invia il tuo racconto inedito

Cormac McCarthy – Suttree

Recensione di Carlotta Susca

Non è facile da dire. Non lo è perché Marco Arcieri ha già scritto che Suttree è uno dei suoi due libri preferiti fra quelli scritti da McCarthy (e non vorrei che da parte mia sembrasse programmatico dare giudizi opposti ai suoi). Non lo è perché, diamine, è un grande autore statunitense, un classico contemporaneo. Lo è ancor meno per quella fascetta che riporta «Suttree, mio Dio, quel libro» (e la firma è di una persona del cui giudizio tendo a fidarmi). Ma (lo scrivo, va bene, lo scrivo) a me questo libro non è piaciuto. È un giudizio da lettrice, e non da critica letteraria, ma le canonizzazioni vengono dal basso e dal basso possono sorgere i dubbi, legittimi.
Insomma, già le prime pagine allocutorie «Caro amico […]», scritte in corsivo e introduttive, quelle che dovrebbero costituire una sorta di captatio benevolentiae del lettore sono invece ben poco amichevoli. E non che io apprezzi la letteratura di facile consumo, ma, come l’autore della frase sulla fascetta ha detto in una intervista da poco pubblicata, al lettore si chiede uno sforzo, ma ne deve valere la pena. E invece questo libro, che pure ha dei momenti eccellenti, che pure lascia sensazioni contrastanti e che è considerato alla stregua dell’Ulisse di Joyce, secondo me non giustifica la fatica che richiede.
In tutte le recensioni che ho letto si elogia la figura di Gene Harrogate: a ragione. È interessante, vitale, mobile, ed è un esempio dei bei momenti di Suttree. Ma il lettore condivide l’assenza di senso del protagonista, il suo ciondolare, le sue frequentazioni pochissimo raccomandabili, il lerciume dei luoghi che attraversa, il gesto di saltare a piedi nudi nelle scarpe. Non viene portato in nessuna direzione, il lettore. E se nella vita la teleologia manca davvero, in un romanzo – un romanzone – serve un motivo per affrontare le pagine che faticosamente si assottigliano a destra e si affastellano a ritmi diversi sulla sinistra, o quantomeno un fulcro di interesse, un nodo da sciogliere, un motivo che spinga a continuare l’indagine, a proseguire nella lettura.
La scrittura è farraginosa e dal punto di vista narrativo Suttree è  poco invitante: il personaggio principale è carismatico ma rinunciatario, inerziale, e la storia scorre come se non fosse diretta da un autore che volesse farla andare in qualche direzione. Quello in cui McCarthy è bravissimo è invece creare un’atmosfera: al di là della trama, che viene seguita con la lettura analitica, lo sguardo e il cervello del lettore sorvolano sull’inchiostro ricavandone un senso di umidità, di disgusto, di dissipazione. E creare un’atmosfera non è poco, lo so. Ma a me non basta.

___

Carlotta Susca
[email protected]
Leggi altre recensioni su Cormac McCarthy

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

Share This Post On
  • Google

11 Comments

  1. Caro Marco,
    allora. Quello che rimprovero al libro è che manchi non già di un motivo ‘altro’ (che brutta moda linguistica, peraltro), bensì di un fulcro aggregatore diegetico, all’interno della narrazione. E tuttavia lungi da me stabilire che Suttree sia un brutto libro e che manchi di genio, mi sono limitata – pensavo fosse chiaro – a esprimere e motivare il mio giudizio sul libro. Affrontarlo mi ha causato ansia e malumore, e ho imparato a dare retta alle reazioni irrazionali del mio corpo prima che ai giudizi altrui. E non perché io voglia dare dei pareri ‘di pancia’ (altra espressione che detesto) bensì perché posso riconoscere il buono di un testo ma credo di avere ancora il diritto di dire chiaramente: «Non mi piace». Non mi piace, non mi è piaciuto leggerlo, trovavo che non andasse a parare da nessuna parte, e che McCarthy dicesse: «Ecco la storia di Suttree», e anche se io gli chiedevo perché dovesse interessarmi leggerla, lui insisteva nel dire semplicemente: «Ecco la storia di Suttree». E se ogni particolare è universale, ed è bello scoprire come si viveva a Knoxville negli anni ’50, e come se la cava una manica di diseredati, se tutto questo mi dà informazioni su una serie di esistenze va benissimo, ma questo non rende più piacevole la lettura di un testo poco amichevole con il lettore e che, lo ribadisco, non mi sembra ripagare lo sforzo che richiede.

