Recensione di Giorgio Michelangelo Fabbrucci
Americana è la storia di un viaggio verso i confini più estremi del proprio animo, dei propri intimi obiettivi; oppure è la storia di una fuga da tutto ciò che in un momento di chiarezza, quasi di illuminazione, diviene fasullo ed inutile. E’ anche la descrizione puntuale di quella tensione verso la libertà, che nella vita di alcuni uomini, prende improvvisamente il sopravvento sulla quotidianità, trasformandola in passato remoto.
Perché avevamo vent’anni e cominciavamo a capire che l’invincibilità non esiste. Volevamo radunare quel po’ che ci restava di coraggio e speranza, e confinarlo in un sogno. La bellezza era troppo difficile e la verità in Occidente era morta insieme al Grande Capo Cavallo Pazzo; ci attendeva una vita di piccole sconfitte.
Delillo organizza questo suo esordio (Americana è il primo libro dell’autore, stampato per la prima volta nel 1971) in tre parti ben distinte, muovendo il suo protagonista David Bell dalla metropoli di New York ai confini delle piccole città abbandonate dell’ovest, facendolo passare attraverso una profonda introspezione e analisi del proprio Io.
Ventottenne in carriera, manager di un network televisivo, dal futuro già segnato sulla strada del successo, David incarna perfettamente l’archetipo del giovane benestante americano di quegli anni. A differenza dell’Anthony Patch di Fitzgerald (Belli e Dannati), pur condividendone il livello economico, David Bell è un ragazzo attivo e grintoso, profondamente ironico e divertente.
Nella prima parte del testo lo sguardo di David sulla società è profondo e indagatore, capace di cogliere con lucidità dissacrante le piccole e grandi follie dell’ambiente lavorativo al quale partecipa, nonché la varia umanità che vi gira attorno.
Un mondo che l’autore, qui sì talis et qualis a Fitzgerald, dipinge come di marzapane: dolce, divertente, stucchevole, in fondo inutile.
Nella seconda parte, poco più di un centinaio di pagine, il nostro protagonista ripercorre il suo passato, come se, ci fa capire l’autore, fosse un passaggio indispensabile per poter raccogliere le dovute energie, nonché il coraggio, per agire. E quindi il ricordo del primo incontro con la sua amata, le ragioni del matrimonio, il trasferimento a New York, la noia nell’amore, il tradimento, e ancora la noia. Ricordi, scritti con una prosa colta ma assolutamente fluida, in cui Delillo tratteggia una società ancora una volta decadente, così presa dall’inseguire i propri sogni di successo da essersi dimenticata quali siano le ragioni vere delle felicità. In queste pagine l’allora giovane autore ha dato, a mio parere, il meglio di se; non solo per ciò che concerne lo stile, ma anche se non soprattutto, per la capacità di cogliere e di descrivere i pensieri e i turbamenti dell’animo. Una capacità che nelle opere successive sarà poi la prassi ma che in questo romanzo è forse più semplice, genuina, immediata.
Qualsiasi film vedessimo era invariabilmente un grande capolavoro.Merry ne parlava per due giorni, poi lo dimenticava per il resto della vita.Non avevamo tempo per ricordare niente, perché c’era sempre qualcosa di nuovo e straordinario in arrivo: un altro film, un altro bar o ristorante, un negozio di abbigliamento per uomo, una boutique, una stazione sciistica, una casa in riva al mare, un gruppo rock.
Poi arriva il viaggio. Un viaggio per che per molti versi ha sapore On The Road, ma che poi trasfigura nella volontà di inseguire un nuovo sogno. David, con la scusa di girare un cortometraggio su alcune riserve di nativi americani per la propria televisione, riesce a raggiungere alcuni punti sperduti dell’ovest. Li trova le ragioni per girare alcuni video avanguardisti. Video a inquadratura fissa, spesso racconti autobiografici, a volte scenette pasoliniane con giovanotti della strada. Un obiettivo diretto ai margini, in primissimo piano su alcune anime dimenticate, per scoprire forse le ragioni di un fallimento umano collettivo.
Lo consiglio a tutti coloro che si domandano le ragioni profonde del loro alzarsi alle 7:00 tutte le mattine. Lo consiglio a chi ha una dannata voglia di fuggire. Lo consiglio a coloro che, come il sottoscritto, abbiano il desiderio di leggere qualcosa di reale.
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11 febbraio 2012
Beh, mi avete convinto! Lo leggerò. Anche se chiedersi le ragioni profonde per cui ci si alza tutte le mattine alle 7.00 beh… può essere alquanto destabilizzante. Grazie per la segnalazione. stella
9 settembre 2012
Per leggere un libro di DeLillo occorre prima imparare a leggere DeLillo, e sarebbe sempre meglio leggerselo in originale, perché spesso le traduzioni italiane sono pessime e si perdono tutti i fraseggi quasi jazzati della sua prosa. Ora, Americana va letto come se si stesse guardando un film di Godard che imita Altman. La prima e la seconda parte sono interlocutorie: ci dicono chi è David Bell, un giovane aspirante intellettuale che lavora con pseudo intellettuali di mezza età e con un vero intellettuale anziano e ci dicono che David Bell non sa più chi è. Nel mondo deformato dalla macchina da presa, in un mondo che ha spostato il potere dalla parola all’immagine, in un mondo in cui la menzogna ha un valore filosofico (si veda pp. 58 e ss. nell’edizione originale), l’unico modo per scoprire la realtà è andarla a cercare diventando quella macchina da presa che la trasfigura riprendendola.
4 agosto 2014
OK l0 rileggo!!!