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J.G. Ballard – Il Condominio

POSTILLE PRELIMINARI: leggere Il condominio di Ballard in edizione economica Feltrinelli è stato difficoltoso. Se il prezzo di copertina di €7,50 deve implicare quell’interlinea ristretta che rende la pagina fitta di parole che finiscono col confondersi, be’, forse avrei preferito pagare una cifra tonda più elevata ma che garantisse la benevolenza dell’impaginatore.

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Ma non è giusto che sia una impietosa gabbia grafica a determinare il giudizio su un testo, e per questo si rende necessario giustificare anche diversamente una certa fatica nella lettura (e approfittarne per definire le coordinate della postmodernità).
Ballard è morto nel 2009, e dunque è giustamente considerato uno scrittore contemporaneo, tuttavia Il condominio mostra tutte le rughe dei suoi trentasei anni, e anche qualcuna in più. È un testo vecchio, non potrei dirlo diversamente. E lo è perché fabula e intreccio sono rovinosamente coincidenti.
C’è un’anticipazione nel primo paragrafo (che ci mostra Robert Laing intento a mangiare il posteriore di un cane pastore), ma di lì il racconto torna indietro al momento dell’inizio degli scontri: a parte questa unica prolessi, il resto della storia è lineare e piatto. Non c’è progressione che non sia lenta nel descrivere il declino degli abitanti del grattacielo verso la barbarie, non ci sono sorprese né picchi narrativi. I duemila abitanti di questo condominio si ritrovano ben presto in piena ferinità, crollate tutte le sovrastrutture sociali e ogni tipo di buonsenso prodotto dalla civiltà.
La voce del narratore è quella del sociologo che osserva un esperimento al microscopio, come se fosse l’architetto del grattacielo, Royal, il «custode dello zoo». Notazioni di questo tipo rendono evidente l’atteggiamento saggistico del libro:

Qui il modello non sembra essere il buon selvaggio, piuttosto, direi, il nostro sé post-freudiano e nient’affatto innocente, violentato da un’educazione all’evacuazione troppo indulgente, dalla devozione per il nutrimento al seno e dall’amore genitoriale […].

La mia copia del Condominio è disseminata di asterischi ripresi in basso (ché il margine esterno della pagina è pressocché inesistente) con la scritta: «Didascalico!». Lo è. Mi dispiace, perché riconosco il buono del testo, la potenzialità narrativa, ma ricordo anche che William Golding ha ottenuto un risultato migliore con Il signore delle mosche. E le vite dei numerosi condomini di un appartamento sono state incastrate in maniera enormemente più interessante (e oplepiana) da Perec ne La vita: istruzioni per l’uso.
So che non è giusto far pesare a Ballard la totale mancanza di postmodernità nella sua narrazione: lui avrebbe potuto replicare che essere postmoderno non era nelle sue intenzioni, tuttavia il punto è che la narrazione postmoderna produce risultati di livelli differenti, ma in tutti i casi gli scrittori fanno i conti con la concorrenza televisiva, che li obbliga a cercare forme innovative di intreccio: tutte le storie sono ormai prevedibili, dato che la televisione ci ha fornito ogni combinazione narrativa possibile: agli scrittori non resta che essere innovativi nello stile e nella maniera di intrecciare gli eventi che trattano. Ballard ha avuto la possibilità storica di farlo ma sembra averlo ignorato completamente: era più interessato al fenomeno che voleva descrivere che a renderlo interessante per i lettori.
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una recensione di Carlotta Susca

Author: Alieni Metropolitani

Gli Alieni Metropolitani non cercano soluzioni. A volte ne trovano… é irrilevante. Appartengono alla Società e con sguardo consapevole ne colgono l’inconsistenza. Non sono accomunati da ideologia, religione o stile di vita ma da una medesima percezione del mondo. Accettano i riti della vita, riuscendone a provare imbarazzo. Scrivere! Una reazione creativa alla sterile inconsistenza del mondo.

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