invia il tuo racconto inedito

PHILIP ROTH – EVERYMAN

una recensione di Marco La Terra

Everyman” (2007), romanzo breve e a tinte fosche dell’immenso Philip Roth, narra una storia che si è già conclusa, una vita già vissuta e ormai recisa.

Avvertenza: consiglio vivamente di accostarsi alla lettura di quest’opera con una dose smodata di ottimismo. Ne avrete bisogno.

Clicca sulla copertina per raggiungere la scheda libro sul portale Einaudi

Tanto per cominciare, l’incipit è ambientato in un cimitero, durante un funerale: un uomo senza nome è appena morto, e i parenti più stretti sono lì a ricordarlo, officiandone le esequie. Il contesto, già lugubre di suo, assume ulteriori contorni negativi quando l’Autore, con un realismo più che crudele, indaga gli effettivi pensieri che ingombrano le menti di chi, per convenzione o legame di sangue, dovrebbe ricordare con affetto e dolore sinceri la morte del protagonista.

Non è così, purtroppo o per fortuna: i due figli maschi sembrano essersi liberati di un peso, manifestando in maniera nemmeno troppo larvata un rancore di lunga data. Delle tre ex mogli, soltanto una è davvero presente, corpo e anima, per ricordare con trasporto e devozione l’uomo che ha amato. Il fratello maggiore del defunto, Howie, è sinceramente addolorato ma, suo malgrado, non può fare a meno di ammettere la netta incompatibilità caratteriale da sempre intercorsa fra loro. Incompatibilità che Howie ha sempre vissuto come qualcosa di naturale, per certi versi inevitabile, non così il morto. Non pensate che il defunto fosse una persona integerrima, in vita, un raro esempio di rigore morale: la realtà è un po’ diversa. Da vivo, l’uomo ha commesso molti errori, collezionando mogli, figli di primo e secondo letto e giungendo a covare, oramai anziano, un’invidia, feroce e meschina, nei confronti del fratello.

Chiuso il sipario sul funerale, il defunto torna in vita, ricordato da una serie di flash esistenziali, cronologicamente sparpagliati lungo l’arco di settantatre anni: un uomo normale, come ce ne sono tanti (Everyman, appunto), con pregi e difetti a caratterizzare un percorso che, superati i trent’anni, viene aggredito dall’eterna domanda: Incontri terrificanti con la fine? Ho trentaquattro anni! Comincia a preoccuparti dell’oblio, diceva tra sé e sé, quando ne avrai settantacinque! Il futuro remoto sarà il momento giusto per affiggersi pensando alla catastrofe finale!”.

Questo suggerimento pieno di buon senso non verrà ascoltato.

Da quel momento, a cadenze irregolari, l’ansia e la paura dell’oblìo invaderanno con sempre maggiore violenza la mente e l’inconscio dell’uomo che, debilitato da una salute sempre più precaria, perderà gradualmente i tratti più belli della mortalità, siano essi la voglia di amare o il desiderio di coltivare una passione. Prosciugato dall’angosciosa paura della morte, vissuta come una lotta già persa in partenza e per questo, nei suoi ultimi anni di vita, vuoto, impalpabile, intriso di sentimenti negativi e disperati.

Le tristi emozioni di un vinto.

Per certi versi, l’idea dell’essere umano coinvolto in una lotta impari, dall’esito scontato, dominante all’interno di questo romanzo, mi ha ricordato Il vecchio e il mare di Hemingway, dove l’anziano pescatore, Santiago, instaura una strenua battaglia con gli elementi del mare, dunque con la Natura, uscendone sconfitto. Tuttavia, in quel contesto, con estrema dignità.

Il Mare, come la Morte del resto, altro non sono se non espressione delle forze naturali, che l’uomo può solo rispettare, senza poterle domare: chiunque ci provi è destinato a pagarne le conseguenze. Altro esempio emblematico, che abbraccia il rapporto Uomo – Natura in entrambi i momenti (ossia “volontà di sopraffazione – tacita sottomissione) è dato dal vecchio marinaio nella ballata “The Rhyme of the Ancient Mariner” di Samuel Taylor Coleridge, dove la volontà di lottare è esemplificata dall’uccisione dell’Albatros, simbolo dell’intrinseca benevolenza delle forze naturali.

L’uomo non è schiavo, ma autonomo e indipendente grazie al libero arbitrio; questo vuole esprimere il vecchio marinaio, con il suo gesto estremo.

È proprio vero?

Dopo quell’improvvida uccisione dell’Albatros solo morte e desolazione, episodi di cannibalismo, un graduale e inesorabile abbruttimento dell’essere umano, fino al sincero e totale pentimento: una resa incondizionata, senza attenuanti.

Negli esempi ora fatti, i protagonisti lottano contro l’ineluttabilità della Morte: per usare un gergo pugilistico, Santiago e il vecchio marinaio vincono qualche round, pur essendo destinati a soccombere, prima o poi. Il protagonista di Everyman, a differenza loro, non incassa vittorie parziali, non lotta: a lungo andare, diventa groggy, un pugile suonato.

Certo, si potrebbe pensare, cosa cambia fra le due tipologie di atteggiamento, se l’epilogo è comunque scontato? Per come la vedo io, la passione e l’assoluta dedizione per i propri ideali, la dignità e l’amore, per quanto terreno, non possono considerarsi un semplice onore delle armi, con cui potersi consolare.

Questa è la mia idea e ho l’ardire di pensare che sia anche quella di Roth, sotto le pieghe oscure di questo romanzo: un’attenta lettura dello stesso consente infatti di ritagliare uno spazio significativo nei riguardi del fratello maggiore del defunto, Howie. Questi ha settantasette anni, una salute di ferro ed è sempre stato un lavoratore brillante e infaticabile, mai dimentico degli affetti familiari: il classico stereotipo americano alla JFK, potrebbero pensare i maligni.

Io preferisco una lettura dal profilo più ampio: a mio avviso, Howie è il vero eroe del romanzo, un vincitore in pectore, nonostante la sconfitta che, inesorabilmente, aspetta pure lui alla fine della pista. Howie lascia il segno, nella sua dignità e nella propria encomiabile coerenza, perché non si preoccupa della destinazione verso cui il suo viaggio conduce.

Al pari del corridore, che corre per passione, o dello Scrittore, che scrive perché questo gli piace fare, l’uomo è veramente Uomo nel momento in cui decide di vivere perché gli piace vivere.

Un romanzo denso ed istruttivo. Profondo. Filosofico.

Vivamente consigliato.

___

[email protected]

 

Author: Marco La Terra

Marco La Terra, classe 1977, vive il senso di alienità dell’epoca infausta in cui è recluso in modo viscerale e sofferente, cercando di rintracciare in tutto ciò che è “altro da sé” una forma spuria di logica superiore.

Share This Post On
  • Google

2 Comments

  1. devo dire che Roth è un autore che non mi ha mai intrigato, ma dopo aver letto questo commento credo che…..mi cimenterò nella lettura del libro.
    Grazie

    Post a Reply
  2. Credo che “Everyman” sia un buon modo per approcciare Roth: il testo ha dei contenuti impegnativi, a tratti angoscianti, ma è breve, quindi consente di prendere confidenza con la sua prosa e, nel caso, di affrontare opere piu corpose.
    Grazie a te.

    Post a Reply

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *