invia il tuo racconto inedito

Canto Notturno

Racconto di Marco La Terra

 

Io sono il fidanzato respinto.

Anche stanotte mi reco sotto il balcone della mia amata, come tutte le notti, per cantare al suo tenero orecchio le note inespresse del mio amore.

Come ogni notte il mio canto non sarà udito da lei, che rimarrà immobile, silenziosa, al riparo dietro le finestre del suo terrazzo, a tracciare disegni scomposti lungo la superficie appannata e fredda dei vetri, sperando soltanto la fine di tutto. Rimarrà immota, avvolta dai lumi di questa luna inespressa, osservando la propria immagine riflessa alla finestra e resterà lì pensierosa, come è sempre stata, tranquilla, incorporea, smaterializzata, la luce cupa dei suoi occhi neri a scrutare il buio di una notte tempestata di flebili stelle.

Rimarrà immota e sorda a questo canto d’amore, scrutando nel buio la mia sagoma zoppa, claudicante, ripiegata su se stessa, allontanarsi lentamente dal cortile.

Immagino i suoi capelli corvini, lunghi, lisci e morbidi, ondeggiare al lento scuotere della sua testa, in segno di diniego.

Destati dunque, fragile innamorato! Affronta con coraggio e dignità questa notte silenziosa, intrisa di misteri mai svelati, inviolati, illibati, pronta ad accogliere nella sua bocca color inchiostro le tue fragili ossa, gabbia di un cuore solitario e colpevole.

Ecco! La notte avanza, le stelle tacciono, la luna mi irride: la mia amata è là, alla finestra, la sua esile figura si staglia netta, distinta, compatta, nel contrasto con la luce artificiale alle sue spalle. Tiene le braccia conserte, la testa oscilla leggermente: il suo muto linguaggio mi è chiaro, cristallino, terribile.

Tutte le notti lo stesso rifiuto glaciale, inesorabile, sordo al mio canto d’amore, che sempre si esprime con parole e melodie differenti, plasmate, ricamate e cesellate sui contorni del suo viso levigato dal vento.

Io sono qui e vi rimarrò tutta la notte, in piedi, fino al prossimo albeggiare, con le nocche intirizzite, le dita imbalsamate, le braccia intorpidite, tutto rattrappito da questa lunga immota attesa, che ogni giorno si rinnova.

Lunghe ore trascorrono, silenzi inesorabili ghiacciano le arterie del fidanzato respinto, vuote di sangue e gonfie di frustrazione, bluastre, turgide, pronte ad esplodere e a lordare di putredine il cortile della donna amata di modo che, l’indomani, costei possa vedere lo sforzo dell’attesa e dell’inevitabile sacrificio.

La donna amata ode il canto del fidanzato respinto ma non lo ascolta, non ne comprende le parole, né il senso. Ode in lontananza una flebile melodia, che lenta si snoda fra parole incastonate entro una logica che non ha senso, per la sua essenza di donna.

Interrogo la notte mentre striscio le suole delle mie scarpe luride, divorate dal tempo, rovinate dalle intemperie, ma non odo risposta alcuna alla mia insana pazzia, al mio sogno d’amore inespresso. Avverto lo strisciare dei miei passi cadenzati, avanti e indietro, entro un perimetro dal quale io, fidanzato respinto, non posso uscire: il perimetro indefinito che ho tracciato con le mie suole gommose, corrose dal tempo e da passi spesi inutilmente, che ripara il mio cuore dalle intemperie e da un certo desiderio di debolezza, mentre un denso muro di nebbia, ovattato e consolatore, lentamente sale da terra e m’avvolge. Piccoli ciottoli, sotto i miei piedi, rotolano senza destinazione al di fuori di questo perimetro indefinito che il mio cuore rabberciato, logorato, tutto corroso nelle sue fibre vive, ha tracciato per continuare a battere col proprio fragile ritmo, sempre più sommesso e inascoltato, come il pianto di un vecchio saggio che ha già vissuto abbastanza.

Scruto la volta celeste, maestosa, immensa, protettrice, perdendomi nella contemplazione di queste piccole stelle sfavillanti, luminose, che indagano i retaggi del mio cuore corrotto per ottenere risposte a domande della cui esistenza, ancora oggi, ignoro logica e significato.

Lei è lì, dietro quella finestra: vedo che mi osserva, mi scruta, compenetrando questa mia insana carcassa con occhi taglienti come lame, mentre dalla sua bocca traspare un lieve bagliore, il fumo di una sigaretta.

Lei è lì, e sorride.

Immota.

 

Io sono la donna amata.

Non sorrido, né irrido. Non mi esprimo, all’apparenza.

Semplicemente sto.

Mi comprimo, contro i vetri della mia finestra, nello sforzo di osservare con lo sguardo ciò che il mio cuore non è più in grado di vedere: l’immagine del mio fidanzato, una volta modello di vita, perfetto, immortale, ora impalpabile ombra di un tempo ormai passato. Ho amato e ho amato tanto ma, come tutti i fiori più belli e profumati, la vita s’asciuga nello sprazzo di un mattino, lasciando solo foglie secche e rami spezzati. E tanta, troppa rabbia.

Il desiderio del fidanzato respinto è impossibile, stolto, irritante: il mio cuore solido, indurito da ciò che non avrebbe voluto vivere, ma che ha purtroppo vissuto, non ha più amore da offrirgli, ma solo indifferenza e compassione. Lo rispetto, lo stimo forse: ma è un sognatore pericoloso, e da sempre disprezzo ciò che non ha logica, né senso, la cieca passione, l’irrazionale mettersi in gioco.

Io amo la concretezza, la realtà delle cose, la logica lineare: mi davi sicurezza, e amore, ma l’insana pazzia ha divorato il tuo cervello, la mia persona, ciò che un tempo eravamo. Cosa resta oramai, se non una manciata di bei ricordi e qualche lacrima senza senso?

Io non ti credo, e mai ti crederò.

Rimani pure lì, sotto le tremule stelle, questa pallida luna, offeso da raffiche impietose di vento, gelido e pungente: passeranno settimane, mesi e stagioni, e tu sarai sempre sotto le mie finestre, io lo so, insensibile all’evidenza e alla realtà delle cose, perso nel tuo mondo di sogni inespressi, di desideri realizzabili, di fallimenti costanti.

Rimani pure lì, immobile e ripiegato su quelle ginocchia malferme che, con l’avanzare delle tenebre, a stento ti sorreggono. I tuoi canti d’amore, le tue movenze notturne, la tua sorda sofferenza non scalfiranno la mia logica e le mie certezze, fredde ma concrete, reali, autentiche: il tuo modo di essere appartiene all’universo di coloro che vogliono osare, ma osano senza pensare.

Rimani lì con loro, dunque, e lasciami in pace! La tua ostinazione e il tuo sacrificio in questo folle canto notturno mi irritano, mi incattiviscono, non mi consentono di dormire. Vai via da qui, dunque, abbandona quest’insano progetto e prendi coscienza della nostra diversità.

Il mio cuore è guarito, il mio orgoglio non è ancor pago: ti disprezzo, infimo cantore di versi vuoti!

 

Noi siamo le tremule stelle.

Osserviamo impotenti il folle canto del fidanzato respinto, che tanto ha errato e poco ha compreso di sé, e della vita. La donna amata, e ciò che è occorso con lei, altro non sono se non indice di impotenza, incapacità e inettitudine alla vita.

Ogni notte brilliamo, sfavilliamo, ci incendiamo per consolare con la nostra pallida luce il cuore malato di un uomo incompreso, e incomprensibile ai più: un mistero oscuro e solitario, come la notte del deserto.

La donna amata parla un linguaggio diverso dal suo: lineare, coerente, privo di slanci emotivi autentici, dove l’autenticità risiede nella completa mancanza di logica. Non basta il pentimento, l’autentico pentimento, per instillare nel cuore della donna amata emozioni che costei mai provò, perché non può provarne. Il canto d’amore del fidanzato respinto, che ogni giorno si rinnova, esplode in cristalli d’autentico affetto, rimbalzando sul cuore di gomma della donna amata, troppo disillusa, maltrattata, stropicciata per potersi fidare davvero.

E mentre scivola lenta la notte, adesso come ieri, domani e per un tempo infinito, che vedrà il fidanzato respinto cantare nuove strofe d’amore per la sua donna, pian piano ci spegniamo, noi, piccole stelle puntiformi, ci addormentiamo tristi e rassegnate, consapevoli che in questo come in altri amori, abbozzati, incompiuti, inespressi, tutto è già scritto, deciso, stabilito.

E come muore ogni notte, per dar seguito al sole che tutto mostra, illumina, riscalda, così si spegne l’amore per lasciar posto al rimpianto, al raziocinio, all’esperienza, che non scaldano il cuore, ma lo aiutano a crescere.

Ma, per quanto tutto sia già scritto e deciso, a prescindere dai vostri sforzi, poveri umani, vi sarà sempre, ieri, oggi e in avvenire, un fidanzato respinto che, mai rassegnato, canterà sotto la finestra della donna amata una musica inascoltata, intrisa d’inestimabile e incomprensibile affetto.

Perché questa è l’autentica Vita.

___

[email protected]
Leggi altri racconti degli Alieni Metropolitani… Cliccando qui


 

 

Author: Marco La Terra

Marco La Terra, classe 1977, vive il senso di alienità dell’epoca infausta in cui è recluso in modo viscerale e sofferente, cercando di rintracciare in tutto ciò che è “altro da sé” una forma spuria di logica superiore.

Share This Post On
  • Google

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *