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Infinite Jest – David Foster Wallace

Recensione di Carlotta Susca

Attenzione, questa recensione non sarà nemmeno lontanamente esaustiva. Il libro di cui si parla è un’opera mondo. È una enciclopedia del tempo presente, e la si può leggere da tanti punti di vista e a diversi livelli di profondità.

Un’idea generale sul testo: due poli narrativi principali, l’accademia di tennis E.T.A. (Enfield Tennis Academy) e la casa di recupero per alcolizzati e drogati Ennet House. Due personaggi principali (se siamo costretti, pistola alla tempia, a individuarne due): Hal Incandenza, genio tennistico e talento grammaticale, e Don Gately, ex alcolizzato, reduce da una rapina finita male. Un filo conduttore: la ricerca della cartuccia di intrattenimento contenente il film ‘Infinite jest’ girato dal padre di Hal, James (o ‘Lui in persona’, o ‘La cicogna matta’). La cartuccia è cercata dagli Assassini sulla sedia a rotelle, canadesi quebechiani separatisti che la vogliono usare come arma letale, dato che chi la guarda è invogliato a continuare a guardarla fino alla morte. Il tempo del testo è scandito da una serie di anni sponsorizzati, e la maggior parte degli eventi si svolge nell’Anno del Pannolone per Adulti Depend (A.P.A.D.).

Un approfondimento: Wallace aveva concepito il libro con la struttura del Triangolo di Sierpinsky, un frattale, e tracce dell’originaria struttura, diluitasi nell’editing, si possono rintracciare nei racconti di secondo livello, che sono quelli da cui apprendiamo la storia dell’ONAN, entità geografica che comprende Canada, Messico e Stati Uniti (qui lo stemma a opera di un internauta), e dell’ascesa al potere del ‘cantante confidenziale’ Gentle. Che il titolo del libro sia una citazione dall’Amleto è risaputo («Ahi, povero Yorick. L’ho conosciuto, Orazio, un uomo d’un brio inesauribile (a fellow of infinite jest), d’una fantasia senza pari»), e leggendo il libro si scopre una casa di produzione cinematografica chiamata ‘Poor Yorick’. Perché la casa di produzione? Perché James Incandenza era un regista ‘anticonfluenziale’, e nella lunga nota 24 il lettore potrà conoscere la sua filmografia (amerete la nota 24). Perché James ‘era’? Perché al tempo del racconto si è suicidato infilando la testa in un forno a microonde (e Hal si chiederà come sia stato possibile far partire il forno senza chiuderne lo sportello).

So che le informazioni fornite sono disordinate, ma, l’avevo detto, questo libro è molteplice, sfaccettato, e se ne potrebbero scrivere decine di recensioni tutte profondamente diverse fra loro, eppure Infinite jest è un’opera unitaria meravigliosamente congegnata. La sua forma narrativa è quella del nastro di Moebius, e infatti le vicende di Hal e Don si svolgono apparentemente parallele ma si incontrano in un periodo temporale solo accennato alla fine e all’inizio del romanzo (e questo tassello diegetico è come la centesima stanza della Vita, istruzioni per l’uso di Perec: apparentemente mancante).

Dopo La scopa del sistema, il secondo romanzo di Wallace è più maturo, più complesso, ma non meno divertente, e vi confluiscono le riflessioni di altri racconti, soprattutto di Tennis, trigonometria tornado (in Tennis, tv, trigonometria tornado e altre cose divertenti che non farò mai più), quelle di Caro vecchio neon (in Oblio): la complessità del pensiero automatico e la necessità di non pensare (per non farsi esplodere la testa), l’impossibilità della comunicazione fra esseri umani e, ancora, lo stordimento dell’intrattenimento e la consapevolezza (che tanta importanza avrebbe avuto nel Re pallido): insomma, come dichiarato in una intervista a Zadie Smith, Wallace ci dice ciò che sappiamo già ma non sappiamo di sapere, e con lui la letteratura serve davvero a sentirci meno soli.

Importante: a chi dice che il Postmoderno è morto e che Wallace ne faceva parte consiglio di vedere l’intervista in cui lui spiega di voler essere incluso nel gruppo di scrittori che utilizzano artifici letterari postmoderni al servizio di tematiche old-fashioned: sicché il Postmoderno è vivo e vegeto, è mutato, ed è al servizio della pregnanza.

Leggete Infinite jest, ma attenti: dà dipendenza.

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Carlotta Susca
[email protected]

Queste e altre riflessioni su Wallace sono contenute nel libro di prossima pubblicazione per Stilo Editrice David Foster Wallace. Perdersi nella Casa Stregata della scrittura (sottotitolo provvisorio).

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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10 Comments

  1. Bella recensione. ora aspettiamo il libro :-). Grazie. r

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  2. Wallace ci dice ciò che sappiamo già ma non sappiamo di sapere, e con lui la letteratura serve davvero a sentirci meno soli
    È ciò che ho sempre pensato – e anche scritto da qualche parte – senza aver letto l’intervista di Zadie Smith. È questo che dovrebbero capire quelli che rabbrividiscono all’idea di affrontare libri così lunghi e apparentemente contorti come quelli di DFW. In realtà sono testi di inarrivabile lucidità e chiarezza.
    Buona la recensione ma, come del resto preannunciato, troppo breve, troppo limitata. Direi “trattenuta”, e di superficie. Concordo del resto sul fatto che parlare di un libro così fa tremare i polsi. Su IJ potrei ascoltare e leggere per giorni/mesi/anni senza mai dover dire “basta”, perché ogni frase, ogni flash sono spunti verso l’autoconsapevolezza. Ho 60 anni suonati e ho letto davvero tanto, ma è IJ il libro che mi ha cambiato la vita. E mi chiedo sempre com’era la stesura iniziale prima che l’editore imponesse tagli tali da dimezzarne praticamente il numero di pagine. Tutto quel materiale scartato è un tesoro prezioso che forse non leggeremo mai (salvo non escludibili operazioni commerciali di riesumazione, si intende).
    Intanto aspetto il vostro libro con il massimo interesse. Non fateci smaniare troppo…

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  3. Personalmente l’ho trovato un polpettone illeggibile.

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    • delle 2 l’una:A-polpettone illegibile=schifezza=chissà quanto è strano chi riesce a leggerlo(specie detto da uno che legge robe piu complicate)B-è un opinione(ah allora se è un opinione,va bene,è logico dire quello che si vuole…ydbtwebbuipub(cosa ho scritto?non serve leggerlo correttamente,è un punto di vista PERSONALE).e comunque,secondo me,polpettone illegibile resta un offesa(ma leggi cosi tanta roba impegnata che non sei riuscito a scrivere “non mi è piaciuto per lo stile””ho avuto da leggere roba piu complicata””la filosofia di fondo l’av evo gia letta da qualche altra parte(roba sicuramente spaccameningi)”.

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  4. illeggibile può essere considerato anche un complimento, a volte, perché indica una sorta di difficoltà non alla portata di tutti. Polpettone no, direi Infinte jest non può essere definito tale.

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  5. Francamente ho letto opere anche piu complesse, e sono da parecchi anni un lettore assai forte: il termine ‘illeggibile’ stava ad indicare il fatto che, a mio avviso, quest’opera non si fa leggere con semplicità. In molte parti mi è risultata ripetitiva e ridondante, dunque inutile. Quanto al termine ‘polpettone’ ho espresso soltanto il mio punto di vista, rafforzato dall’avverbio ‘personalmente’.
    Prima di definire un’opera ‘non alla portata’ di lettori che non si conoscono forse si dovrebbe ponderare di piu ciò che si ha intenzione di dire, onde evitare di offendere gratuitamente. Grazie.

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  6. lungi da me offendere. Mi scuso se l’ho fatto

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  7. Boh sto leggendo questo libro qui con me in Birmania. Ho portato un libro cosi grosso perche i tempi di attesa in questo paese possono essere molto lunghi…continuo a leggerlo solo perche non ho altro con me, altrimenti lo avrei gia’ mollato….trovo delle parti del libro assolutamente geniali, altre parti completamente inutili e a tratti irritanti…finora (sono a pagina 370) non sono ruscito a trovare ancora un motivo er definire questo libro un capolavoro…e nn e’ per il discorso della difficolta’…Il dono di Nabokov e’ un libro per molti versi noioso, ma a mio giudizio bellissimo…..questo libro e’ a molti tratti noioso e a tratti molto bello…

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  8. Rendere la vita difficile a chi sta comodo e far stare comodo chi si trova in condizioni difficili. Non è un mio commento sulla recensione di Infinite Jest, ci vuole ben altro. Si tratta soltanto di un punto cardinale della filosofia letteraria di DFW. Che, per come la vedo io, funziona se la si traduce in poche parole (mie), tipo “Il lettore non può soltanto divertirsi, ma deve impegnarsi duramente per cercare di capire come vanno le cose in questo ‘shitty word’ (queste ultime, sì, sono parole di DFW) e scovare qualcosa per cui valga la pena di vivere rapporti genuini con gli altri esseri umani.
    Vale la pena di leggere l’intervista rilasciata da questo grandissimo scrittore a Larry McCaffery.

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  9. Scusate. Sbaglio spesso nel cliccare: le parole di DFW sono “shitty world”.

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