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“Niente affatto” sorrisi.
“Soames”, ordinò, come se parlasse a un sottoposto, ma senza voltare la testa “rimettete dritti quei coltelli”.
Dopo aver rivolto al mio amico un gesto imperioso ” il signor Soames ” dissi energicamente al Diavolo “è un diabolista cattolico”. Ma il mio povero amico obbedì alla ingiunzione del Diavolo, non alla mia; poi, mentre il suo padrone gli teneva di nuovo gli occhi fissi addosso, si alzo e mi passò davanti ciabattando. Cercai di parlare, ma fu lui a battermi sul tempo.
“Cercate” fu la preghiera che mi rivolse, mentre il Diavolo lo spingeva di malagrazia oltre la porta.
“Cercate di far capire agli altri che io sono esistito”.
Un attimo dopo anch’io avevo varcato quella soglia. Guardai da ogni parte: a destra, a sinistra, di fronte, con la massima attenzione. C’era il chiarore della luna e quello dei lampioni, ma non si vedeva traccia né di Soames né dell’altro.
Rimasi per qualche istante immobile, sbalordito. Poi, sempre sbalordito, rientrai nel minuscolo locale, e credo di aver pagato a Berthe o a Rose il mio pranzo e la mia cena e quelli di Soames; lo spero almeno, non sono più tornato al Vingtième. Anzi, da quella sera ho sempre evitato Greek Street. E per anni non ho più messo piede nemmeno in Soho Square, perché fu proprio là che quella stessa notte passeggiai avanti e indietro e indugiai a lungo, con la sciocca speranza di chi non vuole allontanarsi da un luogo dove ha perduto qualcosa… “Torno torno alla piazza silenziosa e buia; “il verso continuò a echeggiarmi alla mente, nella mia veglia solitaria, e con esso tutta la strofa, e mi faceva sentire quanto tragicamente diversa dalla felice scena immaginata da lui era la vera esperienza del poeta, con quel principe nel quale, fra tutti i principi, non dovremmo mai riporre la nostra fiducia.
Ma (strano come la mente di un saggista, per quanto profondamente impressionata, agisca per conto suo!) ricordo di essermi fermato davanti a una porta e di aver pensato che forse era proprio” quella sulla quale il giovane de Quincey si era abbandonato, malato e debole, mentre la povera Ann volava” con tutta la velocità che i suoi piedi le permettevano, a Oxford Street, la ” matrigna dal cuore di pietra dell’uno e dell’altra ” e tornava con quel ” bicchiere di porto speziato ” senza il quale, forse, come egli credeva, sarebbe morto davvero. Era proprio la stessa soglia che il vecchio de Quincey soleva visitare in atto di omaggio? Meditai sulla sorte di Ann, sulla ragione della sua improvvisa scomparsa dalla vita dell’amico, e subito mi pentii di aver permesso che il passato soverchiasse il presente. Povero Soames, ormai scomparso!
E, anche per ciò che mi riguardava, cominciai a sentirmi turbato. Che cosa dovevo fare? Ci sarebbe stato un trambusto… Misteriosa scomparsa di un autore… con tutto quello che segue? Le ultime volte che era stato visto aveva cenato e pranzato in mia compagnia. Non era opportuno che prendessi subito una vettura e mi facessi portare dritto a Scotland Yard? Mi avrebbero giudicato pazzo. Dopo tutto, pensai, Londra era una città molto grande, e una figura poco nota poteva scomparirne senza che nessuno se ne accorgesse, specie in quel periodo, nella luce accecante dell’ormai imminente Giubileo. Meglio non dir nulla pensai.
E non mi sbagliai. La scomparsa di Soames non fece rumore alcuno. Venne completamente dimenticato, prima ancora che, a quanto ne so, qualcuno si accorgesse che non era più in circolazione. Può darsi che ogni tanto un poeta o un prosatore dicesse a un collega : ” Che cosa è successo di quel Soames? ” ma nessuno mi ha mai rivolto una domanda del genere. Forse l’avvocato che gli pagava la rendita avrà fatto ricerche, ma tali ricerche, ammesso che ci siano state, non ebbero mai la più piccola eco. C’era qualcosa di fantasmagorico nella generale trascuratezza del fatto che Soames fosse mai esistito, e più di una volta mi sono sorpreso a chiedermi se Nupton, questo ragazzino non ancora nato, non avrebbe avuto ragione a considerarlo un’ invenzione del mio cervello.
Nel passo del repellente libro di Nupton c’è forse un punto che vi avrà lasciato dubbiosi. Come mai l’autore, per quanto abbia citato il suo nome e abbia riportato le esatte parole che scriverà, non arriverà a afferrare l’ovvio corollario che non ho inventato niente? La risposta non può essere che una : Nupton non leggerà mai l’ultima parte di questa memoria. Una simile mancanza di precisione rappresenta un grosso difetto in chi si accinge a intraprendere un lavoro erudito. E spero che queste parole capitino sotto gli occhi di un contemporaneo e rivale di Nupton e significhino per Nupton la rovina.
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Una novella di Henry Maximilian BeerbohmSi Conclude Sabato 17 marzo