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Coleman Silk è uno stimato e potente professore di lettere classiche in un’università di provincia prestigiosa. È stato preside di facoltà, in precedenza, contribuendo positivamente alla carriera di molti dei suoi attuali colleghi. Rappresenta l’istituzione accademica. È lui stesso un’istituzione. E proprio per questo, per questa sua salda attenzione ai valori della cultura letteraria, cade.
La storia di Silk è narrata in questo romanzo prestigioso e raffinato del grande Philip Roth dal suo alter ego usuale, lo scrittore Nathan Zuckerman che assume le vesti di narratore non protagonista. E Nathan costruisce la storia come un romanzo che poi scriverà e che si intitolerà per l’appunto la macchia umana. Esempio superbo di meta – narrazione cui molti scrittori postmoderni di moda dovrebbero guardare con molto rispetto.
Rispetto per la classe con cui Roth è stato capace di raccontare la storia di Silk attraverso un personaggio quasi eteronimo. Rispetto per la complessità dei temi che questo romanzo straordinario pone in campo.
Il razzismo, anzitutto. Le maschere che la nostra società ci impone di indossare per ottenere un posto di privilegio. Il rapporto tra la cultura classica e la nuova e prepotente teorizzazione socializzante che lo strutturalismo in particolare ha introdotto nella vita letterari mondiale. Insomma l’eterno e mai risolto dialogo oppositivo tra coloro che rappresentano la forza ed il sacrificio della cultura tradizionale e i cosiddetti “galli”, così denominati da una figura molto simile a Coleman Silk, il potente Harold Bloom, voce ormai isolata ma imponente della critica letteraria americana e quindi mondiale.
Ma non c’è solo questo, (e ci mancherebbe altro trattandosi di Philip Roth) ne la macchia umana.
Potrete trovare la critica radicale che lo scrittore svolge contro la demonizzazione dei comportamenti umani ed il loro riflesso politico. Troverete un chiaro endorsement democratico di Roth in difesa del Presidente Clinton reduce dal noto scandalo sessuale. Una evidente riflessione sul peso della stampa e dei media sulla rilevanza della vita politica.
E poi troverete la tragedia dell’amore. Un amore strano, quello descritto da Roth in questo romanzo. La relazione scandalosa tra l’ex professore, cacciato dal consiglio accademico per un malinteso insulto razzista (mai chiarito perché farlo avrebbe significato ammettere che lo stesso Silk è un uomo di colore seppur dalla pelle molto chiara) ed una sensuale e ignorante bidella dal marito violento che si rivelerà la nemesi di una vita di menzogne.
Perché il tema principale, il filo rosso che riunisce tutte le storie di questo romanzo è la menzogna e la sua conseguenza.
È con la menzogna che Silk ottiene la cattedra e la sua posizione di prestigio. La menzogna omissiva del non rivelare la sua razza. E proprio per questa medesima menzogna (delitto e castigo) il protagonista perderà tutto, per l’impossibilità ormai solo personale, d’orgoglio, di confessare la verità.
Un romanzo sulla menzogna e quindi sulla coerenza. La macchia che rappresenta Coleman Silk davanti al mondo è nascosta, sotto la sua pelle e lui stesso, alla fine, finisce per identificarcisi. Coleman decide di vivere fino in fondo una vita che non è mai stata sua, nella coerenza furente di un eroe greco, che affronta il proprio fato con l’inevitabile coraggio portato all’uomo dall’impotenza.
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una recensione di Marco Arcieri