    Quanto al non nominare Wallace, lo faccio per non essere ripetitiva, e non per cieca muta ottusa idolatria. E se proprio dobbiamo dirla tutta, forse non ho letto bene la trascrizione della telefonata fra DFW e Gus Van Sant, ma mi sono fatta l’idea che a Wallace il libro paresse ottimo per una trasposizione cinematografica, e non che fosse geniale. E per quanto mi riguarda un libro può anche essere intraducibile in immagini, perché deve bastare a se stesso.

    Anche io avevo un’insegnante: aveva gusti ben precisi, alcuni giustificati, altri meno, ma rispettava sempre le opinioni altrui.

    Carlotta

    Post a Reply
  2. cara Carlotta,

    purtroppo i grandi libri non sono tutti “amichevoli”. non lo è l’Ulisse, non lo è gita al faro e nemmeno l’urlo e il furore. anzi, questi libri paiono scritti apposta per respingere il lettore. selezionano. il primo capitolo di Suttree è scritto così ed il testo, nel suo complesso, esprime in epoca moderna lo stesso spirito che la grande letteratura del sud incarnava negli anni trenta, quaranta e cinquanta del novecento. in Suttree ci sono Faulkner, Mccullers, O’Connor e poi le loro radici, Twain, ovviamente, in testa.
    le opinioni, poi, sono fatte per essere criticate, sempre. criticare opinioni e testi è il ruolo del critico. ciò non c’entra nulla con il rispetto delle opinioni altrui. se poi vogliamo fare una Hit delle opinioni altrui francamente ciò che sostiene Harold Bloom per me conta molto di più di quanto telefonicamente l’innominato confidava a Van Sant.
    in ogni caso il mio intervento in questa sede era motivato dal fatto che mi respingeva l’idea che il capolavoro riconosciuto di McCarthy (così almeno universalmente da parte dei critici americani e non)fosse stato recensito in termini quantomeno dubbiosi. con il mio intervento, spero, i lettori potranno provare la curiosità per la lettura di un libro caratterizzato (qui) da opinioni contrastanti. io non difendo Mccarthy a prescindere e non taccio nessuno di blasfemia (…) per le critiche. mi limito ad intervenire con le mie opinioni che spero possano essere condivise da una parte dei lettori.

    Marco

    Post a Reply
  3. Non capisco. Cos’è un romanzo “amichevole”? Non capisco. Dove devono andare i romanzi?
    I romanzi non sempre vanno in una direzione specifica. A volte raccontano solo una storia. Cosa sarà successo al giovane Holden? Che direzione avrà preso?
    E penso che questi siano i più belli. I romanzi in cui il protagonista cresce e matura o resta intrappolato negli avvenimenti, li trovo solo dei romanzi, anche buoni, ma cosa resta dopo anni dalla lettura? Un personaggio, nonostante percosso da una fitta rete di eventi sconvolgenti, deve restare immutato e così la sua storia, quella futura, quella di quando chiudi il libro.
    È il caso de “le correzioni” di Frenzen in cui nessuno dei personaggi cambia, alla fine di 600 pagine, una sola virgola del proprio essere. Ed è anche il caso di questo romanzo di McCarthy. Nonostante tutto il percorso che l’autore impone al personaggio, Suttree non cambia, inizia e termina nello stesso modo, fino all’ultima goccia di sangue dell’ultima parola.
    Nella vita reale le persone non cambiano mai. In particolare le persone che hanno già un’età matura.
    Sembra che non sia Suttree il protagonista del romanzo, ma il contrario. Non so se mi spiego. È come se il romanzo sia il protagonista della narrativa del personaggio e scorra in esso.
    La scrittura è così curata, lirica e definitiva, che non stenterei a credere che Suttree sia una persona reale e ti preoccupi per ciò che gli accadrà quando giri l’ultima pagina e ne cerchi altre e non ce ne sono.
    E quando questo accade credo si possa parlare di perfezione.

