un racconto di Thomas Ticci
Definisci vita.
Vita è ciò che è dopo la morte. Vita è ciò che è prima della morte.
Definisci casa.
Casa è il luogo dove riposo. Dove sono al sicuro.
Definisci io.
Io è io.
Definisci esistere.
La materia soggetta al tempo.
Silenzio, strade vuote. Solo il ronzio dei cavi della corrente che spanciano in aria. Cielo grigio, umidità elettrica.
Auto radunate in lunghe file immobili. L’alba sorge gentile senza mutare i colori. Senza cambiare i suoni. Scivola via un vento rasente i marciapiedi raccogliendo cumuli di polvere attorno alle grate. Rivoli d’acqua sprofondano piano e cala un azzurro bruno addosso alle cose. È l’alba di un giorno silente e invulnerabile. Gli occhi delle case rimangono calati ancora un po’ in un dormiveglia inquieto che vibra di un accenno, un attimo prima dell’esplosione. Fremente movimento di corpi perfettamente sincronizzati. Umanità al risveglio. Scandita universalmente da un orologio inconsapevole che segna gli eventi e al tempo stesso li cancella.
Definisci morte.
Termine ultimo privo di ripristino.
Definisci espressione.
La comunicazione in assenza di parole.
Definisci mano.
Ciò che è parte del mio corpo.
Posti vuoti fra auto e auto. Rettangoli da riempire. Una metallica cadenza anticipa il passaggio del Rapido carico. Pendolari appesi. Cinguettii passeriformi e lo sbattere di porte. Occhi vetrosi rispondono con un incedere corretto e mai eccessivo. L’eccesso non è contemplato, non è utile. Questo accade con pacata programmazione e con il minimo dispendio d’energia. Energia che torna. Energia che non si disperde, recuperata e reimmessa in circolo. Edifici si ergono e crescono. I processi avanzano lineari e continui. Il brulichio umano organizzato è rapìto dall’esigenza e non tergiversa. Ciò procede e avviene.
Definisci mente.
Lo spazio preposto al calcolo.
Definisci colpa.
L’avvento con dolo.
Definisci corpo.
Il limite fisico del mio io.
Ogni cosa nasce ed ogni cosa muore. Entrambe avvengono per decisione, qui. Prodotti. Elementi. Surrogati alienati. Biancore di carne. Amminoacidi scorrono. Irrorano la vita e la vita tramuta in movimento corpi immobili. È l’alba di un nuovo giorno che abbacina e come ogni giorno qualcuno alza gli occhi al cielo e attende il miracolo. Un miracolo nero che cade dall’alto. Un uomo precipita simile ad un puntino lungo tutta la facciata dell’edificio abbagliante di vetro. Scivola verso la terra e s’arresta al suolo. L’impatto è violento, come lo stupore per quegli esseri che per la prima volta nella loro vita hanno assistito ad una morte non programmata. Quell’uomo altri non era che un semplice operaio. Una matricola compresa fra le iniziali della città e un numero a cinque cifre. Del suo corpo rimane ben poco e i resti organici hanno riempito gli spazi vuoti dell’auto che ha accolto la caduta. Nonostante l’evento inspiegabile, e la motivazione incredibile, i mezzi automatizzati operano immediatamente affinché tutto torni funzionante, esattamente com’era in precedenza. Quello fu il primo ed unico incidente sul lavoro. Fu in realtà anche il primo caso di morte violenta mai capitato all’uomo. I bracci meccanici e le condutture si attivarono e ripulirono, secondo le direttive dell’ordine ma tutti quegli osservatori rimasero folgorati.
Autopsia.
Tubicoli tentacolari e acciai chirurgici sondano la materia biologica rinvenendo un quadretto bianco di circa un pollice all’interno del cervello.
Viene catalogato come oggetto sconosciuto.
Viene analizzato.
Definisci origine.
Nascita.
Definisci nascita.
Principio.
E cosa esiste prima del principio?
