Recensione di Carlotta Susca
Se quando si leggono questi racconti si è portati a discutere immediatamente della motivazione di tanta crudezza, di quella che per qualcuno è gratuità, è solo perchè la scrittura di Agrimi è talmente matura da non fornire al lettore alcun appiglio per storcere il naso di fronte a ingenuità stilistiche o frasi che fanno intravedere lo scrivente affannato alla ricerca dell’espressione giusta. Pur frutto di attenta scelta e lavoro di lima, la prosa di questo libro non è viziata dall’attrito che i cattivi scrittori non riescono proprio a evitare fra testo e lettore. Un esordio che non dà l’impressione di esserlo, che non ne ha le ingenuità caratteristiche: le letture preferite dell’autore, che apprendiamo dalla nota biografica in bandella (Borges, Bukowski, Ellroy, Nove, Bellow), sono evidentemente interiorizzate e non esibite (accade spesso di pensare, leggendo dei gusti letterari di qualche scrittorucolo, che nulla abbia preso dai suoi modelli: non è questo il caso).
Ecco perché, privo dell’attrito che nasce dalla mancanza di fiducia, il lettore si interroga sui contenuti. Crudi? Gratuiti? I personaggi di Agrimi sono assolutamente credibili e realistici, sono forse solo gli esponenti più significativi di una umanità sola, disperata, costantemente alle prese con le beffe della vita. Nessun buonismo, nessuno sconto nella descrizione di quanto di più basso si può rinvenire nell’animo umano, ma non è questo che dovrebbe fare, la letteratura? Non ingentilire, non smussare, ma inasprire, appuntire. Ingrandire la fotografia della realtà fino a farne vedere i pixel, fino a sgranare l’immagine e mostrarne le porzioni normalmente tagliate, trattate, sovrascritte, sfumate.
Grandissime potenzialità future.
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Carlotta Susca
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