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Giocatori – Don Delillo

Recensione di Giorgio Michelangelo Fabbrucci

Mi appresto a descrivere un testo complesso, introverso ed intimista. Un romanzo del grande maestro della letteratura postmoderna americana. Forse questa premessa verrà considerata scontata ed affatto retorica; nondimeno se volete leggere “Giocatori” prendetevi del tempo e preparatevi a concentrarvi. Non è un testo facile, ne tanto meno scorrevole: sia per ciò che concerne lo stile, che la trama. In altre parole questo romanzo pretende un lettore forte, attento alle sfumature, che sappia fare una pausa tra un capoverso e l’altro, che abbia voglia di riflettere sulle minacce che si nascondono nella quotidianità di una coppia occidentale. “Un romanzo congegnato splendidamente sulla violenza e l’alienazione del nostro tempo”. Così lo ha definito il Washington Post. Parere autorevole, che però, nella sua obbligata sinteticità non riesce a comunicarvi la complessità di contenuti di questo libello. Partiamo dal primo step. Lyle è un’agente di cambio; Pammy, sua moglie, è impegata per una bizzara società conosciuta come la “Gestione Dolore” che, con triste capacità profetica (la prima edizione è del 1977)Don Delillo inserisce all’interno del Word Trade Center.

All’inizio aveva pensato che il Word Trade Center non fosse il luogo ideale per la sede centrale di un’organizzazione del genere. Ma con il tempo aveva cambiato idea. Dove altro avresti potuto archiviare tutto questo dolore?

La coppia vive una relazione del tutto comune. Così comune che molti di voi si immedesimeranno con grande facilità. La descrizione dei rapporti sessuali fa venire i brividi: brividi di angoscia più che di emozione. La ripetizione di gesti identici negli anni. In poche pagine la coppia cerca un diversivo a questo rincorrersi di avvenimenti clonati. Pammy partirà per il Maine, con una coppia di amici omosessuali; Lyle rimarrà al lavoro, intrattenendo, non senza imbarazzi, una relazione clandestina con una misteriosa segretaria.  A questo punto il secondo step: Delillo inserisce due colpi di scena, che non esplodono per stupire il lettore, ma che si sviluppano lentamente, facendo emergere la complessità della psiche dei personaggi,  sollevando ed approfondendo i temi caratteristici di questo testo: la fuga dalla monotonia, il senso di frustrazione che ne è il motore, l’insensatezza delle conseguenze. La nostra organizzatrice del dolore infatti diverrà l’amante del suo amico omesessuale; il nostro agente di cambio si tufferà in una spy story binaria: agente per l’FBI e al contempo agente di un gruppo clandestino e terrorista.

Questo intreccio di eventi a mio parere non è stato tessuto per celare più livelli di significato. Al contrario: la trama è stata costruita coscientemente in modo complesso, affinché le riflessioni care all’autore si sviluppino di pari passo con la storia.

Con l’inizio del testo la descrizione della quotidianità, tanto lavorativa quanto sentimentale,  che genera uno stato di alienazione nei protagonisti. In seguito il desiderio di rottura. Una rottura lenta e morbida, che trova il suo sfogo in atti apparentemente innocenti, o quanto meno davvero comuni: una gita, un piccolo flirt fatto più per gioco che per convinzione. Poi l’abisso: il tuffo nelle conseguenze sciagurate di scelte prese poco sul serio, che rappresentano l’incarnazione plastica delle angosce contemporanee (alla faccia di chi dice che il postmoderno è morto). In questo abisso troviamo il tradimento e la violenza. Archetipi eloquenti del lato più oscuro dell’uomo, che però vengono rafforzati, oppure storpiati, dalla presenza del progresso e della tecnologia. Un’arma a doppio taglio, nella migliore tradizione modernista e postmodernista. Infine la riflessione intima dei personaggi ed il senso di vacuità che permane, in questa civiltà che forse non vuole più trovare il proprio filo di Arianna.

Non stiamo parlando di immediatezza dei contenuti. All’opposto. Don Delillo traccia subito la linea di confine, non si propone a lettori impreparati a riceverlo. Questo libro non accetta compromessi: o lo si legge, o lo si abbandona.

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Giorgio Michelangelo Fabbrucci
[email protected]

nell’immagine in evidenza: appunti di DFW sulla prima pagina del romanzo “Players”

Author: Giorgio Michelangelo

Giorgio Michelangelo Fabbrucci (Treviglio, 1980). Professionista del marketing e della comunicazione dal 2005. Resosi conto dell'epoca misera e balorda in cui vive, non riconoscendosi simile ai suoi simili, ha fondato gli Alieni Metropolitani... e ha iniziato a scrivere.

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1 Comment

  1. Un libro profetico, dove le Twin Towers vengono definite “precarie”… trent’anni prima.

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