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La fine della strada – John Barth

Recensione di Carlotta Susca

In base a quali principi dovremmo decidere cosa è giusto fare in un dato momento? A quali schemi interpretativi affidarci per scegliere fra due alternative? Potremmo adottare le regole di sinistralità, antecedenza e priorità alfabetica, e cioè optare per la scelta più a sinistra, per quella che viene prima o, se ci dovesse essere impossibile porre le due alternative in linee orizzontali o verticali, ci leverebbe dall’imbarazzo propendere per una sequenza meramente alfabetica. Così perlomeno il Dottore consiglia di fare a Jacob Horner, antieroe, inetto, personaggio in balia degli eventi che pure, con slanci di libero arbitrio, complica la propria posizione e il percorso verso la guarigione dalla paralisi – una paralisi decisionale, ma con evidenti conseguenze fisiche.

Quello su cui John Barth ci fa riflettere mentre mette in scena un banalissimo triangolo amoroso è quanto il nostro corpo non sia che un contenitore, e che senza la capacità di prendere delle decisioni potrebbe venirci il dubbio di non esistere davvero. Se per noi, come per Jacob Horner, tutte le opinioni fossero perfettamente equivalenti, sarebbe come se non ne avessimo alcuna, e l’incapacità di prendere anche la più piccola decisione per mancanza di appigli teorici condurrebbe anche noi alla paralisi.

Eppure il lettore è portato a solidarizzare con Jake perché l’assenza di opinioni in lui non è già indifferenza o stupidità, quanto profonda compenetrazione nelle ragioni altrui.

Come uno scrittore, per rendere credibili i suoi personaggi, è costretto a calarsi nelle personalità anche del più nefando dei comprimari (ma non ci sono comprimari: ogni personaggio, ogni persona è assoluta protagonista della propria narrazione), così Jake è disposto a considerare equivalente ogni possibilità (l’astenia di Jake però si inceppa nell’incontro con Renee, completamente plasmata dal boyscout Joe Morgan, suo marito e prometeo: forse Jake è disposto a prendere posizione solo riguardo alla fastidiosa cessione di personalità a terzi. Eppure lui la cede al Dottore).

Cosa ritroviamo, nella Fine della strada, del Barth indiscusso maestro del Postmoderno? Non ci sono fuochi artificiali, ma la successione dei capitoli è strutturata in maniera da fornire le informazioni senza banalità: l’inizio della relazione clandestina fra Renee e Jake è liquidata in poche parole e non nel punto in cui la tensione narrativa l’avrebbe fatto supporre, così come l’incontro del protagonista con il ‘Dottore’ è riportato in un punto in cui riesce a sorprendere, per le informazioni che contiene.

È difficile descrivere la grande qualità di questo romanzo, perché lo stile di John Barth è limpido, perfetto, e l’architettura narrativa non lascia scampo.

P.S.: Leggere la prefazione. Leggere la prefazione! Simone Barillari ci parla delle due muse di Barth, il Mito e il Modernismo, e del tentativo barthiano di conciliarle, che sfocia nella creazione del Postmoderno (sì, è lui, insieme a Coover, Barthelme e Pynchon, a essere sempre ritenuto responsabile – colpevole? – della nascita della corrente).

 

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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2 Comments

  1. Questo è un libro bellissimo, letto e riletto e m’incanta sempre, oltre che toccarmi nel profondo.

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  2. Scusate la povertà lessicale, ma quest’opera è veramente pazzesca…un gran bel libro.

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