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Garibaldi e qualche boccata di Pipa

Racconto Breve di Giorgio Michelangelo Fabbrucci

 

Lo chiamarono dalla redazione. Non amava rispondere al telefono. La pipa del nonno ancora fumante accanto alla tastiera. – Devi scrivere sull’Unità d’Italia. Marco è assente. Qualcosa di nuovo. Un saggio diverso, mondano, sull’Italia di oggi. Una cartella, – dissero.

Prese il cerino dalla scatoletta piccola, dai profili gialli, su cui era stampata l’immagine del Palazzo dei Normanni di Palermo. Ne estrasse uno e lo accese, tenendo il polpastrello pressato sulla testa di zolfo. Riavviò il fornello della vecchia Savinelli Roma e si domandò perché tra i tanti pennivendoli avessero disturbato lui, che collaborava di rado, che viveva isolato a metà strada tra il Naviglio e l’autostrada per Genova, che scriveva senza capirne il perché, ora  mai stanco perfino della sua stessa firma.

Alla prima boccata di pipa il gatto strizzò gli occhi, infastidito. Glielo aveva portato da Napoli un gattaro dall’alito fetido e dal cuore grande, qualche anno prima. Si era fatto quasi tutta la penisola in treno, nascosto nel cesso, con la gabbietta sulle gambe, – perché starai bene lassù, – diceva alla bestiola tra le linee di metallo, dimenticando che a Milano scarseggiavano le lische.

– Che cavolo scrivo? – si domandò alzandosi, deciso a versare qualche croccantino nella ciotola sporca. Poco dopo, forse preso da qualche antico consiglio carpito distrattamente da un foglio ingiallito, decise di distrarsi, di leggere qualche riga, – forse mi darà l’ispirazione, – pensò.
Prese tra le mani il piccolo libro di un amico barese, conosciuto su internet, che glielo aveva spedito con una bella dedica in terza pagina, qualche giorno prima. Cominciò a leggere, con l’avidità di chi cerchi una risposta. Raggiunse quasi la metà del bel racconto sullo scrittore smemorato e voltando lo sguardo all’orologio, la lancetta insolente lo avvisò che il tempo fuggiva lesto e che doveva affrettarsi.

– Fanculo – pensò. Un crampo alla pancia lo ispirò alla forchetta. Aprì il frigo e ne estrasse un vasetto di induja, regalata alla sua compagna dall’anziana vicina, fervente devota di San Francesco di Paola. Poi prese il pane toscano, lo pose sulla griglia e una volta caldo lo coprì con il piccante impasto. Masticando si immaginò scomparsi galeoni di legno scuro, dalle vele di lino grezzo, gremiti di anfore e bauli e spezie, in rotta verso Pisa, oppure Genova o forse Venezia. Al secondo morso udì persino gli ordini. Ruggivano nei diversi dialetti, compresi a malapena dalle ciurme miste, figlie di madri bastarde, tutte bagnate nello stesso piccolo mare.

– Neppure un’idea. Cosa mi ci vuole per una maledettissima idea! Ora chiamo Marco -. Il redattore rispose, quasi trafelato, in un sottofondo denso di musica battente. Si trovava a Torino e chiedeva scusa al collega, – ma le occasioni capitano poche volte nella vita, e questa tipa non me la voglio perdere -. Lei era di Aosta, ma studiava architettura nel capoluogo Piemontese e l’aveva conosciuta in Sardegna, in quella discoteca dove i rampolli molli di mezzo stivale erano soliti farsi belli nella calura di agosto.

Riaccese la pipa, mischiando il tabacco vecchio a quello nuovo e profumato. In quel sapore commisto di legna arsa, vaniglia e saliva oleosa vi si riscontrava. Non ne sapeva il perché, o forse non ci pensava affatto, ma in quel tabacco c’era un ché di vero, di genuino, di ardimentoso, come se la purezza, in fondo, altro non fosse che un’illusione, una stolta finzione truffaldina.
Con il bocchino stretto in bocca si spalmò sul sofà, immaginando Garibaldi seduto al suo fianco, con un sigaro Toscano ammezzato stretto tra i denti, le labbra serrate.

Non si dissero nulla lui e Giuseppe, perché forse non vi era più nulla da dire, o da scrivere. Fumarono in pace, sorridendo, guardando il fumo infrangersi come onda di stagno sulle travi stinte del soffitto.
Prese il cellulare e scrisse in redazione: “L’Italia è fatta” ed ogni altra parola sarebbe stata sprecata.

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Author: Giorgio Michelangelo

Giorgio Michelangelo Fabbrucci (Treviglio, 1980). Professionista del marketing e della comunicazione dal 2005. Resosi conto dell'epoca misera e balorda in cui vive, non riconoscendosi simile ai suoi simili, ha fondato gli Alieni Metropolitani... e ha iniziato a scrivere.

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2 Comments

  1. Da amante del tabacco, nostalgico del Risorgimento e ammiratore dell’immenso Giuseppe ho davvero apprezzato questo racconto: l’aver evocato immagini, odori e sapori, avvolti in una nuvola di fumo è stata un’ottima idea, consentendo una precisa contestualizzazione scenografica. Bravo Giorgio!

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