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Per lo Speciale Antonio Moresco Giorgio Michelagelo Fabbrucci

Ho incontrato Antonio Moresco con “Gli Incendiati” e non penso lo leggerò più.

Non crediate che questo abbandono, confessato pubblicamente su queste pagine, sia dovuto allo stile dell’autore. Tutt’altro. Gli Incendiati è una perla di stile: un capolavoro da questo punto di vista. Rappresenta in modo prodigioso quanto sia possibile fare con la nostra bella lingua, quante emozioni sia possibile trasmettere, tanto nel bene, quanto nel male.

Pare, leggendo Moresco, che egli scriva con le dita: mi sembra di vederlo, con quel suo volto e quel suo corpo francescano, vergare il foglio in corsivo direttamente con il polpastrello, nel quale vi è un piccolo foro, da cui fuoriesce inchiostro.

Eppure, se da un lato abbiamo questo prodigio stilistico, dall’altro non ravvedo nulla di grande o di nuovo, ne’ per ciò che concerne la trama ne’ tanto meno per ciò che concerne la poetica dell’autore.

“Gli incendiati” è un incubo d’amore messo in prosa. La storia di un uomo che ha deciso di abbandonare l’umanità, che odia e disprezza il consesso umano e che, per ragioni a noi sconosciute, decide di andare a passare l’estate in una riviera affollata, dal mare oleoso, in uno di quegli alberghi fitti di persone e di puzza di crema solare. Poi un incendio sulla costa costringe l’uomo a fuggire, insieme al resto della massa informe dei bagnanti. In questa occasione, tra le fiamme, incontra una donna bellissima, dall’accento slavo, dai denti d’oro che, come una novella Lilith, lo prende per mano e chiede lui : “vuoi bruciare con me?”.
L’uomo ritrova il senso alla vita e inizia ad inseguire l’Amore. L’amore per questa donna dai denti d’oro che compare e svanisce come un incubo bellissimo. In questa ricerca di Lei, l’uomo scoprirà la vera natura della sua amata. E’ una schiava, il cui ruolo è quello di masticare il cibo per un pappone russo, tiranno di una società orgiastica e drogata, il quale non vuole utilizzare la sua mandibola per nutrirsi.
Con questa donna, a metà strada tra un demone, una bond girl e una puttana, il nostro protagonista si troverà a ricoprire i panni del guerrigliero. Insieme  uccideranno tutti, per poi essere uccisi a loro volta, e poi, nel mondo della Morte, nell’al di là, combattere ancora, uccidere ancora: morti contro vivi.
Una specie di “From Dawn to Dusk” di Tarantino, in cui l’ossessione per la carnalità e per le perversioni più oscene, è però il tratto più marcato e ridondante del testo.

Quando si scrive un sogno, o un incubo, forse tutto è concesso. Eppure a me non basta la descrizione di un tema onirico, per giustificare una trama che non ha alcun tipo di senso. Mi si potrà ribattere che il non senso della nostra epoca è riflesso in questo racconto, che le perversioni della società consumistica sono portate all’accesso per nauseare il lettore, per prenderlo a pugni nello stomaco al fine di farlo riflettere.
Scusatemi, ma tutto ciò è a parer mio falso. Siamo lontani anni luce dal non sense di Beckett, o di Joyce; così come dalla genialità grottesca di Caroll.
Cito grandi autori senza vergogna perché di Moresco spesso si parla come l’unico vero scrittore italiano vivente, come il genio letterario nazionale al confine tra due millenni. Beh, non ci credo.
Moresco è un grande scrittore poiché ha uno stile invidiabile e vive la letteratura sulla pelle, nella carne; e di questo, se vorrete leggerlo, ve ne accorgerete. Nondimeno, da Pasolini in poi, a tanta oscenità si è già abituato il pubblico, e non penso che una seconda proposta in tal senso sia utile a nessuno.
In altre parole, se per essere il più grande autore vivente è necessario scrivere di buchi di culo devastati, ragazzine violentate da vecchi maiali, parlare di vomito e di sperma… forse ho proprio sbagliato epoca.

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[email protected] / twitter@Alienimetropoli