Tweet

Tornai a riempirgli il bicchiere, più volte, e sempre, con un gesto meccanico, egli lo vuotò; ma il vino non fece sprizzare in lui la più piccola scintilla di iniziativa. Non mangiò, e anch’io mi limitai a buttare giù qualche boccone. Nel mio intimo, ero convinto che, per quanto facesse, non sarebbe mai riuscito a salvarsi. La caccia sarebbe stata rapida, la cattura certa. Ma qualunque cosa sarebbe stata meglio di quell’attesa rassegnata, passiva, vile. Dissi a Soames che, per l’onore della razza umana, avrebbe dovuto far sfoggio di un minimo di resistenza. Mi chiese che cosa la razza umana aveva mai fatto per lui. ” E poi” disse ” non capite che sono in suo potere? Avete visto che mi ha toccato, vero? Ormai e fatta. Non ho più volontà. Sono segnato. “

Abbozzai un gesto di disperazione. Continuò a ripetere la parola * segnato ‘. Cominciai a rendermi conto che il vino gli aveva ottenebrato il cervello. E non c’era da stupirsi. Era andato digiuno verso il futuro, ed era ancora digiuno. Lo pregai di mangiare almeno un po’ di pane. C’era da impazzire all’idea che, pur avendo tante cose da dire, non potesse dire niente. ” Come è andata laggiù? ” domandai. “Avanti! Raccontatemi le vostre avventure. “

” Rappresentiamo un elzeviro di primissimo ordine, vero “

” Mi spiace moltissimo per voi, Soames, e sono pronto a scusarvi in ogni modo possibile e immaginabile; ma che diritto avete di insinuare che voglia ricavarne un elzeviro per usare le vostre stesse parole? “

II poveraccio si strinse la fronte fra le mani. ” Non so ” disse. ” Avevo qualche motivo, lo ammetto… Cercherò di ricordare. “

” Cosi va meglio. Cercate di ricordare tutto. Mangiate un boccone di pane. Com’era la sala di lettura?”

” Più o meno come sempre ” mormorò alla fine.

” C’era molta gente? “

” Come al solito. “

“: Che aspetto avevano? “

Soames si sforzò di rivederli ” Tutti ” rammentò dopo qualche istante “si somigliavano molto. ” Il mio cervello fece una capriola paurosa. ” Tutti vestiti in Jaeger? “

” Si, mi pare. Una stoffa di un grigio giallastro. ” ” Una specie di uniforme? > Annui. ” Con un numero, forse? Un numero su un grosso disco di metallo cucito alla manica sinistra? DKF 78.910… o simili?” Era proprio cosi.

” No, no certo. Ma…”

” Mi guardavano con tanto d’occhi, posso confessarvelo. Ho suscitato molta attenzione da parte loro. ” In questo almeno era riuscito. ” Credo di averli spaventati. Si scostavano, se solo mi avvicinavo. Quando mi muovevo, mi seguivano a debita distanza. Quelli che stavano al tavolo rotondo, al centro della sala, sembravano abbandonarsi al panico ogni volta che mi avvicinavo per rivolgere una qualche domanda.

” Che cosa avete fatto, quando siete entrato?” Aveva puntato dritto al catalogo, naturalmente… ai volumi della S, e era rimasto a lungo davanti al SN-SOF, incapace di togliere il volume dallo scaffale perché il cuore gli batteva forte, terribilmente forte… Da principio, disse, non si era sentito deluso… aveva pensato soltanto che l’ordinamento doveva essere stato cambiato. Era andato al tavolo del centro e aveva chiesto dove era il catalogo dei libri del ventesimo secolo. Gli avevano risposto che il catalogo era ancora unico. Aveva cercato di nuovo il proprio nome, aveva guardato di nuovo Ì tre cartellini che conosceva cosi bene. Poi si era scostato, si era messo a sedere, era rimasto a lungo immobile…

