Recensione di Raffaella Foresti
“Che cos’è l’identità? Si chiese. Dove finisce la commedia?”
Definirei Un oscuro scrutare un romanzo shakespeariano. O pirandelliano, se preferite.
C’è la fantascienza, naturalmente. E ci sono anche misticismo, denuncia politica, e desiderio di redenzione. Ma a mio parere è l’identità il vero tema del romanzo.
Il protagonista, Bob Arctor, è un agente della narcotici che lavora sotto copertura. Letteralmente: per evitare che possa essere individuato da possibili spie all’interno della polizia, quando lavora porta una tuta “disindividuante”. Una volta indossata, non può più essere identificato, né dalla voce, né dalle impronte, e nemmeno dall’aspetto. Appare come una vaga macchia confusa, e niente più. Anche il suo nome cambia. Diventa Fred, perché quello è il nome col quale riferisce in centrale le informazioni che raccoglie.
La forza e l’intensità del romanzo raggiungono l’apice quando Fred riceve l’incarico di indagare Bob. Grazie a speciali apparecchi elettronici in grado di registrare tutti i suoi movimenti, Arctor-Fred-O-Dio-Solo-Sa-Chi-Altri-Fosse si trova nella condizione di spiare sé stesso, di vedersi in entrambi i modi: quello corretto e quello rovesciato. Così il suo scrutare diviene sempre più oscuro. L’uomo e l’attore si confondono, finché il sé diventa inconoscibile ed il suo centro irrimediabilmente perduto.
Il romanzo è straordinario non solo per come affronta la complessità dell’individuo (da notare la natura palindroma del nome Bob, e l’assonanza del cognome con la parola actor) ma anche per come essa viene contestualizzata nell’epoca contemporanea. Un senso di smarrimento che è epocale.
“Al momento, quelli del McDonald’s, a dare credito alla loro insegna, avevano venduto lo stesso hamburger originale cinquanta miliardi di volte. Si chiese se non l’avessero venduto sempre alla stessa persona. La vita ad Anaheim, California, era in sé stessa uno spot pubblicitario, ripetuto infinite volte. Uno di questi giorni, pensò, diventerà imperativo per tutti noi vendere gli hamburger Mcdonald tanto quanto comprarli; ce li venderemo l’un l’altro, avanti e indietro, per sempre, nel soggiorno. In questo modo non dovremo neppure uscire di casa”.
Ma quale fantascienza?
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26 settembre 2012
Ritratto magnifico di disgregazione dell’identità come pure l’omonimo movie di Linklater con dediche finali di Key Dick a scorrere come tracce blue alla Jarman