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Una matita nera sugli occhi che è solo nero

Racconto breve di Raffaella Foresti

 

una matita nera sugli occhi che è solo nero. un vestito di stoffa verde che è solo stoffa, un intreccio di fibre, un prodotto della chimica. un nuovo tessuto antimacchia per un vestito color verde che è solo stoffa. l’ho preso per la serata, ma è solo una serata. voi restate a casa, non uscite. oppure uscite ma non ci credete. io esco perché non ci credo. sono uscita e non ci ho creduto un centinaio di volte.

una matita nera sugli occhi che è solo nero, ma io ci vedo ancora. ti vedo ancora e non posso crederci che sei ancora lì. ora faccio così e sparisci. come tutte queste persone intorno a me in camerino che ridono e parlano e dicono che sabato prossimo faranno una gita nel north west. loro ci credono. nel north west, nella gita, nel camerino. gente venuta per prendere. come te.

forse mi piacerebbe fare una gita. mi metterei questo vestito verde che è solo un vestito. mangeremmo marmellata e berremmo caffè. ma le gambe non mi reggerebbero. ossa rigide, lunghe e arrotondate. muscoli mangiati, persi chissà dove.

mi piacerebbe soffrire per qualcosa, andare davvero ad un funerale vestita di nero, le scarpe di vernice e un velo sugli occhi dietro cui potrei piangere. potrei gettare un fiore. potrebbero essere gli anni quaranta, potresti essere partito per la guerra e tornato dentro una bara portata a braccio da gentiluomini in abiti bianchi, guanti bianchi, cappelli bianchi.

ma ora vorrei solo dormire un po’, rimettermi per l’estate, come no. non ci credo ma dimmelo ancora. mi fa tanto ridere. tanto non capisci e non capirai.

una matita nera sugli occhi che è solo nero. un vestito di stoffa verde che è solo stoffa, un intreccio di fibre, un prodotto della chimica. un nuovo tessuto antimacchia per un vestito color verde che è solo stoffa.

non smetterò ne ora ne mai. o almeno non credo. pensavi che avresti fatto la differenza? qui ci sono solo io. un divano un tavolo una sedia. uno specchio una rosa una candela. e  un bicchiere che è solo vetro, roccia scaldata e soffiata. e dentro c’è solo la mia vita. minuscola, come questo minuscolo racconto.

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un racconto di Raffaella Foresti

Author: Raffaella Foresti

“Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane “

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