Un racconto di Ilaria Bonfanti
“Zia me la racconti una storia?”
“Certo Nicolò”.
Un piccolo cerbiatto e un panda poliglotta si studiavano con attenzione; si guardavano da lontano.
Era necessaria una certa distanza: un panda e un cerbiatto non possono passare del tempo insieme. Da che mondo e mondo non si è mai vista una cosa del genere;
eppure
eppure Lui pensava che quello sguardo era in grado di fargli perdere la direzione, eppure Lei sapeva che le sue parole le acceleravano il battito.
In quello spazio che li separava: un sacco di discorsi, frasi come macigni che si interponevano tra i loro occhi: complicazioni, inattuabilità, dolore e superficialità. No, non era proprio possibile.
Lei scrutava Lui nascosta da un’insolente giovinezza, Lui la studiava coprendosi con una coperta di eloquenza;
eppure
eppure Lei si colorava di rosso imbarazzo appena i loro sguardi si incrociavano, eppure Lui perdeva il filo del discorso dopo un suo sorriso. Ma no, non era proprio possibile.
Poi una sera gli occhi di cerbiatto tesero una mano a quel panda senza grasso, dalle dita esili e nervose; il panda decise che forse a volte bisogna seguire un’emozione, per quanto sia fugace, per quanto sia tutto tranne che la cosa giusta da fare.
“non credevo saresti venuto”
eppure,
eppure Lui era lì.
In un mondo parallelo un panda e un cerbiatto iniziarono a vivere qualcosa, qualcosa che non cercava una definizione perché di definizioni è già pieno il mondo, ma non il loro. Il loro mondo profumava di evasione e valicava i limiti di una moralità che accozzava con le sensazioni più belle.
Sapevano, quanto c’era di sbagliato. Speravano, che tutto quello che c’era di sbagliato non sarebbe entrato nel loro mondo. Ignoravano come sarebbe andata a finire, o forse, evitavano di pensarci perché volevano che le paranoie rimanessero chiuse fuori dal loro mondo; queste, se ne stavano lì dietro la porta a fare a gara a chi fosse la più potente, alzavano il tono della voce per farsi sentire
eppure
eppure il gracile cerbiatto e il panda con le jordan pareva non udissero quel baccano là fuori.
Lei spesso stava in silenzio;
Lui si chiedeva cosa stesse pensando.
Lei sorrideva per togliergli ogni preoccupazione.
Lui la cullava con le parole.
Lui che sapeva che un giorno avrebbe dovuto dirle parole diverse.
Lei che era consapevole dell’esistenza di qualcosa di troppo importante nella vita di Lui, al di là di quel mondo magico che durava solo qualche ora ma che li faceva stare bene
eppure
eppure non si era mai visto che un panda cercasse un’altra via e ci trovasse un cerbiatto
o che un cerbiatto si perdesse e ritrovasse un panda.
o entrambe le cose.
quanti gusti?
2
“tu cosa vuoi?” chiese il panda al cerbiatto
“mm…frutta..lampone e..ecco, direi mela verde. coppetta però. Sì coppetta.”
decisamente cono. per il panda un gelato non era un gelato senza la cialda.
“e tu che gusti prendi?”
“per me pistacchio; pistacchio e cioccolato. Cono ovviamente”.
Sorridevano: sorridevano per il gelato, per quello che ci stava dietro, davanti e attorno. Sorridevano in quel presente adrenalinico privo di ogni futuro.
Un panda e un cerbiatto si guardavano mentre fuori li circondava il mondo vero.
Il cerbiatto avrebbe voluto fosse tutto diverso ma, se fosse stato diverso, starebbe sorridendo?
Il panda avrebbe desiderato non aver ceduto a nessuna tentazione ma, se non si fosse arreso a quegli occhi, starebbe sorridendo?
Un panda e un cerbiatto avevano deciso di smettere di cibarsi di sensi di colpa, almeno fino a quando il gelato non fosse finito.
Il piccolo Nicolò ascoltava rapito la storia all’interno della storia e niente sembrava concludersi mai al di là dello steccato del paese senza inizio né fine, senza accessi e senza uscite senza nulla all’infuori di quella principessa sul ciglio della vita che della vita ancora non aveva capito cosa farne ma che era così brava a raccontare le storie.
“e poi? Poi cosa succede dopo che finiscono il gelato? Dai zia racconta!”
Il panda con la barba e il cerbiatto dalle ciglia lunghe erano sempre più in bilico su un filo incandescente cercando di non far sciogliere quel gelato; ma non era facile.
Il mondo remava contro un panda ed un cerbiatto troppo sprovveduti per una realtà di pescecani. Il panda e il cerbiatto ne sapevano poco di sopravvivenza subacquea.
Un cerbiatto fatica a non essere sconsolato quando un panda malinconico piange lacrime di rabbia verso un destino così crudele. Entrambi si chiedevano, senza farsi domande, se ce l’avrebbero fatta a salvare quel gelato che andava squagliandosi, portandosi con sé nella sua fusione i sogni di un’estate passata a fagocitare domande scomode celate da sorrisi immediati
Che ne era del sole bollente rinfrescato da quelle ventate di spensieratezza? Un cerbiatto, un panda e intorno, accanto, alle loro spalle rivoli su rivoli di meschinità che andavano a formare quel fiume che temevano li avrebbe portati alla deriva…
Nicolò guardò la zia perplesso. “Sai zia, le tue storie mi piacciono moltissimo però non riesco mai a capire una cosa: non c’è nessun cattivo eppure nessuno riesce a vivere felice e contento, come mai?”.
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21 dicembre 2011
Un racconto intenso e delicato allo stesso tempo. Ho letto i tuoi precedenti racconti e in tutti avverto la stessa sensazione: dipingi con pennellate rapide e fugaci un mondo interiore riposto, lontano dalle banalità del mondo esterno. All’apparenza più fragile, nella sostanza più forte, coriaceo e autentico. Scrittrice, nel senso più poetico del termine.
22 dicembre 2011
un grazie, nel senso più terreno del termine.