due figli (che non avevano più di dieci anni), Provino, i signori che di sono sentiti snobbati dall Ingegnere, anche solo a leggere a voce alta, un testo che li ‘emoziona’, e poi a fare la stessa cosa con Gadda. Mi piacerebbe poi , alla fine di questo esperimento, sapere le loro impressioni.
    ….a proposito, i miei figli non capivano quasi niente, ma rimanevano lì, come rapiti, oserei dire che si divertissero, addirittura. Un saluto.

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