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Gli Esordi – Antonio Moresco

Per lo Speciale Antonio Moresco, Cristò Chiapparino

Penso che “Gli esordi” di Antonio Moresco (prima Feltrinelli 1998 poi Mondadori 2011) sia un romanzo di deformazione. Anzi, per essere più preciso, penso che sia più giusto dire che si tratta di tre romanzi di deformazione raccolti sotto un unico titolo che ne sottolinea l’aspetto deformante.
Il sostantivo “esordio”, se riferito (com’è nel romanzo di Moresco) a un’unica persona, sembra non poter ammettere il plurale (non in senso grammaticale, ovvio): si esordisce una volta sola sia che vada bene, sia che vada male. La sensazione comune è che, una volta scelta la propria strada, si esordisca per poterla percorrere fino in fondo. Non a caso lo schema del romanzo di formazione è uno dei più praticati tanto dai romanzieri quanto dagli sceneggiatori che, spesso, sembrano individuare nel disegno di crescita del protagonista quello più universale della società quando non, addirittura, del genere umano: l’ontogenesi che ricapitola la filogenesi. Non mi pare che questo schema possa ammettere il continuo ritorno all’inizio necessario per rendere plurale il sostantivo “esordio” a meno che lo schema stesso non venga messo in discussione e che la formazione non diventi deformazione. Le seicento pagine di Moresco (poco meno di seicento nella versione edita da Feltrinelli) operano, appunto, questa trasformazione con la voce di un io narrante che non si perde nella casa stregata (come Ambrose, personaggio e alter ego di John Barth che si perde parallelamente al perdersi dell’autore stesso nella narrazione) ma che è egli stesso la casa stregata in cui il lettore è invitato a perdersi. Immediatamente, già dall’incipit, sicuramente uno dei più belli di tutta la letteratura italiana («Io invece mi trovavo a mio agio in quel silenzio.»), il lettore è costretto a guardarsi attorno e a chiedersi “Cosa sarà successo durante la mia assenza? Dove sono finito?” (non a caso queste due domande sono i titoli di altrettanti capitoli della prima e della seconda parte del romanzo) e poi, più avanti, “Che sia questa la Grazia? C’era bisogno di fare tutto questo caos?” (altri due titoli di capitoli della prima e della terza parte). È bene precisare subito che Antonio Moresco non dà mai risposte, non indica la strada d’uscita dalla casa stregata in cui il lettore si è immediatamente perso e non promette neanche che esista una vera e propria uscita dal suo labirinto di specchi deformanti. Così non rimane altro che fidarsi di lui (e bastano poche pagine per essere alla sua mercè, per non avere dubbi) e godersi lo spettacolo. Sì, perché Gli esordi è uno spettacolo senza pari, una giostra da cui non vorresti scendere mai più, una fantasmagorica invenzione in grado di scavarti nel profondo, di scovare i singoli granelli di polvere di diamante incastonati nei tuoi recessi mentali, piccole verità preziose, velenose (Antonio Moresco fa microchirurgia a mani nude). La deformazione di Moresco, quel suo ingabbiarti nel protagonista, la sua integralista scelta di un io non narrante è un sonoro schiaffo in faccia a molti narratori nostrani, una rivoluzione copernicana della scrittura che non tutti siamo pronti ad accogliere. (Sì, lo so, suona altezzoso). Eppure chi legge Gli esordi di Antonio Moresco non ne esce indenne in nessun caso. Leggetelo – vi prego – se non lo avete ancora letto.

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Cristò

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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