” Poi ” continuò, con voce cantilenante “: ho cercato nel ‘ Dizionario Biografico Nazionale ‘ e in qualche enciclopedia… Sono tornato al tavolo di centro e ho chiesto quale fosse il miglior libro moderno sulla letteratura della fine del secolo decimonono. Mi hanno detto che l’opera migliore in questo campo era considerata quella di T. K. Nupton. L’ho cercata nel catalogo e ho compilato la scheda, mi hanno portato il volume. Nell’indice il mio nome non e’ era, ma… Si!” continuò, cambiando improvvisamente tono. ” Ecco che cosa avevo dimenticato! dov’è quel foglio di carta? Restituitemelo. “

Avevo dimenticato anch’io quella specie di scarabocchio. Lo recuperai da terra, dove era caduto, e glie lo passai.

Lo apri e lo lisciò, annuendo e sorridendomi in maniera niente affatto simpatica. ” Mi è capitato di sfogliare il libro di Nupton ” riassume. ” Una lettura niente affatto facile. Una specie di grafia fonetica. Tutti i libri moderni che ho visto avevano una grafia fonetica. “

” Allora non voglio saperne di più, Soames, se non vi spiace. “

“I nomi propri però erano scritti all’antica. In caso contrario, non sarei forse riuscito a trovare il mio nome. “

“II vostro nome? Davvero?! Soames, sono molto contento!”

” E il vostro.”

” No! “

” Ho pensato che vi avrei trovato qui stasera. Per questo, mi sono preso la briga di copiare il brano, leggetelo. “

Gli strappai di mano il foglio. La calligrafia di Soames era confusa, precisamente come ci si poteva aspettare da lui. Questo, assieme alla ortografia insolita e alla mia eccitazione, mi rese più difficile l’esatta comprensione di ciò che T. K. Nupton intendeva dire.

Ho davanti a me, ora, in questo momento, quel foglio. Strano come le parole che copio e traduco per voi qui ora siano state copiate per me dal povero Soames di qui a settantotto anni, per la precisione.

Dalla pag. 234 della “Letteratura Inglese 1890-1900 ” di T. K Nupton, Edizione di Stato, 1992.

” Per esempio, uno scrittore di quell’epoca, un certo Max Beerbohm, che era ancora vivo nel ventesimo secolo, ha scritto un racconto nel quale faceva il ritratto di un individuo immaginario, un certo ‘ Enoch Soames ‘, un poeta di quarto ordine che si crede un grande genio e fa un patto con il Diavolo per sapere che cosa i posteri penseranno di lui. Si tratta di una satira piuttosto complicata ma non priva di valore, perché mostra quanto sul serio si prendevano i giovani intorno al milleottocentonovanta. Ora la professione del letterato è stata organizzata come un ufficio dei servizi pubblici, i nostri scrittori hanno trovato il loro equilibrio, hanno imparato a fare il loro dovere senza pensare al domani. ‘ II lavoratore vale il suo stipendio,’ e questo è tutto. Grazie al cielo, oggi non esistono fra noi tipi come Enoch Soames. “

Mi resi conto che, ripetendo le parole a alta voce (un accorgimento, questo, che raccomando al lettore) riuscivo, a poco a poco, a dominarle. Ma, più chiare mi diventavano, maggiori erano il mio sbalordimento, la mia angoscia, il mio orrore. Era una specie di incubo. In distanza, l’immenso, cupo sfondo di ciò che si preparava per la povera e cara arte delle lettere; e li al mio tavolo, fissi su di me due occhi che mi mettevano semplicemente a fuoco, il poveretto che… che evidentemente… ma no: per quanto potessi degradarmi negli anni a venire, non mi sarei mai certo ridotto a un grado di brutalità da…

___

Una novella di Henry Maximilian Beerbohm
Continua Lunedì 6 febbraio 2012

Print Friendly

Post to Twitter Post to Facebook Post to Google Buzz Send Gmail Post to LinkedIn Post to MySpace