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Enoch Soames – Terza Parte

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Ecco perché sono cattolico in chiesa e nel pensiero, ma lascio che il rapido Umore tessa quello che la spola dell’Umore vuole.

Erano, queste, le frasi introduttive della prefazione, ma quelle che seguivano erano di comprensione ancora più difficile. Veniva poi Stark : un racconto, la storia di una midinette che, per ciò almeno che mi riusciva di afferrare, assassinava, o stava per assassinare, un manichino. Ricordava molto da vicino un racconto di Catulle Menès nel quale il traduttore avesse tagliato o saltato una frase si e l’altra no. Poi, un dialogo fra Pan e Sant’Orsola, assolutamente mancante di ” mordente “, me ne rendevo conto. Poi ancora alcuni aforismi. Nel complesso, una grande varietà di forme, e le forme erano state evidentemente elaborate con la massima cura. Era piuttosto la sostanza a lasciarmi perplesso. E, mi chiedevo, c’era poi davvero una qualche sostanza? Mi balenò perfino l’idea che Enoch Soames fosse uno stupido. Ma subito, ecco l’ipotesi contraria : e se lo stupido fossi stato io? Ero incline a concedere a Soames il beneficio del dubbio. Avevo letto L’Après-midi d’un Faune di Mallarmé senza ricavarne un barlume di significato. Eppure Mallarmé era un maestro, non c’erano dubbi possibili su questo punto. Come potevo sapere che non lo era anche Soames? C’era qualcosa di simile alla musica nella sua prosa, non tale da far colpo, pensavo, ma forse ossessionante, carica di significati profondi quanto quelli di Mallarmé. Aspettavo le sue poesie senza prevenzione alcuna.

E le attesi con vera impazienza dopo averlo incontrato una seconda volta. La cosa avvenne in una sera di gennaio. Entrando nella già ricordata sala da domino, passai davanti a un tavolino al quale sedeva un uomo pallido che teneva un libro aperto davanti a sé. Alzò gli occhi dal libro e mi guardò, e anch’io lo guardai, girando la testa, con la vaga sensazione che avrei dovuto riconoscerlo. Tornai indietro per salutarlo. Dopo lo scambio di qualche parola, dissi, con un’occhiata al libro aperto : ” Vedo che vi interrompo ” e stavo per andarmene ; ma ” Preferisco essere interrotto ” disse Soames con la sua voce atona, e obbedii allora al suo gesto che mi invitava ad accomodarmi.