    Gianluca

    Post a Reply
  4. Ciao Gianluca. Nella recensione di Carlotta l’aggettivo amichevole era riferito a quella piccola introduzione in corsivo con cui si apre il romanzo. Che non è proprio come dire che “il romanzo è amichevole”. Anche secondo me avrebbe avuto poco senso. McCarthy è un autore duro e burbero. Così spesso lo sono i suoi personaggi. Quando parli di combiamento di un personaggio, sia esso protagonista o meno, o di non cambiamento, credo che tutto sia semplicemente in funzione della storia vissuta dal personaggio. Mi farebbe paura se la letteratura si vincolasse in regole ferree. Prendi un genere come il Bildungsroman (il romanzo di formazione). I personaggi cambiano eccome. Prendi Gli Indifferenti di Moravia ad esempio. Passivi dall’inizio alla fine. Ma non sono queste cose secondo me che fanno un libro ed un autore grande. Suttre è un romanzo di vita. Fidati, Suttre esiste davvero. Quei gironi infernali che assorbono protagonisti e lettori esistono o sono esistiti. Il romanzo è la vita del protagonista come la sua vita è la scrittura che si svolge fra le pagine. Dalle tue parole si capisce che McCarthy ti appassiona e ti capisco. Non sono daccordo però sulla tua conclusione. Suttre non è perfetto. Non perchè non abbia difetti ma semplicemente perchè è, appunto, come la vita. E la vita non è mai perfetta altrimenti sarebbe solo rappresentazione e finzione.
    P.s. Io ho odiato Gene. Tu? Ti saresti mai tenuto accanto un soggetto pazzo e pericoloso come quello?
    Ciao, grazie del commento e continua a seguirci.

    Post a Reply
  5. Grazie Thomas per la tua risposta accurata.
    Non ho detto che Suttree è perfetto. Ho usato il termine “perfezione” riferito alla scrittura, che esprime perfettamente l’imperfezione della vita e del personaggio tanto da farlo apparire reale. Forse non l’ho spiegato a fondo.
    Dicendo che adoro i romanzi dove il personaggio resta immutato ho espresso un mio personale parere e, d’altronde, ho specificato che ci sono buoni od ottimi romanzi dove il personaggio subisce un’evoluzione (vedi Malachi Constant di Le Sirene di Titano, vedi alcuni romanzi di Pasolini, ecc. ecc.).
    In una Tenneesee abitata da “ladri, derelitti, puttane, bari, ubriaconi, truffatori, accattoni, assassini, pervertiti e tutta un’infinita varietà di debosciati” un personaggio come Gene viene fuori spontaneamente, un po’ come una mela da un melo o come il mal di fegato per un alcolista. È Tenneessee a generare Gene. Rispondendo alla tua domanda, non mi sarei accostato a nessuno dei personaggi presenti nel libro.
    A presto.
    Gianluca

    Post a Reply
  6. umidità, disgusto dissipazione: sono i termini usati dalla recensione principale e descrivono perfettamente le atmosfere create dal romanzo, atmosfere descritte con perfezione letteraria quasi da romanzo ottocentesco con salti però dal reale puntigliosamente descritto al surreale quasi simbolico: faticoso, talvolta troppo insistito e quindi noioso ma non inutile lo sforzo perchè un Suttree ho trovato certo una costanza di comportamento dall’inizio alla fine ma anche una umanità solidale con tutti i disgraziati che incontra da disgraziato lui stesso…ma se lui non è ricco glia altri sono meno ricchi di lui e meritano per questo la sua totalmente gratuita e disinteressata attenzione!

    Post a Reply
  7. A mio parere in questo romanzo il modo di descrivere maniacalmente i dettagli può non piacere, questo lo posso capire. Per il resto non ci si può limitare al mi piace o non mi piace. Il significato non può piacere o meno. McCarthy è arrivato a descrivere la vita, la sua sofferenza e la sua insensatezza. Lo ha fatto utilizzando abilmente l’onnipresenza della morte e la precarietà umana. E da questa presenza costante, per opposizione, sentiamo la forte vitalità che emerge, e il continuo scorrere, simboleggiato dal fiume, di cui già parlava Eraclito. Un capolavoro.

