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Nella bruma della sera i soldati procedettero attraversando i quadranti del campo di battaglia.

La loro uniforme, scintillante come uno specchio, si rifletteva nell’acqua del fiume. Ogni unità era disposta a cadere e morire per la vittoria. Tesi, pieni di paura ma indomiti, avanzarono passo dopo passo fino ad intravedere le truppe nemiche.

Ora lo posso guardare negli occhi. Sono cerulei, freddi e concentrati. È solo una vendetta, Amleto; solo una resa dei conti. Devi solo procedere, avanzare, sacrificarti per ottenere l’obiettivo.

Il teatro è già stato rappresentato.

Lo spettro ormai è solo dentro di te.

Guardalo, giudicalo, misuralo per ciò che è, che rappresenta.

Raccontati una storia. Immagina la vittoria. Una vittoria che assomiglia ad una strage di sentimenti.

I soldati avanzarono. Al di là del fiume, nell’orizzonte stesso delle colline si trovarono faccia a faccia con la fanteria nemica. Spade sguainate, alabarde minacciosamente puntate contro cuori sconosciuti. Clangore rovinoso di scudi, l’uno contro l’altro. Urla di battaglia, sangue, grida oltre il silenzio della sordità umana.

Dall’alto della torre la Regina osservava le truppe che venivano massacrate e che uccidevano per il futuro del regno, laggiù, a pochi metri da lei, sul campo di battaglia.

Il suo viso bianco divenne ancora più pallido. Il Re suo consorte la guardò e la amò ancora di più. Si avvicinò cingendola ai fianchi. Lei appoggiò dolcemente il capo sulla sua spalla e pianse tutto il dolore del mondo. Il generale in seconda, pochi metri dietro ai sovrani, osservava la scena. Rimaneva impassibile. Il suo unico compito era proteggere il Re. Contro tutte le minacce, anche a costo di sacrificare la vita.

La sera accennava ad aprire un varco verso la notte. Il sole pareva più basso, oltre l’orizzonte segnato dal profilo delle colline.

Lontano, oltre la bruma rosata che impediva ogni visione, i sovrani e la loro corte avrebbero potuto scorgere un castello simile a quello che stavano proteggendo dal feroce assedio del nemico.

Un castello dalla mura nere come l’inchiostro. Sarebbe parso loro come una fortezza infernale da distruggere imperiosamente.

O loro o noi, sussurrò il Re.

O loro o noi, pensò la Regina.

Il generale, poco discosto non pensò nulla. Si limitava a mantenere una posizione difensiva.

Ora devi attaccare. Non ti stai comportando da uomo, da soldato, da principe. Devi vendicare tuo padre. Accontentare la sete di vendetta dello spettro. Quello spettro dolente che ti fece tanta pena. Ora cessa di fissarlo. La sua presenza è certa anche se … Non ti deve interessare il suo pensiero. Analizza solo le sue azioni, i suoi intenti. Devi vincere Amleto, vendicare lo spettro della sconfitta passata.

Mi gira la testa ora. Sento una nausea crescente. Non si simula nulla. Tutto è reale ormai. Il silenzio della folla, tutta intorno a me. Sento il loro fiato spandersi per la sala. I loro occhi fissare il mio profilo, sotto questi fari accecanti. L’orologio alla mia destra scatta in avanti, lancetta su lancetta, secondo su secondo. Minuti…

La Regina lanciò un urlo straziante alla prima carica della cavalleria nemica. Possenti bai carichi dell’acciaio delle loro armature colorate lanciavano cavalieri assassini con le lance in resta, aguzze, micidiali. I fanti esercito venivano trafitti con sguardi di stupore dipinti sul loro volto bianco come la morte. Il Re ordinò al generale di lanciare al contrattacco sia la cavalleria rimasta nel castello che truppe fresche poste a difesa dei bastioni. Le frecce degli arcieri di entrambi gli schieramenti volavano nel cielo, oscurandone gli ultimi bagliori di luce.

Un senso di sconforto prese il cuore del generale. Per la prima volta nella sua vita sentiva di non poter influire sul proprio destino. Di essere diretto da una forza superiore. Un destino assurdo il suo. Un destino segnato, forse, quello del regno.

Un rumore di folla plaudente lo prese come in un sogno. Ne sentiva il clamore al di là del profilo delle colline, come proveniente da un altro mondo.

Dalle torri del castello ordinò che si riversasse la pece e che si lanciasse olio bollente sui corpi dei soldati nemici che ormai avevano guadagnato il fossato, proprio sotto di loro.

Ora devi concentrarti Amleto. Il tuo compito è segnato dalla storia. Devi sconfiggere il tuo rivale. Uccidere il Re che usurpò il tuo regno. La spada che ti ha ferito ha sparso veleno nelle tue vene ma tu avrai la forza necessaria per compiere la vendetta. Il destino dell’usurpatore e di tua madre prostituita sono segnati dalla notte dei tempi. Come Oreste vendica il padre. Costringi Giocasta ad una morte disonorevole. Consegnala alla storia. Affonda la tua spada nel seno della Regina tua madre. Ricorda il sacrificio del tuo cuore. Hai votato la tua stessa esistenza alla vendetta, a questa rivincita che odora solo di sangue rappreso. Il tuo cuore non ha pianto il tuo amore esanime. Ofelia. Bellissima e fragile. Non hai nemmeno carezzato i suoi capelli di seta. Né ti sei specchiato nei suoi occhi lucidi di pianto. Orfana, come te, per mano tua. Ora le ucciderai anche il fratello assassino, avvelenatore di principi. Uccidi il Re. Svergogna la Regina tua madre. Versa tutto il sangue previsto dalla storia. Nel marcio di questa sera ebbra di successi universali.

