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Lettere a Nessuno – Antonio Moresco

Per lo Speciale Antonio Moresco, Marco La Terra

 

“Lettere a nessuno” rappresenta l’opera di uno scrittore geniale, dove la genialità non risiede solamente nella forza e nell’originalità che trasudano dallo stile moreschiano quanto, a mio avviso, nell’aver fatto della Letteratura (il maiuscolo è voluto) la propria ragione di vita, l’unico ideale universale da sostenere ed affermare, costi quel che costi.

D’impatto, questa peculiarità è ciò che impressiona maggiormente il lettore: l’opera si apre con una serie di lettere, articolate secondo stili e registri differenti, indirizzate a vari esponenti del mondo intellettuale nelle quali, principalmente (ma non solo), emerge quest’amore incondizionato per la Letteratura, un sentimento puro e durissimo come un diamante, che non s’arresta di fronte ai reiterati dinieghi di pubblicazione che Moresco riceve.

Il complesso sentimento che quest’immobilismo situazionale ingenera nell’Autore, nel corso di numerosi anni, funge da passepartout per accedere alla sua sfera più intima e fragile.

In tutta onestà, vi confesserò di essermi imbattuto assai raramente in un testo così personale come “Lettere a nessuno”: pur non conoscendolo direttamente, in breve il lettore si troverà a familiarizzare con Moresco, inizierà ad osservarlo come si osserva un amico che si conosce da tempo e, una volta compreso quel suo senso di tragica frustrazione frammisto ad una determinazione incrollabile, non potrà fare altro che ammirarlo.

“Lettere a nessuno” non è solo questo, comunque.

All’interno di un intimistico epistolario, lungo quasi un trentennio, emerge un vero e proprio affresco storico della realtà italiana moderna, visto con gli occhi di un intellettuale – scrittore che osserva, assorbe, rielabora e dipinge. Dipinge e scrive al servizio del lettore per offrirgli occhi nuovi con cui guardare, consapevolmente e criticamente, una realtà che, per forza di cose, non può soddisfarlo.

Sul piano stilistico, ci troviamo in una dimensione distante anni luce da opere quali “Gli incendiati” o “I canti del caos”, dove il genio creativo dell’Autore esplode, con tecniche ed esiti più o meno condivisibili, recidendo quasi completamente ogni legame con il concetto tradizionale di “realtà”: nelle Lettere, il registro narrativo rimane ‘ordinario’ (per quanto questo termine non renda giustizia all’intrinseca originalità dell’Autore).

Per quel che concerne l’effettivo gradimento del lettore nei riguardi di un’opera talmente particolare come Lettere a nessuno, sarò sincero nel dirvi che il risultato complessivo potrebbe non piacere: nella mia bocca, il sapore che quest’opera ha lasciato è agrodolce, un che di irrisolto, imploso, inespresso.

Mi spiego.

Entrare “a gamba tesa” su questioni intime, riguardanti un uomo che non conosco personalmente, mi suscita sempre una certa impressione: a costo di banalizzare il tutto, la sensazione che il testo ha lasciato dentro di me è un misto di perplessità e disagio (fermi restando gli aspetti positivi evidenziati sin qui). La sensazione di perplessità dipende dal fatto che, a mio avviso, Lettere a nessuno non ‘esplode’ verso mete tangibili e reali ma, gradualmente, implode su se stesso, non conducendo la poetica moreschiana verso un qualcosa che trascenda dall’Autore stesso.

Il disagio è figlio della perplessità, a conti fatti: il contesto eccessivamente intimistico che viene a crearsi rende il lettore ‘prigioniero’ dell’umore dell’Autore e della peculiare situazione in cui lo stesso vive. Non so, una volta compreso il quadro generale e assimilato il lirismo narrativo dell’Autore, ci si trova all’interno di corridoi angusti e a fondo chiuso che impediscono qualsiasi forma di evasione: verrebbe voglia di ‘aprire le finestre’ e far entrare un po’ d’aria fresca, ma non è possibile.

Forse, data la caratura di Moresco, mi sarei aspettato esiti ulteriori rispetto alla pur fondamentale “professione di fede” nei riguardi della Letteratura: qualcosa di più tangibile e meglio spendibile nei confronti del lettore che, a conti fatti, non riesce a trattenere nulla per sé che lo arricchisca davvero.

Ecco perché, a conti fatti, pur con tutti i meriti dell’opera, soprattutto sotto il profilo idealistico e della sua indubbia funzionalità storica, e l’indiscutibile genialità di Antonio Moresco, consiglio di approcciare Lettere a nessuno dopo essersi “impratichiti” con altre opere dello stesso autore (soprattutto Gli esordi, I canti del caos e Gli incendiati, meglio reperibili sul mercato): una loro lettura prodromica, attenta e meditata, è pressoché inevitabile e necessaria.

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Author: Marco La Terra

Marco La Terra, classe 1977, vive il senso di alienità dell’epoca infausta in cui è recluso in modo viscerale e sofferente, cercando di rintracciare in tutto ciò che è “altro da sé” una forma spuria di logica superiore.

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