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Crash – James G. Ballard

Recensione di Emanuele Mannocci

Ho sfasciato la mia prima utilitaria in un cappottamento in solitaria. Quella notte urtando, ruotando, mi sono svegliato dal sonno e dall’indifferenza moraviana. “Esperienza di quasi vita” la chiama Tyler Durden, ritorno dalla morte del sentimento la definiva James Ballard.

Nei panorami tecnologici l’individuo diviene accessorio funzionale, nella metropoli ogni suo movimento è misurato, ogni sua azione calcolata, ogni strada prevista. Solo nell’incidente, nell’imprevisto, nello sbando adrenalinico che ne segue, vi è il risveglio dall’assopimento della vita assistita e certificata. Poiché il cittadino è oramai sinonimo e simbionte di città – ne sfrega il corpo, ne aiuta la crescita, ne ripulisce i denti – all’uomo-automobile la sola via di fuga pare lo schianto sulle costruzioni, a tutta velocità, emulando i famigerati campioni dell’autodistruzione pubblica.

Numerose sono state le prove pre-schianto effettuate da Ballard: il breve capitolo “Crash” nell’opera “La mostra delle atrocità”; una mostra di rottami d’autovetture nel New Arts Laboratory di Londra nel ’69; un documentario scritto, narrato e interpretato dall’autore stesso nel ’70; solo nel ’73 viene dato alle stampe il romanzo, posteriore di un decennio ad opere seminali come “Green disaster ten times” o “Red car crash”, dove Andy Warhol condannando le drammatizzazioni pubbliche di drammi privati, replicati times and times again, ne anticipa la ricerca frenetica di eccitazione, sia distrazione dall’inerzia produttivo-consumatrice sia prodotto stesso per il teleutente finale.

È dentro questo tecno-paesaggio, fuori dalle TV e dall’impotenza casalinga, che l’automobile corre sulla mitraglia, su viadotti, superstrade, e come protesi ultima dell’uomo moderno, oltre a definirne il successo economico, ne potenzia la carica erotico-sessuale, alfine soddisfatta solo nel connubio uomo-macchinario/carne-acciaio, in un gioco ove più si è prossimi alla distruzione più si esiste appieno. Un gioco di eccessi, di uomini dalle movenze meccaniche, di macchine dagli attributi umani, in cui bypassare la noia, non tagliando novelli orifizi secondo pratiche sadistiche, ma ridisegnando zone erogene tramite lesioni da impatto frontale auto inflitto.

Se ieri “Crash” voleva essere il primo romanzo pornografico a sfondo tecnologico, oggi mostra come dopo lo schianto del sogno americano, sfondato il parabrezza neoliberista, stiamo atterrando di faccia – o quel che resta – sull’asfalto della via, ansimando di piacere.

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Per altre recensioni sulle opere di Ballard, clicca qui!

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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