Dai racconti di Ilaria Bonfanti
- René Magritte – Gli Amanti (1928)
-Voi siete matti; io un Capodanno senza mica me lo faccio!-
-Lo so J. Solo che il ragazzo da cui compriamo di solito non ne ha. È periodo di magrissima-
-Non m’importa ragazzi, dai proviamo a fare qualche chiamata cazzo-
J. era nel suo appartamento in centro; uno di quegli appartamenti da bravo ragazzo: ecco, forse, non troppo bravo, non troppo ragazzo ma, insomma, ci siamo capiti. Coi tempi che corrono J. era decisamente un bravo ragazzo. Ciò non toglie che, senza, non riusciva a stare.
-J. Stai attento però, sta diventando una dipendenza vera e propria- gli ripetevano i ragazzi ultimamente- passi la ragazza che ti ha lasciato, passi il licenziamento. Passi l’inverno e il freddo, passi quell’amico che ti delude, però ecco, non ti abbiamo mai visto così J. Datti una calmata-
La fregatura arriva quando non ti fermi più a guardare il tramonto.
J. se ne stava seduto sul divano in soggiorno, la tv accesa (ma chi la guardava più?). Sudava freddo. Non aveva immaginato potesse finire così velocemente e, soprattutto, che nessuno ne avesse da vendere.
Tra quanto sarebbe arrivata la tachicardia?
Dannato tramonto. Ripensare a lei era un attimo. A quando lo chiamava, subito dopo essere uscita da casa sua: “J. esci in terrazzo, stasera c’è un tramonto stupendo!”.
Chissà se lei lo sapeva che lui non si era mai alzato dal divano.
Il silenzio è una brutta bestia quando non riesci a gestire nemmeno te stesso. Per questo la tv, lo stereo acceso, quell’andirivieni di gente inutile che passava per casa sua.
Lei era bravissima a gestire il silenzio; sembrava quasi ci ascoltasse una sinfonia da tanto si faceva cullare, in quell’assenza così piena.
Lei se n’era andata.
Lui, come al solito, non aveva fatto nulla per trattenerla.
Ora se ne stava lì, nel bel mezzo di una dipendenza alla quale lei lo aveva portato.
-Cazzo che stronza-
Prese il cellulare.
-Ehi J. quanto tempo! Come stai?-
-Non riesco a farne a meno. È stato il tuo modo di farmela pagare vero? Ora basta però, ti prego. Come ne esco?-
– ah ah..sei diventato un drogato è? Mi spiace J. non è più affar mio, ci siamo lasciati-
– No. Tu mi hai mollato; e comunque dimmi solo come uscirne. O dove trovare qualcuno che ne venda un po’. Qui è in casino. Nemmeno i ragazzi mi vogliono più aiutare-
-Non chiamarmi più J.-
-Ti prego. Ho la tachicardia, mandami qualcuno che mi venda quella roba-
-Te lo ripeto per l’ultima volta, cancella il mio numero J., lasciami in pace. Ciao-
Lui provò a ripensare a quando tutto era iniziato, a quando lei gli parlò di quel tizio che vendeva illusioni.
Il buio lo terrorizzava, la realtà a cui cercava di sfuggire era l’unica cosa che gli era rimasta.
Sembrava che più nessuno in città vendesse sogni a buon mercato.
Si alzò dal divano e uscì sul terrazzo.
-Cosa c’è ancora? Ti ho detto di non chiamarmi più-
-è che fuori c’è un tramonto stupendo.-
–Addio J.-
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