…
In esso, – parlò una voce digitalizzata dal chip – è racchiuso tutto il sapere di questo cervello. In un tempo di cui non avete memoria, noi eravamo voi. Noi siamo ciò che non potete ricordare perché vi abbiamo predisposto ad una nuova vita. Prima di voi, la vostra stessa razza ha prodotto un salto nei meandri della conoscenza e ne è tornata abbagliata. Noi siamo coloro che hanno compreso un potenziale e ne ha fatto un uso distorto. Noi siamo la rappresentazione di quanto siano state fallaci le nostre scelte. Dopo irrimediabili danni, quando ormai parte del nostro pianeta non era più recuperabile e gli esseri umani si scontravano costantemente ai limiti dell’estinzione, abbiamo preso una decisione. Abbiamo scelto di modificare la stessa evoluzione e sottrarvi secoli di storia. Ogni essere umano, oggi, porta dentro di sé un oggetto come questo. Il medesimo, ha due funzioni. La prima, di conservazione, è un accesso alla conoscenza accumulata nei millenni. La seconda, spiega il funzionamento dell’encefalo in cui è innestato e come ottenerne il massimo rendimento. Siete, adesso, padroni di scegliere. Le vostre decisioni determineranno se l’uomo sarà in grado di ripartire là dove un tempo noi ci siamo arrestati.
…
Benvenuta alla tua nascita, presto otterrai il battesimo della conoscenza.
Buio.
___
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9 comments
lettrice di provincia says:
dic 18, 2011
ReplicaMolto bello. Incalzante. Senza tregua, bilanciato. Mi piace molto.
Girolamo Savonarola says:
dic 19, 2011
ReplicaAssai ben scritto e originale. Davvero bello.
gigi says:
dic 19, 2011
ReplicaUn po’ troppo ermetico… non l’ho tanto capito questo racconto. Sarò limitato?
GMF says:
dic 19, 2011
ReplicaNon lo trovo ermetico, piuttosto profondo. E se è pur vero che il confine che intercorre tra la profondità della scrittura e la sua comprensione spesso è tracciato dall’autore stesso per nascondere la sua incapacità, beh… non è questo il caso.
All’opposto ci troviamo di fronte ad un testo che appare sperimentale ma che in fondo è chiaro poiché intreccia un pensiero meccanico ad uno umano e post apocalittico. La poetica del testo mi appare chiara; e se dovessi fare dei paragoni arditi, non me ne voglia l’autore, ha il profumo di Orwell o di Asimov. Probabilmente, essendo ora mai tutti abituati a leggere per passare il tempo e non per un profondo piacere dell’intelletto, o per propria formazione, abbiamo disimparato ad attuare quel minimo sforzo di parafrasi che divide il lettore da chi sa solo e semplicemente leggere.
Thomas says:
dic 19, 2011
Replica@GMF: Non te ne voglio assolutamente per il paragone con Orwell e Asimov, anzi. Magari è a loro che non farebbe piacere.
@GIGI: Spiegarlo lo svuoterebbe del senso. Posso dirti però che ha anche un’altra chiave di lettura rappresentata dal titolo.
La libertà è tutta del lettore. Anche quella di non capire.
Emanuele Mannocci says:
dic 20, 2011
ReplicaFinalmente ho avuto modo e mood per leggerlo con calma. Dopo poche righe lette tra news e messaggi mi sono accorto che dovevo metterci più attenzione.
Il brutto dell’ermetismo è che viene scambiato per pigrizia o altezzosità dell’autore, per me in realtà è l’unica arma per svegliare il lettore dal torpore.
Molto bello l’incedere “ritornello-strofa” e anche il messagio che ne esce.
Anna Maria Forti Sheikh says:
dic 20, 2011
Replicabellisimo, molto incisivo e visivo, come un film in bianco e nero in cui si alternano scene rapide e poi all’improvviso la macchina da presa si ferma a farci riflettere ed ecco li che spunta qualche colore acceso. Mi piacciono il ritmo, la scelta dei vocaboli, lo stile, i concetti, le riflessioni. bello davvero complimenti!
Raffaella Foresti says:
dic 20, 2011
Replica@Emanule Mannocci: sono d’accordissimo con te! Le narrazioni immediate se non sono banali risultano anacronistiche. Se l’epoca non ha più strutture precise e definite, perchè dovrebbero averle le sue espressioni artistiche? Diventerebbero come prodotti di serie, magari gradevoli da un punto di vista estetico ma senza nulla da dire, buone solo per il mercato dei consumi. R.F.
Gioele says:
gen 13, 2012
ReplicaAll’inizio crei delle immagini nitide, enormi, che mi ricordano quelle del cinema americano degli anni d’oro. Il racconto prosegue con fredda sottigliezza diventando chirurgico. Non scalda ma gela. BRAVO!!!