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La Sicurezza degli Oggetti – A.M. Homes

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“Chi è questa lei che sembra avere una così tormentata propensione, una così strana inclinazione per la carne più fresca, da mettersi a raccontare una storia che indurrà qualcuno di voi a sorridere e ridere ma che farà bruciare altri dalla voglia di porre fine a questo incubo, a questo orrore? Chi è? Ciò che più vi sgomenterà è apprendere che costei siete voi o io, uno di noi. Sorpresa. Sorpresa. E forse vi chiederete chi sono io per intromettermi, per pormi come suo e vostro tramite. Mio è l’eloquio, ritmo e prosodia di un vecchio e singolare individuo che è rimasto segregato per moltissimo tempo, colpevole di aver perseguito una sua particolare inclinazione”.

Questa è Amy Michael Homes.
La citazione è tratta dall’incipit del romanzo La Fine di Alice (Minimum Fax, traduzione di Francesco Bruno), uno dei suoi scritti più controversi su cui (per ora) soprassederemo per dedicarci ad una raccolta di racconti dal titolo La sicurezza degli oggetti (“The Safety of Objects”) uscita negli Stati Uniti nel 1990 e pubblicata per la prima volta in Italia da Minimum Fax nel 2001 (più recente, del 2010, la riedizione di Feltrinelli).

Partiamo da quest’opera perché ritengo che la lettura dei racconti sia il miglior modo di approcciare questa celebrata quanto discussa scrittrice americana, comparsa nientemeno che nella prima classifica “20 under 40” stilata del New Yorker nel ‘99. Lo stesso David Foster Wallace la citava ad esempio durante i suoi corsi di scrittura creativa all’università, mentre il Premio Pulizer Michael Cunningham (noto per essere lo scrittore di The Hours, con cui vinse anche il premio PEN/Faulkner per la narrativa) di lei disse: “E’ una delle più coraggiose, più impressionanti scrittrici della scena letteraria di oggi. Non rinuncia mai a rischiare, e comincia a sembrarmi che possa essere capace praticamente di tutto”.

Se leggerete La sicurezza degli Oggetti, ve ne renderete conto da soli. Dieci racconti originali, in perfetto stile postmoderno, per lo più ambientati nel contesto di una middle-class americana che, sotto la superficie, nasconde impensabili (ma non certo improbabili) nevrosi e bizzarrie: il primo della raccolta narra la vicenda di due genitori che, finalmente liberi dai figli (portati in vacanza dai nonni e lasciati lì “come una busta di vestiti in tintoria”) vivono alcuni giorni “a casa da soli” come fossero loro gli adolescenti, e gli adulti partiti; l’ultimo, intitolato Una vera bambola (“A real doll”), segue i momenti di solitudine di un ragazzino, innamorato della Barbie della sorella.

La parola “safety”, presente nel titolo originale della raccolta, è stata tradotta come “sicurezza” nella trasposizione italiana, ma io credo che il tratto che la scrittrice volesse dare al termine fosse ancora più forte: “safety” inteso come “salvezza”.
I protagonisti della Homes sono esseri che vivono nel benessere ma in un contesto di valori negati, di relazioni opache. Sono orfani di dio che stanno alla Storia come relitti in un naufragio e gli oggetti, conquista della modernità, nell’epoca postmoderna diventano come zattere improvvisate, pezzi di legno di una nave in frantumi a cui aggrapparsi, per non annegare.

Non si tratta di favole della buonanotte, l’avrete capito. Le storie presenti in questa raccolta, rese accattivanti dallo stile originale e minimalista dell’autrice, sorprendono e scandalizzano.
Se trovate un eguale in Italia, o almeno qualcosa di lontanamente comparabile, Vi prego, scrivetemi.

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Una recensione di Raffaella Foresti

Author: Raffaella Foresti

“Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane “

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