Una falange impazzita, dalla destra dello schieramento, si stagliò sempre più feroce. Il generale, alfiere del Re benevolente, del Re Sacro, si sorprese di questo inaspettato rivolgimento di fronte. Un cavaliere dalle vesti bianche, aggraziate e femminee, faceva strage degli arcieri e dei fanti nemici. Il loro sangue arrossava il terreno. Ne concimava l’erba calpestata e mortalmente ferita.

Il cavaliere bianco avanzò oltre la metà del campo e supportato dagli arcieri e dai fanti rimasti in vita, alcuni feriti ma rinvigoriti dall’odore della vittoria, si lanciò contro il portale del castello nero. La bruma si era alzata magicamente, come per una malìa di fate. Ora il generale vedeva distintamente le torri nere, minacciose ed il Re del Caos, quel signore infernale che attentava la vita del suo popolo, della sua nazione gloriosa.

Sentì che il destino era segnato. Comprese, notandone l’assenza negli spalti della torre, che la sua pallida Regina, la dolce e bellissima sovrana, aveva cavalcato, forte come la morte stessa, alla testa del suo esercito supplendo la codardia del Re, sempre più afflitto ed inutile, sotto assedio, immobile e protetto ormai solo da pochi soldati e dallo stesso generale.

Bene. Lo hai messo alle strette. Ora i suoi occhi luccicano della paura di perdere. I suoi sogni di gloria, tanto assaporati nell’assedio precedente sono offuscati, nebbiosi. La folla intorno a te rumoreggia. Inaspettato. Ecco quello che sei, inaspettato. Imprevedibile. Un principe glorioso. Ed ora la tua vendetta. La tua rivincita.

Il generale rimase attonito nel constatare la caduta delle mura nemiche. Una dopo l’altra vide cadere le torri. Incantati dal fascino della sua Regina perirono i cavalieri dell’esercito nemico. Così pure gli arcieri, feriti a morte dai fanti che accompagnavano l’avanzata della Sovrana. Con un coltello affilato la Regina Nera si tagliò la gola per non cadere nelle mani dell’esercito del Re Sacro. Ora la Regina, nel suo splendido biancore angelico aveva guadagnato la destra del Re infernale e lo minacciava con la sua spada splendente nella luce del tramonto.

Dalle colline ora veniva solo una luce rossastra, come il sangue degli eroi morti sul campo di battaglia.

Il generale guardò il suo  Re. Poi ancora le mura del castello nero e vide la spada della Regina Bianca affondare nel petto del Re Nero che cadde a terra con un urlo silenzioso, gli occhi pallidi della morte fissi nella luce del tramonto.

Il generale sentì la vittoria scorrergli come sangue nuovo nelle vene. Sorrise alla vista dei soldati superstiti esultare e portare in trionfo il cavaliere bianco, la loro invincibile e bellissima Regina.

Poi il tempo si fermò. Il generale guardò l’orizzonte e vide che le colline erano scomparse. Non per colpa della bruma, però. Era come se un Nero Nulla avvolgesse il mondo. L’orizzonte si fece sempre più vicino. Il generale capì che pur avendo vinto la battaglia il sogno era finito. La forza esterna che aveva guidato la sua mente si fece sempre più debole. Non sapeva perché ma stava morendo. Tutto il mondo, tutta la nazione periva sotto i colpi del Nero Nulla. Un bagliore, laggiù. Mio signore guardi! Che sorte ci toccherà? Non vedremo più nulla, rispose il Re Bianco; per molto tempo. Ma ci saranno altre battaglie. Alcune le vinceremo. Altre volte moriremo sotto i magli del nostro eterno nemico. Ma sempre risorgerà il mondo dei guerrieri. Il mondo degli eroi infiniti. Addio mio fedele generale. Ecco … il Nulla…

Piangi ora? Non fare l’idiota. Alzati e sorridi alla folla.

I crampi alle gambe passeranno. Il titolo è ancora tuo. L’hai riconquistato. Hai ucciso la Regina Nera, falciato gli alfieri, tutti i pedoni. Solo una torre  nera è rimasta al suo posto, nella sua casella, immobile, inutile. La sua difesa era inefficace, l’hai intuito al momento giusto. Sei stato abile a far avanzare la regina al centro. Ad accostarla al Re nero, proprio su quel quadrante, sotto lo scacco del cavallo. La tua Regina bianca, il tuo segreto. Nemirov ora tiene gli occhi bassi. Ti viene consegnata la coppa del mondo della federazione. Sei ancora il campione. Ti ricordi che te lo disse tuo padre, morente in quel suo triste giaciglio d’ospedale a Kiev: “un giorno giocherai a scacchi meglio di me, del tuo maestro. Un giorno vendicherai tutta la mia vita,  tutte le mie sconfitte…”.

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un racconto di Marco Arcieri
[email protected]

 

 

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