Gli chiesi se veniva spesso li a leggere. ” Si, leggo qui le cose del genere ” mi rispose, indicando il titolo del libro : Le Poesie di Shelley.
” Una cosa che davvero… ” e stavo per aggiungere ‘ammirate’. Ma, prudentemente, non terminai la frase, e ne fui ricompensato, perché egli disse, con calore insolito : ” Tutta roba di second’ordine.”
Non avevo letto gran che Shelley, ma : ” Naturalmente ” mormorai ” è molto ineguale. ”
” Secondo me l’uniformità era il suo difetto peggiore. Un’uniformità mortale. Per questo Io leggo qui. Il rumore di questo locale rompe il ritmo. Qui mi riesce tollerabile. ” Prese il libro e lo sfogliò. Rise. Il riso di Soames era un suono breve, unico, assolutamente privo di allegria, e non era accompagnato né dal più piccolo moto del viso né da un qualsiasi lampo degli occhi. ” Che periodo! ” proclamò rimettendo giù il volume. “E che paese! ” aggiunse.
Gli chiesi, un poco nervosamente, se, a suo giudizio, Keats non aveva saputo vincere più o meno, gli ostacoli del tempo e dello spazio. Ammise che c’erano ” Dei passi in Keats “, ma non li specificò. Dei ” vecchi “, come li chiamava, sembrava apprezzare soltanto Milton. ” Milton ” disse, ” non era sentimentale “. E anche : ” Milton aveva un oscuro intuito. ” E ancora : ” Posso sempre godermi Milton nella sala di lettura. ” ” Nella sala di lettura? ”
” Del British Museum. Ci vado tutti i giorni.”
” Davvero? Io ci sono stato una volta soltanto. Mi pare un luogo piuttosto deprimente. Mi dava l’idea di… di minare la vitalità. ”
” È vero. Per questo ci vado. Tanto più bassa è la vitalità, tanto più sensibili siamo alla grande arte. Abito vicino al Museum, io. Sto in Dyott Street. ”
” E andate nella sala di lettura per leggere Milton? ”
” Milton, di solito. ” Mi guardò. ” È stato Milton ” aggiunse scandendo le parole ” a convertirmi al Diabolismo. ”
” II Diabolismo? Si? Davvero? ” dissi, con quella vaga sensazione di disagio e con quell’intenso desiderio di mostrarci cortesi che si provano quando qualcuno ci parla della sua religione. ” Voi… adorate il Diavolo? ”
Soames scosse la testa. ” Non si tratta precisamente di adorazione ” precisò sorseggiando il suo assenzio. ” Si tratta più che altro di fiducia, di incoraggiamento…”
” Ah si! Ma mi era parso, dalla prefazione di ‘ Negazioni ‘, che foste cattolico. ”
” jé l’était a cette epoque. Forse lo sono ancora. Si, sono un diabolista cattolico. ”
Fece questa professione di fede con un tono quasi indifferente. Capivo benissimo che il fatto più importante era che avessi letto ” Negazioni “. I suoi occhi pallidi avevano avuto per la prima volta un lampo. Ebbi la precisa impressione di essere come chi sta per essere esaminato viva voce proprio su un argomento che conosce solo superficialmente. Mi affrettai a chiedergli quando sarebbero state pubblicate le sue poesie. ” La settimana ventura ” mi rispose.
” E saranno pubblicate senza titolo? ”
“No. Un titolo l’ho trovato, finalmente. Ma non ho nessuna intenzione di comunicarvelo ” quasi che la mia domanda fosse stata qualcosa di impertinente. ” Non sono sicuro che mi soddisfi completamente. Ma è il migliore che mi sia riuscito di trovare. Da un’idea del tono delle poesie… Strane esquescenze, naturali e selvatiche, eppure squisite ” aggiunse ” … e variegate, e piene di veleno”.
Gli chiesi che cosa pensasse di Baudelaire. Dopo quella specie di sbuffo che rappresentava la sua risata, rispose : ” Baudelaire era un bourgeois malgré lui. ” La Francia non aveva avuto che un poeta : Villon ; ” e due terzi di Villon erano giornalismo puro e semplice. ” Verlaine era un épicier malgré lui. In complesso, cosa che mi lasciò piuttosto sorpreso, metteva la letteratura francese al disotto di quella inglese. C’erano ” passi ” in Villiers de l’Isle-Adam. Ma concluse : ” Io non devo niente alla Francia.” Annui. “Vedrete ” predisse.
Quando arrivò il momento, non vidi proprio un bei niente. Mi pareva che l’autore di “Fungoidi ” (inconsciamente, certo), dovesse qualcosa ai giovani decadenti parigini, o ai giovani decadenti inglesi che a quelli dovevano qualcosa. Sono sempre di quel parere. Il libretto, che comperai a Oxford, è qui davanti a me, mentre scrivo. La rilegatura di tela grigio pallida e il titolo impresso in argento non hanno resistito bene al tempo. Lo stesso vale per il suo contenuto. L’ho scorso di nuovo, con melanconico interesse. Niente di straordinario. Ma, quando venne pubblicato, aveva un vago sospetto di poterlo essere. Credo che ad essere più debole sia non tanto l’opera del povero Soames quanto la mia capacità di fede…

Una novella di Henry Maximilian Beerbohm
Continua Lunedì 5 Dicembre

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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