Recensione di Carlotta Susca
L’idea sembra questa: scrivere un libro che rappresenti l’equivalente contemporaneo del romanzo ottocentesco. E se due secoli fa una storia non poteva che concludersi con il matrimonio, oggi evidentemente un lieto fine di questo tipo è anacronistico. Ed ecco che Eugenides (Pulitzer 2003 con Middlesex) costruisce un triangolo amoroso (con ramificazioni, a dire il vero: perché Mitchell ama Madeleine, che ama Leonard, ma Lerry, amico di Mitchell, ne è anche, forse, innamorato, o quantomeno attratto), ma con l’intenzione di rivisitarlo, di reinterpretarlo. Quale potrebbe essere il lieto fine oggi (anche se il romanzo è ambientato negli anni Ottanta, evidentemente presi come inizio dei cambiamenti che caratterizzano l’attualità)?
Andiamo con ordine. Madeleine è la protagonista del libro, si laurea nel 1982 ed è appassionata di letteratura vittoriana e di romanzi d’ambientazione borghese, culminanti con il matrimonio. La sua tesi di laurea tratta proprio della trama del matrimonio, cioè dello sviluppo romanzesco fino al ‘Sì’ finale e risolutivo. Se i suoi genitori rappresentano le ultime espressioni di quella borghesia abituata a salvaguardare le apparenze al di sopra di tutto (pare di capire che sua madre Phyllida abbia convenientemente sopportato dei tradimenti coniugali), lei e sua sorella hanno interpretato bene i ruoli imposti dalla propria generazione: ribelle e conformemente anticonformista sua sorella Ally (poi sposata e addomesticata), confusa Madeleine, che, spinta da una vena romantica e mossa dal complesso della crocerossina, sposa troppo presto il suo Leonard, per poi scoprire di non riuscire a gestirne la psicosi maniaco-depressiva.
Nel frattempo Mitchell, nel suo anno sabbatico post lauream, viaggia per l’Europa e fino in India, dove si scopre inadatto al volontariato, ma rimane fedele al suo proposito ostinato di sposare, un giorno, Madeleine. Ed ecco una delle grandi mancanze del libro: la straordinaria amicizia di Mitchell (Grammaticus) e di Madeleine è, nel racconto, data per scontata, come se qualche flashback e numerose foto in un cassetto potessero soddisfare il bisogno di spiegazione del lettore, giustificando l’amore costante e solido di Mitchell per anni, indiscusso e senza cali d’intensità, sebbene mai ricambiato. Ma accettiamo pure l’assiomatico sentimento: rientra nei canoni del romanzo ottocentesco tanto ammirato dalla protagonista, e dà l’impressione che ironicamente Eugenides voglia portarci proprio lì, a un matrimonio risolutore dopo tante peripezie (e il lettore storce il naso, ma è incuriosito dall’operazione, si chiede se l’autore riuscirà a renderla meno patetica di quello che sembra), e invece un prosaico rapporto sessuale nelle ultime pagine è l’epifania per il fedele d’amore, che capisce limpidamente e senza possibili ripensamenti di aver vagheggiato per cinque anni – e mezzo mondo – un’unione utopica, e di essere ora pronto a lasciare che Madeleine occupi il suo posto nella società. La mediocre protagonista potrà iniziare, finalmente, a pensare a se stessa, confermando l’assurdità del suo amore per Leonard e la ragione dei suoi genitori: con un finale ‘Sì’ accetta, dunque, non già un matrimonio conclusivo ma l’apertura alle possibilità offertele dal mondo. Della fine di Leonard, a questo punto, sembra non importare più a nessuno, e certamente non all’autore, perché, se in uno slancio di generosità libera Madeleine dalla sua ingombrante presenza, la viziata protagonista può fingere che l’ultimo anno sia stato un errore e andare oltre.
Al di là della stereotipizzazione dei personaggi, le cui motivazioni sono assenti, il modo in cui Eugenides tenta di rappresentarli a tutto tondo è carente: i lunghi flashback non rendono il romanzo più interessante (è la Egan a decostruire magistralmente il continuum temporale, e Il tempo è un bastardo dovrebbe essere considerato attentamente da Eugenides, se intende approfondire l’uso di analessi e prolessi), e gli inserti epistolari non variano lo stile, ma riescono perfino ad appesantirlo: La trama del matrimonio risulta inutilmente lungo, ripetitivo (vedere la stessa scena da più punti di vista dovrebbe servire ad aggiungere dettagli, non a duplicarla) e, in definitiva, mal riuscito.
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[email protected] twitter@AlienimetropoliLa trama del matrimonio (Scrittori italiani e stranieri)
10 maggio 2012
Forse mal riuscito ma la recensione mi ha intrigato. Penso lo prenderò… magari vi farò sapere la mia.
18 maggio 2012
Si dice in giro che Eugenides per creare un personaggio del libro abbia preso spunto dalla personalità di David Foster Wallace … c’è un personaggio che assomiglia a DFW? Personalmente questo scrittore non mi esalta. Middlesex non mi è piaciuto, alcune pagini sono inutili invece trovai “Le vergini suicide” migliore. Vorrei leggerlo ma spero di trovarlo da qualche amico o in biblioteca, non voglio comprarlo.