    Post a Reply
  8. Suttree è meno perfetto magari di Meridiano di Sangue, ma fa ridere fa innamorare mentre scava nel tuo fottuto buco nero…e lì che porta, verso una specie di verità così’ vera che nessuna polizia può massacrare di botte e nessun whisky può far annegare e dimenticare per il limite umano di non riuscire ad ammetterla…sogno di perdermi mezza morta nel bosco e di svegliarmi con la ligua di Suttree nell’orecchio!!!

    Post a Reply
  9. Finalmente qualcuno che si lamenta di Suttree! Mi ricordo ancora di quel giorno di fine primavera, quando in un parco consumai l’ultima pagina di questo capolavoro e sentii che qualcosa era irrimediabilmente cambiata in me. Carlotta io credo che semplicemente ti sia sfuggito un piccolo particolare. Lamenti la mancanza di una direzione, di uno scopo, sembra che tu non sia in empatia col protagonista e hai trovato l’unica nota positiva in quella che io considero la ciliegina sulla una torta: Harrogate. Io da questo romanzo ho avuto una lezione senza precedenti: come si caratterizza un personaggio. No, anzi, meglio: io considero Suttree la trasposizione letteraria di una persona e della sua vita. Mi rendo conto che per un lettore che non sia anche uno scrittore ciò potrebbe non essere abbastanza per mandare giù un mattone di oltre 500 pagine, ma ho avuto l’impressione che McCarthy ne fosse consapevole all’epoca, altrimenti Harrogate non sarebbe esistito. A me non piace scomodare i grossi nomi per fare paragoni comodi e scomodi allo stesso tempo, ma visto che Joyce è già stato preso in causa (ma chi può paragonare Suttree all’Ulisse? Vabbeh lasciamo perdere) potrei fare un obiezione del tipo: Chi ricopre un ruolo analogo a quello di Harrogate in Dedalus? Nessuno.
    Del tutto condivisibile la tua obiezione riguardo l’introduzione dell’autore. Io odio le introduzioni, degli autori in particolare, le considero armi a doppio taglio e mi ricordo bene che quando iniziai a leggere l’introduzione di Suttree mi sentii confuso e non la considerai invitante, anzi la trovai poco amichevole per usare la tua stessa defizione, che mi sembra calzi a pennello. Fui sul punto di rimettere il libro sullo scaffale, dove magari l’avrei dimenticato. Invece ho interrotto la lettura dell’introduzione e sono passato al corpo del romanzo vero e proprio, e per fortuna, posso dire ora.
    Bisogna accettare che uno scrittore ha tutta la libertà di produrre, almeno ogni tanto, un’opera come la vuole veramente il suo cuore, cruda e sincera, senza perdersi in immani valutazioni sul come renderla più “amichevole”, e meno male direi, McCarthy è uno che il lettore sa benissimo come coccolarlo e metterlo a suo agio, anche nei suoi contesti tanto duri, vedi The Road e Non è un Paese per Vecchi, ma se avesse fatto solo questo non saremmo qui a parlarne…

    Post a Reply
  10. Ho finito di leggere Suttree in queste ultime settimane e, per quanto mi riguarda, l’ho trovato un capolavoro.
    Senza ‘se’ e senza ‘ma’.
    Intenso, reale e coinvolgente come un dipinto. Anzi. ‘Suttree’ è un dipinto, un dipinto in movimento che tratteggia tratti di diverse vite umane in un contesto reale dove mi sono sentito catapultato. Io ero lì, con Gene e tutti gli altri, ero lì e vivevo con loro quelle atmosfere magistralmente descritte da McCarthy, quasi in veste di sceneggiatore.
    Il fatto che non vi sia un fine apparente, ma che tutto il romanzo sia una sorta di Leviatano che gode di vita propria, altro non rappresenta se non la genialità e il talento di McCarthy.
    Imperdibile dalla prima all’ultima pagina. Sul piano stilistico, poi, c’è solo da prendere appunti e chinarsi il cappello.

    Post a Reply
  11. Di sicuro non è un libro per tutti… Di sicuro non è un libro facile, o di evasione… Ma è uno dei libri più lirici, più strazianti, più ben scritti e ricchi nel lessico, più veri e densi di vita che abbia mai letto…

    Post a Reply

Rispondi a Gabry Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *